Metto le scarpe. In silenzio.
Nella casa che ancora tace i discorsi del sabato sera.
Apro la porta. In silenzio.
E' la cosa più difficile, nei momenti di sonno leggero.
Scendo le scale in silenzio,
avvolta da quest'ora incerta.
E' appena l'alba.
La strada è così vuota da farmi il verso.
I miei passi sono passi anche se non si sentono.
Silenzio e poi tu
con il marciapiede abbellito dal tuo inutile venire,
per poi decidere di andare.
Silenzio, che lassù
c'è un bambino che ancora non si da pace.
I miei passi sono passi anche se non si sentono.
Silenzio e poi tu
con l'orrore abbellito dalla mia mano, inutilmente.
Silenzio, che quaggiù
c'è una bambina senza pace.
I miei passi sono passi anche se non si sentono.
Silenzio e poi tu
che non dimentichi, neanche un giorno,
di scolarti il futuro tutto d'un sorso.
Fai silenzio anche tu, che questa storia
scritta senza la tua penna,
non mi piace.
I miei passi sono passi anche se non si sentono.
Silenzio e poi tu
che hai dimenticato ogni giorno,
giorno dopo giorno,
ma i nostri nomi, quelli mai.
Fai silenzio anche tu che questa storia che parla senza la tua voce
proprio non mi piace.
I miei passi sono passi anche se non si sentono.
Mi fanno male le gambe ma resto in silenzio.
La città ancora tace i segreti di un sabato sera.
Sono nella piazza. Silenzio.
E' difficile per me la forma del vuoto.
Amplifica il silenzio e così tu
che abiti qui dentro, insieme al tuo universo,
vuoi dirmi tutto adesso, prima che sbadigli il mondo.
Silenzio che là dentro ci vive un sordo
che non può scrivere tutto quello che dici.
I miei passi sono passi anche se non si sentono.
Silenzio e poi tu, con questo nome sempre uguale,
vigliaccamente casuale
che arrivi e ti prendi pure un pezzo
del mio silenzio del cazzo.
Silenzio, ora basta, che intorno a me parlano anche le pareti
e so sempre di più di quello che tu chiedi.
I miei passi sono passi anche se non si sentono.
Mi fa male il petto. Lo accarezzo in silenzio.
La poesia ancora tace
i segreti della mia anima loquace,
quella matta da legare,
da legare a una corda che accenna la sua canzone.
Sono sul ponte. Silenzio.
E' difficile per me la forza del vento;perché sono folle, mi parla e io lo sento
quel suo sussurro vero
in una tramontana di puttanate, più acuta del tormento.
Soffia via tutto questo inutile silenzio.
Soffia e poi tu,
ti aspettavo da tanto
da ogni lettera che tratteggia un verso
da ogni parola che ha varcato un limite diverso,
da ogni bugia che ho scritto
da ogni verità che ho detto
che l'ho dette mentendo e anche
questo lo ammetto.
I miei passi sono passi anche se non si sentono.
Silenzio ora un po', silenzio tutti quanti,
che sul bordo del confine,
del contorno della tua mano,
ci sono io con una corda ai piedi
per morire a testa in giù
e rinascere adesso, planando il mare.
Perché non ne posso più di cercare il vero nome
di chi mi ha trovata, ma si finge altrove.
Ti vengo ad aspettare nella nostra casa,
che ancora non ha il tetto, anche questo l'ho sempre detto,
tra un mucchio di fogli sparsi sul pavimento e ogni orizzonte dove poggiare il mento.
Mi chiudo nella giacca tutto il silenzio
per proteggere gli addii, qui in mezzo al petto;
lascio a loro questo spazio, stretto e asciutto.
Puoi chiamarti come vuoi, come ti piace,
ma scegli a bassa voce, che qui c'è una bambina
senza pace.
STAI LEGGENDO
Lettera d'addio per uno sconosciuto
Short Story...perché, a conti fatti, ci innamoriamo tutti di uno sconosciuto