V Fase: L'Accettazione

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Che pace c’è qui. Si sente solo l’echeggiare del vento e il rumore del batter d’ali dei gabbiani.

Questa sensazione di pace ed immobilità mi riporta alla mente il mio barbiere.

Adesso ho le stesse sensazione che ho provato quando ci sono andato un paio di giorni fa.

Volevo concedermi  l’ultimo rito della mia vita prima di terminarla per sempre. Perché quando entro da Jack’s non c’è un semplice taglio, c’è molto di più. C’è un esperienza mistica, che ti appaga lo spirito.

Non interessa chi sei o che lavoro fai. Tutti aspettano da Jack. Tutti. Dal ragazzino del ghetto che vuole aggiustarsi la rasatura, al broker in abito griffato che è sempre con il cellulare. Tutti aspettano. Ma anche per questo è uno dei parrucchieri più frequentati del quartiere.

Quando c’entrai io l'ultima volta, il vecchio Jack mi accolse con il suo classico sorriso a trentadue denti che risaltava ancora di più la sua colorazione afroamericana.

«Ehi, bello! Anche tu dei nostri? C’è un po’ d’aspettare, mettiti pure comodo!»

Lo ringraziai con un semplice cenno della mano e mi sedetti sulle la stessa poltrona in pelle nera, risalente al dopoguerra, che mi accoglieva ogni volta.

Era una delizia vederlo al lavoro. Riusciva a fare tutto senza pecca, continuando a conversare amabilmente con tutti i presenti. Quando vedeva che la sala non rispondeva ai suoi stimoli, chiamava personalmente per nome tutte le persone più silenziose ed isolate.

«Ehi bello, qui lo puoi anche togliere quel cappellino!» mi disse, facendomi trasalire dal mio scrutarlo.

«Ho un po’ di freddo in testa, preferirei tenerlo.» gli risposi timidamente.

«Come vuoi, bello! Sei tu il capo, qui.» e al suo classico sorriso accompagnò un occhiolino accennato.

C’era un aria quasi surreale all’interno di quella bottega. Il silenzio non era opprimente o imbarazzante come quando si aspetta con dei perfetti sconosciuti il proprio turno in un posto qualunque. Tutti erano lì per godersi Jack e il suo show. Uno spettacolo fatto di battute, aneddoti e pettegolezzi sportivi.

Quando arrivò il mio turno, l’agitazione e il dolore accumulato nei giorni precedenti si affievolì.

Mi sedetti sulla grande poltrona nera distendendo i piedi sull’appoggio in acciaio.

«Allora bello… Facciamo il solito?» mi chiese Jack, mettendomi la mantella da taglio intorno al collo.

Senza pronunciare una parola, abbassai il capo facendo scivolare il berretto con le mani dalla testa e mostrando, a tutte le persone attonite nel locale, il mio cranio ricoperto dalle chiazze di capelli.

Jack si fermò un attimo e mi scrutò attraverso lo specchio davanti a me.

«Ho capito tutto… amico.» disse con fare paterno appoggiandomi una mano sulla spalla.

Anche per questo adoro andarci. Jack sa sempre come comportarsi. Sa quando ha per le mani un cliente difficile e sa come trattarlo per non farlo sentire come tale. Sa come farti sentire un suo amico.

Una volta finita la rasatura totale, mi guardai con ammirazione allo specchio, la prima volta dopo molto tempo.

«Grazie Jack, per tutto.» Gli dissi prima di mettere la testa lucida fuori dalla porta.

«Quindi alla prossima volta, bello?» mi chiese conoscendo già la risposta.

«Non contarci troppo amico mio. Addio, Jack.» Uscii senza guardarmi indietro e rimettendomi il berretto sulla testa.

Ora ero pronto.

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