Ti ho vista la prima volta e leggevi qualcosa a voce alta, poco ferma.
Ti ho vista ed erano postierle come postille sulla strada vecchia.
Io già sentivo la nebbia assecondare il mare.
Ti ho vista come prima volta a reggere una cattedrale di intenzioni tutte uguali,
come gli ex voto anneriti dalla fiamma sempre viva della tentazione.
Ti ho visto e ho continuato per la via ma,
chissà perché,
hai afferrato la mia coda di paglia, dismettendo la tua abituale scintilla.
Ti ho vista e ti ho guardata
come una canzone mandata in radio l'ennesima volta
entrata in testa controvoglia.
Ho guardato le tue mani gesticolare l'attesa di una forma.
Ho guardato la tua pelle spessa farsi rossa,
tra il petto e la gola
esposta alla critica affamata
di chi ha sempre la risposta.
Ho guardato i capelli scoprire appena gli occhi
e gli occhi svelare la tua anima, come una porta di poco aperta
su Maddalena genuflessa
per supplicare la poesia di liberarla dalla lapidazione sgraziata e già concessa.
Ho seguito le tua mano insinuarsi nella tensione della nuca
e il capo chinarsi appena, a cercar la consolazione della spalla nuda.
Ho guardato la tua bocca fermarsi un attimo, aperta, sospesa
e il mio pensiero trovare il tempo della voglia.
Ho guardato la tua lingua cercare la parola persa, forse secca
come goccia di rugiada su corolla
e poi il mio pensiero cercare, inutilmente,
il suo contegno, ma sono un campo arato ormai esposto.
Ho guardato il petto affogare nell'ultima sillaba di un verso sciolto
e la pancia rientrare sotto il peso del confronto
come un pugno, nell'ascolto della verità detta ad alta voce,
che il dolore gridato non è detto che sia pace
ma recrudescenza di una piaga
e senza volerlo,
ho guardato anche quella.
Non volevo ma l'ho fatto.
L'invadenza nella spettacolarità di una ferita irregolare credo poi, non sia guardare, ma non trovare lo sguardo per lenire e dimenticarsi di ingoiare il giudizio, senza fiatare.
Ti ho guardata mentre il piede nudo carezzava il tuo polpaccio,
indugiando tra l'innocenza del freddo e il sudore intenso dell'eccitazione.
Ho inchinato i miei occhi lucidi a quel gesto
ho afferrato le tue cosce, lo ammetto
baciato le ginocchia
cercato di essere il sesso giusto per tutto quello che non hai detto.
Ho visto il tuo silenzio esplodere nella piazza
come il tumulto lieve di un orgasmo.
Una riga di sudore scavare il tuo petto e le mani congiungersi nel gesto
che vorrei fosse la mia casa in ogni tempo.
Il tiepido saluto della folla a quell'atto di coraggio esasperato
di far l'amore con la propria ossessione e poi lasciarla andare.
Ti ho guardato tornare in una fila ordinata,
legare i capelli come io vorrei essere legato
piegare tante volte il foglio e trovargli spazio
tra le tue dita tremanti,
origami di momenti.
Ti guardo e mi sorprendi
testata d'angolo del mio nuovo credo.
Ma ci crederò il tempo della noia,
di ciò che è offerto al pubblico dormiente.
Ti guardo ingoiare un sorso d'acqua
nella perversione che sia mia la fonte.
Tu guardo andare via
convinto che sia tu la Poesia,
convinto che anche se ti seguissi
poi vorrei che tu sparissi, per sempre,
da tutti questi giorni in cui trovare una parola e ammettere il silenzio.
Ti guardo camminare
E' Follia.
La mia ombra ti aspetta.
Io invece vado via."
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Lettera d'addio per uno sconosciuto
Conto...perché, a conti fatti, ci innamoriamo tutti di uno sconosciuto