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Quando mia madre arrivò a casa quella sera, non era da sola come era solita essere; mi chiamò dal piano di sotto e mi disse di andare giù, di conseguenza mi alzai dal letto e scesi le scale. Stava in piedi affianco ad un uomo alto, biondo, che io non avevo mai visto prima: più lo guardavo e più mi inquietava, ma allo stesso tempo non riuscivo a distogliere lo sguardo da quell'espressione seria. I miei pensieri si contrastavano l'un l'altro; in parte ero curiosa, volevo sapere chi era quest'uomo e come mai fosse a casa mia, dall'altra non volevo nemmeno vederlo all'interno di casa mia, tanto era agghiacciante. Però in fondo non ero io quella che decideva, ma mia madre, che mi fece rabbrividire appena finì di pronunciare la frase.

-Lui è Alfred, ti conviene trattarlo bene e rispettarlo, siccome sarà tuo padre.-

Io non voglio un "nuovo padre". Io voglio mio padre. 

Il suo nome era Alfred Nussenbaum, era un uomo piuttosto giovane, un uomo tedesco, e che uomo: la sua struttura corporale era perfetta, aveva muscoli ben definiti; sembrava un militare.

Appena il mio sguardo si incontrò con quello di Alfred, mi ricordai della figura di mio padre. Lukas Holt, un uomo forte, fedele, gentile e amorevole; e oltretutto, mio padre. Era alto 1,75, i suoi capelli erano castani e luminosi, i suoi occhi del mio stesso colore; il suo sguardo era uno dei migliori: il solo guardarlo era calmante, perché potevi scorgere all'interno dei suoi occhi un amore forte. Oh e quel suo enorme sorriso, quella voce che parlava e diceva -Andrà tutto bene, io ci sarò sempre.-

Io ci sarò sempre...papà, perché non sei qui?

Sono sola. E' da due anni che non ti sento ormai...quella volta mi dissi che sarebbero passati solo un paio di mesi e saresti tornato. Sono passati due anni e ancora non so nulla di te. Papà, dove sei?  

Io e Alfred ci fissammo per qualche secondo, ero inorridita; spostai lo sguardo su mia madre e aprii la bocca per parlare.

-Madre, non posso accettare che lui diventi mio padre. Non ho nulla contro la vostra relazione, ma mio padre resterà sempre uno e uno solo. Se non ti dispiace...- mi voltai dandole le spalle -..tornerei in camera mia.- Appena cominciai a camminare verso le scale, mia madre mi afferrò i capelli e mi tirò verso sé stessa.

-Penso che tu abbia frainteso. Non ho detto che puoi scegliere se considerare Alfred tuo padre o no. Lui sarà tuo padre dal momento in cui ci sposeremo. Hai capito?-

-Allora mi dispiace, dovrò fare in modo che questo matrimonio non avvenga.- A quelle parole mia madre aumentò la presa sui miei capelli.

-Che cosa hai detto?-

-Sarò obbligata a fare in modo che il matrimonio non avvenga.-

Mi fece cadere a terra per poi tirarmi un calcio alle costole. Mentre continuava a colpirmi, sentivo lo sguardo di Alfred addosso; non so per quale motivo mi stesse fissando, ma non era certo una novità per me. Una volta che mia madre smise e cominciarono a formarsi dei lividi sul mio corpo, rivolse il suo sguardo all'uomo che era rimasto ad osservare. 

-Andiamo in camera.- salirono le scale, lasciandomi da sola sul pavimento del soggiorno. Decisi di alzarmi, cosa che mi fu piuttosto difficile dato il mio corpo dolorante. Sentii un liquido scendermi dalla fronte, che toccai poco dopo; mi guardai la mano e vidi le due dita che utilizzai per toccarmi la fronte sporche di sangue. Salii le scale e andai di fretta in bagno, per pulirmi dal sangue. Tornai in camera mia e pensai a come avrei potuto coprire tutti quei lividi il giorno dopo a scuola; mi distesi nuovamente sul mio letto e mi infilai sotto alle coperte, per poi chiudere gli occhi. Dormivo tanto nel complesso, ma ogni volta che mi svegliavo era come se non avessi dormito per nulla: non mi mancava il sonno, mi mancava il riposo, la tranquillità, la calma. Sussurrai le parole di una dolce ninna nanna che mi cantava mio padre quand'ero piccola per potermi addormentare più velocemente, senza perdermi in troppi pensieri. 

La sveglia suonò e aprii gli occhi per guardare l'ora. Sono le 5, ho abbastanza tempo per riempirmi la faccia di trucco e coprire tutto questo. Appena mi alzai per prendere il necessario, un pensiero passò attraverso la mia mente. Ma in fondo..dovrei andarci a scuola?Non me la sento affatto, non sto bene. Non feci in tempo di prendere una decisione che Alfred entrò nella mia stanza.

-Ah, sei sveglia- disse -sarò sempre a casa finché non troverò un lavoro qui vicino, quindi cucinerò io.- Non mi interessava nulla del cibo. Se lui era a casa significava che non potevo fare a meno di andare a scuola e starmene in camera. Se lui era a casa, significava che quella mattina sarei dovuta andare a scuola. -Va bene - risposi brevemente - Ora, per favore, esci dalla mia stanza.- Mi lasciò da sola chiudendosi la porta alle spalle. Sospirai e mi osservai allo specchio. Mi riempii la faccia di fondotinta, stando attenta alla ferita sulla guancia, cercando di coprirla il meglio che potevo. Presi lo zaino e andai al piano terra, in cucina, dove trovai una tazza di tè, un paio di fette biscottate con della marmellata spalmata sopra, e un uomo che stava versando del latte nel tè. Ovviamente, era Alfred.

-Ehm...non mi piace il tè con dentro il latte..- dissi.
-Oh mi dispiace, ne farò- - 
-Non serve, lo berrò comunque. Solo oggi.- tagliai corto. Dissi così, anche se in realtà lo odiavo. Mangiai una sola fetta biscottata e cominciai a bere il latte; sentivo come se dovessi vomitare ma cercai di trattenermi. Mia madre non si era fatta vedere, cosa che era assai bella siccome non la volevo affatto né vedere, né sentire. Uscii di casa e andai alla fermata dell'autobus; non sentivo altro che i canti degli uccelli... che melodia soave. Adoravo quel suono, amavo ascoltare i cinguettii degli uccellini alla mattina; sono così chiari, dolci, calmi... mi hanno da sempre rilassata. I miei pensieri e la dolce melodia furono interrotti dal suono del motore dell'autobus che stava arrivando, così come al solito alzai il braccio per fermarlo, salii al suo interno e ascoltai la mia musica. Una volta arrivata a scuola entrai in classe e mi sedetti al mio posto, seguita da alcune risatine, poi Madeline.
-Aw, Siv ha provato a rendersi carina mettendosi del trucco.. sfortunatamente è talmente orribile che nemmeno quello aiuta!- E fu così che tutti si misero a ridere. Ma in fondo, cosa importava a me di ciò che pensavano? Solo io sapevo il motivo per cui l'ho fatto, e sinceramente era meglio così. Durante la ricreazione Madeline si avvicinò a me aprendo una bottiglietta d'acqua.
-Hey Siv non hai un po' sete? Sai... - disse mentre versò il contenuto della bottiglietta sulla mia testa - E' piuttosto stancante avere tutto quel trucco addosso.- E con la poca dignità che probabilmente mi era rimasta, scivolò via anche il mio trucco. Mi coprii la guancia con entrambe le mie mani, ma evidentemente non fui abbastanza veloce siccome sentii Joseph pronunciare la solita frase del cazzo che serviva a prendermi per il culo. 
-Hey Siv! Quindi in fondo ti sei fatta male quando sei caduta dal paradiso!- Gli rivolsi lo sguardo. - Ah giusto aspetta.. sei troppo orribile per essere un angelo, che peccato.- Tutti risero, di nuovo.
Sembrate piccoli bambini che giocano a prendere in giro qualcuno che nemmeno conoscono. Perché dovrebbero interessarmi le vostre opinioni, le vostre reazioni, i vostri giochi? Perché non l'avete ancora capito che dopotutto a me non frega nulla? 
-Divertente.- dissi con poca voce, accennando un sorriso. Mi alzai e andai in bagno mentre l'intera scuola mi guardava passare. Cercai di fare il mio meglio per asciugarmi vestiti e capelli, ma non ebbi abbastanza tempo a disposizione, di conseguenza una volta che la campanella suonò e tornai in classe il professore mi rimproverò per essermi presentata in condizioni simili.
Poco m'interessa, professore.
-
Ora si sieda al suo posto, signorina Holt.-
Con piacere, non vedevo l'ora professore. Alzai lo sguardo e osservai la classe. Sorrisi. Che esseri inutili.

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