A te, perché mi hai
spezzato il cuore un attimo
dopo averlo riparatoSi chiedevano cosa avesse. La guardavano e chi voleva provava a capirla, ma se ne accorgevano tutti. Eppure la risposta era davanti a loro, su ogni centimetro del suo corpo rannicchiato su quel sedile della metro e poi in piedi, con le mani nelle tasche e il collo coperto, il viso affondato nella sciarpa troppo grande che le permetteva di nascondersi almeno un po'. Ormai non provava più vergogna, si era rassegnata.
Aveva lo sguardo spento, quello di chi ha perso una battaglia più grande delle forze che possedeva per combatterla. Le si leggeva in faccia, nei lineamenti del viso e nella curva delle labbra, fino agli occhi. Ti facevano male se li incrociavi, non potevi non prenderti un po' di quel dolore. E faceva male. Faceva male perché lei lì non voleva starci ma doveva; perché era costantemente divisa dall'urlare al mondo quello che sentiva e il nascondersi per potersi compatire da sola. A tratti tremava, sembrava spaventata a morte.
Se la vedevi meglio, però, anche se non ne avevi bisogno, lo capivi. Le si leggeva ovunque, perché ce l'aveva in ogni singola particella che la componeva.
Aveva semplicemente, essenzialmente il cuore spezzato. Dalle speranze, dall'averlo aperto troppe volte e aver lasciato che lo frantumassero di più. Aveva un cuore che pulsava lentamente, che respirava a stento con lei, quel poco che le bastava per restare per non perdersi definitivamente.
Aveva smesso di fuggire perché aveva incontrato qualcuno che la sentiva anche se parlava piano, che l'aveva bloccata perché stanco anche lui di scappare.
Aveva un cuore che faceva un male cane insieme a tutto il resto del corpo, che sapeva delle lacrime che avrebbe voluto riversare in ogni momento e di tutte le volte che si era ripetuta e promessa "questa è l'ultima, lo giuro", ma poi ci cascava sempre. Perché forse non c'era davvero niente più fragile di una promessa, eppure continuava a farsene.
Era innamorata ed era sola, con i pezzi del suo cuore intorno a lei. Aveva sempre saputo che a respirare non si fa fatica, ma in quel momento le sembrava la cosa più difficile che potessero chiederle di fare. Aveva perso le parole, lei che di parole viveva. Sapeva di meritare quello che aveva perduto e che credeva di aver trovato, e sapeva di essere pronta. Meritava ogni bellezza che il mondo avrebbe potuto offrirle, ma quello stesso mondo le aveva tolto tutto solo un istante prima.
Aveva un cuore spezzato, ed era consapevole che nessuno avrebbe raccolto neanche un solo pezzo per lei. Quando sarebbe stata pronta, si sarebbe alzata e avrebbe cominciato, da sola, frammento dopo frammento, fino a fasciarlo per l'ennesima volta come meglio poteva. E poi avrebbe aspettato, perché quella non sarebbe stata l'ultima volta, e sapeva anche questo.