I

34 0 0
                                    

"Adesso sei pronta" recitava il biglietto, giunto con la foto del misterioso specchio lasciato indietro nei ricordi della sua terribile infanzia. Non era stato firmato, né v'era sulla carta un qualche particolare che le fornisse indizi. Nulla se non quella semplice frase, vergata nero su bianco da una mano ferma ed elegante. Un mistero ch'ella intendeva assolutamente risolvere. Se quello era lo stesso specchio rinvenuto in quella polverosa soffitta tempo addietro, perché chiunque le avesse inviato quelle foto adesso la riteneva pronta? E per cosa? Forse da piccola v'era un ché di fantastico ad avvolgere quel vecchio oggetto incapace di riflettere l'immagine di chiunque vi si specchiasse, ora ai suoi occhi appariva come un inutile lastra ingombrante. Sospirò. 

Aveva avviluppato il gelo, nella sua ferrea e candida morsa, tutto ciò che il suo inesistente sguardo era riuscito a catturare anche solo per pochi attimi. Una di quelle giornate da passare in compagnia degli amici, davanti una buona tazza di caffè chiacchierando del più e del meno. Oppure al parco, a rimirare la neve e la sua meravigliosa albedine, e del come riuscisse con la sola presenza a rendere suggestivo qualunque paesaggio.
Provava sempre una strana sensazione alla bocca dello stomaco, ogni volta che la mente s'affacciava a simili pensieri. Erano sensazioni scomode e quasi angoscianti, che la scuotevano nel profondo rattristandola. Non era altro che la consapevolezza dell'essere sola, che i giorni felici non facevano parte che del passato. Essi erano scomparsi tempo addietro, quando il muro delle sue certezze s'era sgretolato, senza ch'ella potesse fare null'altro se non osservarlo abbattersi al suolo; impotente, ecco come s'era sentita in quell'occasione. Protetta da quel velo di gioia e spensieratezza tipico dei bambini, non s'era resa conto di quanto la sua esistenza fosse divenuta un peso per chi altro compito non aveva, se non quello di tenerla al sicuro dai mali d'un mondo violento e corrotto.  

Le tornarono alla mente il sangue, il terrore, l'odore della paura e quell'assordante consapevolezza, data dal frenetico battere del suo cuore, che per lei non v'era salvezza. 
Scacciò quelle immagini con un semplice gesto dell mano, come a volerle cancellare dalla sua mente, infastidita dal ricordo di ciò che aveva provato. Invero, s'era odiata. Incapace di qualunque azione non era riuscita a sottrarre la "Fata" dalle grinfie dell'"Orco". 
Disegnò distrattamente sulla superficie di quel vetro reso opaco dalla polvere, ripensando quanto nella sua sfortuna fosse stata fortunata. Gli occhi scuri caddero sulla miriade d'inutili oggetti sparsi un po' ovunque in quella stanza divenuta ormai uno sporco deposito, pensando a quanto tempo ci sarebbe voluto per riportarla all'antico splendore. Compito che fortunatamente non sarebbe toccato a lei. Sfregò l'indice contro il pollice eliminando la polvere che in precedenza aveva raccolto, osservando il pezzo di vetro,  forse appartenuto ad una delle vecchie finestre ormai ricoperte da cadenti assi, affisse svogliatamente da chi da quel lavoro aveva forse ricavato ben poco. Una spirale aveva ella tracciato, dividendola a metà da una semplice linea verticale.
"Un simbolo di protezione" le aveva detto qualcuno una volta, ma quel viso appariva indistinto esattamente come tutti gli altri. Si passò una mano sul volto pallido, stanca in effetti di sentirsi così dannatamente fuori posto in quel mondo dove a quelli come lei non erano riservati altro che sguardi carichi di compassione. Lo scattare della maniglia verso il basso la costrinse a voltarsi verso la porta. La maschera ch'ella perennemente indossava calò sul volto con rapidità, ed un sorriso si fece strada sulla labbra nel momento in cui Daniel apparve sulla soglia.  

« Hai trovato qualcosa d'interessante? » chiese, mentre Raezel l'osservava muoversi per la stanza, alla ricerca di oggetti da fotografare. Lavoravano entrambi per Linus, un uomo sulla sessantina proprietario d'un vecchio negozio d'antiquariato in Roosevelt Street, nonché la persona più accomodante ch'ella avesse mai conosciuto in tutta la sua vita. S'era sempre trovata molto più a suo agio con le persone più grandi di lei, piuttosto che con i suoi coetanei, con i quali sentiva di non avere nulla in comune.
« Qualche riedizione un po' vecchiotta dei grandi classici della letteratura. La copia ben riuscita d'un anfora romana diffusa nel secondo quarto del VI secolo a.C. Ah! Qualcosa d'interessante c'è. » s'interruppe, spostando con le mani ormai fasciate da un paio di guanti in pelle, alcuni scatoloni. Ne tirò fuori una vecchia tromba in alluminio, ed i suoi occhi parvero illuminarsi nel constatare che nonostante alcune ammaccature, questa fosse ancora in buono stato. « La tromba di un grammofono » annunciò con soddisfazione, mentre Daniel s'avvicinava per osservarla più da vicino. Mosse volontariamente un passo indietro la giovane, allontanandosi dal collega quel tanto che le bastava a potersi dire tranquilla.
« E se questa si trova qui, anche il riproduttore non dovrebbe essere lontano »  e Raezel annuì alle parole del collega. Era per quella loro notevole intesa che Linus suggeriva spesso ad entrambi di lavorare insieme. Sebbene ella preferisse dedicarsi a quelle esplorazioni in solitaria.

... 

  « E' un modello del 1902... »  stava dicendo Linus, spostando con meticolosa attenzione la lente d'ingrandimento su qualunque punto del grammofono. Nei suoi occhi c'era lo stesso luccichio che illuminava quelli di Raezel ogni volta che scovava qualcosa di antico ed interessante. « E' indecente il modo in cui le persone trattano questi rari pezzi di storia » borbottò più a sé stesso, disgustato come al solito dalla superficialità dell'essere umano. 
« La testina è rovinata, ma non insostituibile »  s'affrettò a dire, sollevando infine gli occhi chiari dall'ammaccato giradischi, sfilandosi gli occhiali.
« Potrei contattare Marla e chiederle di procurarmi una testina nuova. Per lei non dovrebbe essere affatto impossibile. E poi, mi deve un favore »  e ci tenne a precisarlo Raezel, ricalcando notevolmente l'interesse ch'ella sembrava provare nei confronti di quell'antico manufatto. 
« Si, ti sto esplicitamente chiedendo di affidarmi il suo restauro »  ed un sorriso furbetto, simile a quello che aveva quand'era bambina, si fece strada sulle labbra di quella che adesso era una donna adulta. « Naturalmente so che Daniel mi ha aiutato nella ricerca, ma non ti dispiace vero? » l'altro la guardò male
« Se non fosse stato per me non saresti neanche riuscita a recuperarlo. Tanto era in alto! » la prese in giro, com'era solito fare. Rimarcando considerevolmente il quanto ella fosse decisamente poco alta. « Sono dettagli caro il mio fotografo. E ciò non ha nulla a che vedere con il mio desiderio di voler restaurare quel grammofono. Linus? » si rivolse infine all'uomo, attendendo con una certa ansia - difficile da mascherare quand'ella desiderava ardentemente qualcosa - una risposta. 
  « E sia. Ma, mi aspetto da te un lavoro molto meticoloso »  

...

Si era proposta per quel restauro, eppure non riusciva a fare altro se non fissare con insistenza la foto di quel vecchio specchio. Rinchiusa nei meandri del laboratorio, ovunque guardasse, qualunque cosa facesse, i suoi pensieri ritornavano a quel misterioso messaggio. Desiderò poterlo associare a Jack, alla sua imponente figura sempre così curata, a quegli espressivi occhi verdi che riuscivano sempre a cogliere i suoi pensieri. L'unico padre che avesse mai avuto, sebbene ad unirli non vi fosse nient'altro che un futile pezzo di carta. Non aveva pianto neanche in quell'occasione, stringendo a sé un Linus distrutto. 

« A cosa pensi bambina? »  il tono pacato del antiquario giunse stanco alle orecchie di Raezel.
« A nulla »  rispose, consapevole invero di star mentendo all'unica persona che nella vita non l'aveva mai davvero giudicata, eccezione fatta naturalmente per Jack. Pensando a lui, ed al suo eccentricismo, le venne da sorridere. 
« Mi sento sola Linus. In un modo che non mi appartiene, e che mi rende nervosa e triste allo stesso tempo. »  sospirò, finalmente un peso in meno sull'anima « In realtà non mi capisco neanche io. Dimentica ciò che ho detto e non essere in pena. » ammiccò, con quell'aria rassicurante che era solita assumere quando fingeva d'aver tutto sotto controllo. Sebbene così non fosse.
« Bambina mia. Sei unica in modi che gli altri non riescono a comprendere. Sei una creatura rara, e sconosciuta ai più. Ed io sono tremendamente fiero della donna che sei diventata. »  le accarezzò il viso con un semplice gesto della mano, portandole una ciocca ribelle dietro l'orecchio. « E sono certo che, ovunque si trovi, Jack è d'accordo con me. Guai a lui se così non fosse » e gli occhi chiari dell'antiquario si levarono verso l'alto, come ad attendere una risposta che invero non sarebbe mai giunta. Le venne da ridere, poiché quella teatralità non era mai stata davvero parte di Linus. 
 « Ho ricevuto una lettera in questi giorni »   
 « Lo so. »  
 « Non ha mittente, ma ho riconosciuto l'oggetto nella foto, e so dove si trova quel luogo » 
Recuperò l'istantanea dal tavolo da lavoro, porgendola all'antiquario, che inforcando gli occhiali s'apprestò ad analizzarla con attenzione. 
« E' la soffitta della vecchia casa di mia nonna. »   
« "Adesso sei pronta" »  ripeté l'uomo dagli argentei capelli dall'impeccabile pettinatura. 
« Non ho idea di cosa voglia dire. Ma, suona nella mia mente quasi come un presagio »  
« Dovresti andarci »  la incitò lui.
« E fare cosa? Non torno in quella casa da quando... »  
« Ha l'aria d'un mistero da risolvere. E tu adori queste cose. Potresti portare Daniel con te » 
L'idea la fece visibilmente arrossire, zittendola per un lungo istante.
« Linus, dovresti smetterla d'essere così inopportuno. »   
L'uomo sorrise. « Desidero solo il meglio per te, bambina mia. » 


In the mirrorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora