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Alfred era seduto a tavola, mangiando. Normalmente appena entrai volette chiedermi se volevo mangiare, ma io corsi direttamente in camera mia e mi chiusi dentro. Mi guardai allo specchio e notai che la ferita e il livido si vedevano molto.
Papà...per favore torna...ho bisogno di te...

Cominciai a pensare a mio padre di nuovo. Non potevo farci nulla, mi mancava così tanto. Afferrai il mio cellulare e provai a chiamarlo. Il numero di telefono non era esistente. Merda.
Domani non andrò a scuola. Cosa c'era di male? In fondo sarei potuta semplicemente stare nella foresta tutta la mattina, era molto meglio che starsene a casa, non era una brutta idea.
Pensai nuovamente a Roy. Mi mancava anche lui, avevo bisogno di lui.

Erano ormai le 11 di notte.
Ero molto stanca, ma non riuscivo ad addormentarmi. Cominciai a sentire le gocce di pioggia sbattere contro il vetro della mia finestra e tuoni. Di tanto in tanto la mia stanza veniva illuminata da qualche fulmine. Continuavo ad ascoltare questi suoni piacevoli mentre fissavo il buio della mia stanza. Più lo guardavo e più pensavo a quanto effettivamente fossi da sola. Rimasi sveglia fino a tarda notte, finché finalmente non riuscii ad addormentarmi, ma fu un grande sbaglio. Cominciai a sognare, avevo degli amici e insieme ridevamo, scherzavamo, sorridevamo. Eravamo fuori di sera, c'era un clima piuttosto freddo e ci ritrovammo in un vicolo buio; ci soffermammo cosi' ad osservare la luce fioca della luna, quando d'un tratto sentimmo una nostra amica urlare. Ci girammo e vedemmo una figura tagliarle il collo; non abbiamo fatto nulla per aiutarla. Siamo scappati, lasciando quella che era la nostra amica morente, dolorante indietro. Mi facevo schifo, ero scappata. Eravamo scappati. Eravamo deboli, io ero debole. Una volta che ci sentimmo al sicuro e abbassammo un po' la guardia, l'episodio si ripete'. Correvo e correvo, cercavo i miei amici, vedevo morire ognuno davanti ai miei occhi e non facevo nulla. Ero rimasta solo io. Non è possibile, deve...deve esserci un altro amico in giro! La figura si avvicino' a me e potei finalmente capire chi era; rimasi pietrificata nel vedere la mia immagine riflessa in quella della figura, che comincio' poi a parlare. -Allora...come sono i tuoi nuovi amici, Siv?-
Cosa significava? Ero io quella che aveva ucciso tutti i miei amici? Ero io quella che aveva la colpa?
La figura prese il suo coltello e lo conficcò nella mia fronte. Ero inorridita nel vedere me uccidere me stessa. Eppure continuavo a non capire cosa significasse tutto cio'...ma faceva male.
Mi svegliai di colpo.
Erano gia' le 5.30 di mattino, quindi mi alzai e mi guardai nuovamente allo specchio. Col cavolo che ci vado a scuola. Presi tutto cio' che mi era necessario per andare nella foresta e lo misi nello zaino, per poi scendere le scale, mangiare qualcosina di veloce e uscire di casa. Una volta che arrivai alla foresta mi sedetti sulla solita roccia. Alzai lo sguardo e scrutai l'alba formatasi sopra alle montagne, quando d'un tratto una voce mi distrasse.
-Mi dispiace...- e subito dopo un forte schiaffo , dopo il quale persi conoscenza.
Mi risvegliai seduta sul divano, e capii che ormai era gia' sera. Solo una persona di mia conoscenza poteva avere forza tale da farmi perdere conoscenza per cosi' tanto tempo. Cercai di mettere a fuoco cio' che avevo di fronte a me, poi sentii un'altra sberla.
-Come ti permetti di saltare scuola?!- mia madre. -Io te la pago l'istruzione, non butto i miei soldi per una persona inutile come te!-
-Non pagarla allora.-
-Non voglio che girino brutte voci su di me.-
-Basterebbe raccontare a qualcuno quello che fai a me ogni giorno per spedirti dritta in galera.-
-E tu andresti in custodia.-
-Sempre meglio che vivere con una sporca puttana come te.-
Mia madre non rispose, ma guardo' Alfred che entro' dalla porta di casa per poi dirgli: -sai cosa? Alfred, occupatene tu. Ho visto come la guardavi l'altro giorno. Falle quello che vuoi. Io mi sono stufata.- Raccolse la borsa da terra e uscì di casa.
Alfred si avvicinò a me e d'istinto urlai.
-NON OSARE TOCCARMI-
Le sue forti braccia mi caricarono sulla sua spalla e nonostante il mio corpo debole cercai di porre resistenza, dandogli pugni sulla schiena. Fu un tentativo chiaramente invano, ma almeno ci provai. Sussultai quando mi fece stendere sul letto , per poi togliersi la felpa di dosso.
-NON PROVARCI NEMMENO PERVERTITO DEL CAZZO!- presi il cuscino e glielo lanciai addosso. Lui sospiro' alla mia azione e si avvicino' nuovamente a me.
-Quale parte di "non toccarmi" non capisci?-
-Alzati leggermente-
-Non li prendo gli ordini da te.-
Vidi l'uomo portarsi una mano alla tasca dei jeans per poi tirare fuori una piccola foto e porgermela.
-L'ho trovata mentre sistemavo le mie cose in camera, ho pensato che avrebbe potuto farti piacere.-
Osservai la foto. Papà.
-Io pensavo che...avesse buttato tutte le foto.-
-E' stata una mia fortuna trovarla allora. Significa che era l'ultima. Ascolta, mi dispiace. Per lo schiaffo e per essere stato ad osservare. Ho le mie ragioni.-
Gli diedi un'occhiata.
-E sentiamo, quali sarebbero queste ragioni?-
Alfred si guardo' un attimo intorno, per poi controllare fuori dalla finestra.
-Ma che fai?- gli dissi -cerchi una via di fuga?-
-Controllavo che non ci fosse tua madre. L'ho conosciuta in un bar. Non ho il minimo interesse nei confronti di tua madre, ma grazie alla sua sbronza quella sera scoprii della tua esistenza e volevo verificare che tutto cio' che disse era vero. Voglio aiutarti. Almeno, per quanto riguarda tua madre. Il mio atteggiamento nei suoi confronti, e nei tuoi quando lei e' presente, fa parte di una strategia. Sto cercando di conquistare la sua fiducia.-
-Non e' che per caso stai cercando di conquistare anche la mia di fiducia? Magari stai raccontando solo balle e sto sprecando il mio tempo nell'ascoltarti.- Strinsi la foto di me e mio padre nella mano.
-Non so come provarti che sono dalla tua parte. Pero'...prova a fidarti. Almeno un po'-
-Va' al diavolo.-
Prova a tirargli uno schiaffo, inutilmente, perche' lo blocco' prima che potesse anche solo sfiorare la sua guancia.
-Tirarmi uno schiaffo, ti fara' sentire meglio?-
-Onestamente? Si'.-
-Questo significherebbe che non sei tanto diversa da tua madre-
-NON PARAGONARMI....a quella donna..-
Alfred prese la mia mano con la sua e la strinse leggermente.
-Domani. Io e te ci facciamo un giro, e tua madre sapra' che tu sei andata a scuola.-
Lo guardai esterrefatta. Com'era possibile? Anche se avessi opposto resistenza avrebbe vinto lui. Non parlai, ma feci cenno di si' con la testa.
-Ora dormi, Siv. Ne hai bisogno.- disse rimboccandomi le coperte, per poi uscire dalla mia stanza.
Dopo il sogno che avevo fatto la notte precedente, ne seguì un altro. No, non era un sogno...
Era stranamente una mattina in cui il sole splendeva assai; mi alzai dal letto e spostai la tenda che ricopriva la finestra, impedendomi di osservare il panorama di fronte a casa mia. Mi piaceva perdermi nei miei pensieri guardando cio' che in fondo mi piaceva di piu': la calma, la tranquillita'...erano le cose che piu' mi entusiasmavano.
Misi la tenda com'era precedentemente e mi spogliai, per poi guardai un attimo allo specchio: i miei capelli ricoprivano le curve del mio seno e sembravano fatti di velluto. I miei fianchi non erano ne' troppo larghi, ne' troppo stretti. Ero particolarmente bianca, sia la mia pelle che i miei capelli biondi erano molto chiari. Per non parlare degli occhi,poi.
Sono sempre stata la "bambina di cristallo" di papà. Fragile. Umile. Ma prevalentemente fragile.
Papà...mi manchi...dove sei?

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 12, 2019 ⏰

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