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Appena entro nella piccola saletta d'attesa per lo psicologo, una strana morsa attanaglia il mio stomaco. Le pareti completamente bianche mi fanno sentire fuori posto e il piccolo tavolo al centro della stanza risulta pacchiano per i colori delle riviste riposte su di esso. Mi siedo su una sedia altrettanto bianca e fisso la finestra davanti a me. Mamma sta parlando con la segretaria del dottore alla reception e, sicuramente, starà raccontando "l'incidente" per poter attuare il trattamento migliore.
Dopo vari minuti, che mi appaiono come anni, un signore alto con i capelli tirati indietro e gli occhi di un azzurro cristallino chiama il mio cognome. Mi alzo subito lasciando andare la mano di mamma. Il signore mi sorride e mi guida in una piccola stanza. Il locale non è come il resto dello studio. Le pareti sono, si, bianche ma il parquet crea un bellissimo contrasto. Le tende beige trasmettono serenità e la scrivania in legno mi ricorda quei vecchi studi nei film inglesi. Il lettino su cui mi fa distendere è al centro della stanza ed è di pelle nere, infatti, appena mi siedo fa un rumore fastidioso. Mi stendo e fisso il soffitto. Solo ora mi accorgo che ci sono delle scimmiette stilizzate di diversi colori. Beige, bianco panna e marroni. Sono carine e mi sorridono. Sorrido anche io a loro. Il dottore se ne accorge e incomincia a parlare.
-Carine vero? Le ho sempre volute avere nella mia cameretta, ma mamma non ha mai voluto...mi trasmettono vivacità e felicità...non credi anche tu? Mi riportano alla mia infanzia, e a te?- mi giro verso di lui. Pensandoci bene si, mi riportano a tutti i momenti memorabili della mia infanzia. Non so il motivo, forse perchè, come ha detto lui, ricordano vivacità e felicità.
-Si, mi ricordano la mia infanzia, la mia voglia di libertà e il voler essere indipendente...come quella volta che, a soli otto anni, volevo incominciare a lavorare per avere una casa tutta mia!- rido al ricordo di quella piccola bimba riccioluta.
-Beh Denise, già da piccola avevi una gran voglia di fare. Mi fa piacere! Cosa mi dici di questi anni? Cosa mi racconti della tua adolescenza?- ritorno a fissare le scimmiette. Ne noto una, nell'angolo, esclusa da tutti. Stringo gli occhi in due fessure e capisco che il suo colore è più scuro rispetto a quello delle altre. Invece di rispondere alla sua domanda, ne pongo un'altra.
-Lì...perchè quella scimmietta più scura è esclusa da tutte le altre? C'è un piccolo spazio bianco intorno a lei che la rende più distante. Cosa ha di diverso? Cosa ha di sbagliato?- lo psicologo avvicina la sedia al lettino su cui sono distesa. Mi studia un per un po'.
-Non è come le altre...ha un colore diverso.- mi giro meravigliata verso il dottore.
-Ho visto, eppure qual è il problema? Perchè emarginarla? Il colore della tua pelle o del pelo, nel caso degli animali, non definisce la persona che sei. Sta a te decidere quale strada percorrere, buona o cattiva che sia. Anche le altre scimmiette hanno un colore diverso eppure sono tutte vicine, solo perchè il loro colore non cambia di molto. Ma togliamo per un momento i colori dal mondo...io, lei, tutti, siamo grigi. E, allora, qual'è la differenza? Rispondo io...nessuna, siamo tutti uguali. Non c'è bisogno di etichettare.- l'espressione dello psicologo diventa stupita. Apre la bocca per dire qualcosa, ma non esce altro che aria. Dopo svariati minuti mi pone una domanda.
-Cosa ti fa pensare tutto ciò?- e già, perchè lo penso?
-Semplicemente, siamo stati creati tutti alla stessa maniera e moriremo tutti ugualmente. I soldi non ti permettono di governare la vita delle persone, quindi perchè sentirsi superiori. Io ho due occhi, un naso, una bocca e due orecchie...ma anche tu e anche il resto della popolazione. Ora, cosa dovrebbe farmi pensare di essere superiore? Niente.- mi guardo le unghie...non dovevamo parlare del mio trauma?
-Sei una ragazza molto intelligente, Deni. Ora, perchè non mi racconti della tua giornata a scuola?- fisso per l'ultima volta la triste espressione della scimmietta per poi girarmi definitivamente verso il dottore.
-Sono ritornata a scuola dopo una settimana dì'assenza. In questi sette giorni le mie migliori amiche mi hanno cercato in tutti i modi, tartassandomi di messaggi e di chiamate. Io non le ho risposto perchè non volevo farle preoccupare, anche se questo le ha fatte agitare ancora di più. Oggi, appena arrivata a scuola, ho aspettato per un paio di minuti da sola. Pensavo stesse andando tutto bene, ma poi è arrivata Bekka. È corsa ad abbracciarmi ed io, invece di ricambiare, l'ho spinta via e mi sono rannicchiata vicino al cancello della scuola. Lei ha provato ad avvicinarsi di nuovo, di poggiarmi una mano sulla spalla, ma sono scappata dentro l'edificio. Anche le altre mi sono saltate addosso e ho avuto la stessa reazione. Tutte mi hanno guardato con sguardi interrogativi prima di tartassarmi di domande. Io, semplicemente, ho sorriso e ho detto che andava tutto bene. Nessuno, ovviamente, mi ha creduto. Durante la giornata ho chiacchierato normalmente con loro tenendomi, però, a distanza. Ci sono stati però dei momenti in cui la mia mente ritornava a quel pomeriggio e gli occhi si inumidivano. Michela se n'è subito accorta essendo la mia compagnia di banco. Mi ha posato una mano sulla gamba, facendomi scattare in aria. Ho subito chiesto di poter andare in bagno. La prof mi ha mandato, ma Michela mi ha seguito. Mi ha preso per il polso e mi ha trascinato in bagno. È stato come rivivere quel dannato episodio...quando mi ha portato nel locale abbandonato. Sono scoppiata in lacrime a metà strada, scongiurandola di non farmi del male. Lei mi ha subito abbracciato e cercato di tranquillizzarmi. Mi ha portato di corsa in bagno e ha chiuso la porta. Ormai la mia testa non riusciva a non pensare a quel pomeriggio. Michela mi si è avvicinata e mi ha preso il viso fra le mani. Ha cercato di farmi rallentare il battito cardiaco e, dopo svariati minuti, ci è riuscita. Mi ha stretto forte tra le sue braccia e mi ha accarezzato i capelli. In quel momento mi sono sentita al sicura, anche se per poco. Lei, però, non ha sentito ragioni e mi ha fatto raccontare cosa era successo una settimana prima. Io le ho raccontato tutto, mostrandole anche i lividi che porto sulle braccia e sulle gambe. I suoi occhi si sono riempiti di lacrime e mi ha stretto per l'ennesima volta a sè. Mi ha promesso che non lo avrebbe detto a nessuno e che, per ogni cosa, lei ci sarebbe stata. Per il resto della giornata è stata attenta ad ogni mio movimento, facendomi sorridere quando il mio sguardo diventava vuoto. Le altre mi hanno chiesto più volte cosa avessi ma lei ha semplicemente alzato le spalle all'aria. All'uscita tutte mi sono venute a salutare senza toccarmi pregandomi di fare una videochiamata quel pomeriggio. Io ho sorriso felice e le ho salutate. Solo Alice è rimasta con me  perchè facciamo la stessa strada insieme. Per i primi minuti non mi ha rivolto la parola, per poi chiedermi se fossi arrabbiata con loro.  Sono scoppiata a ridere...come potevo avercela con la mia seconda famiglia? Le ho sfiorato leggermente la mano e le ho sorriso, rassicurandola. Abbiamo parlato del più e del meno e, arrivati al nostro angolino delle chiacchiere, ha fatto una battuta...- Ovviamente alice non sa nulla, ma ripeterla fa ugualmente male.
-Dimmi...quale battuta ha fatto?- chiudo gli occhi mentre pronuncio quelle parole-
-Mi hai lasciato da sola per una settimana intera...potevano stuprarmi- ecco, l'ho detta. Tutto d'un fiato. Il dottore studia la mia espressione per un po', poi scarabocchia qualcosa sul suo taccuino.
-Hai parlato di lividi... posso vederli?- annuisco leggermente, alzando le calde maniche del maglione che indosso. I suoi occhi strabuzzano alla vista delle enormi macchie violacee.
-Come ti fa sentire questo?- chiede senza guardarmi.

-Sbagliata.-

***

-Ehi, bentornata Denise, siediti pure- mi accoglie il dottor Menico. Ricambio il sorriso e mi siedo come sempre sul lettino nero. Oggi sono di buon umore, infatti, non smetto di sorridere.
-Come mai così felice?- chiede entusiasta lo psicologo.
-Mi sono fatta abbracciare...Ci crede? Dopo un mese sono riuscita a farmi toccare da Bekka. Si, è stato breve perchè aveva paura che scappassi, ma sono rimasta. Le altre mi hanno accarezzato le braccia, invece, e sorriso quando hanno visto che sono rimasta al mio posto. Sono così felice...Non sono più un marchingegno da aggiustare!- risposndo entusiasta, alzandomi dal lettino.
-Vedo che la terapia sta funzionando...Hai portato il tuo diario?- annuisco contenta tirando fuori dalla borsa nera il piccola quaderno rosa.
-Bene, ecco la penna, ora puoi descrivere il tuo giorno felice...prosegui così tesoro, non farti abbattere da un ostacolo- si avvicina per toccarmi la spalla  ma ci ripensa. Del resto, è ancora troppo presto per essere toccati da qualcuno che si conosce appena.

Quel giorno sul suo fidato diario spuntarono piccoli disegni con il testo della sua canzone preferita.


SCUSATE SE È CORTO MA MI SERVIVA COME CAPITOLO DI PASSAGGIO...LO RILEGGO STASERA

I love you endlesslyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora