capitolo 4~ Questione di empatia

91 11 1
                                    

Jane's pov

L'atmosfera è tesa, la pressione palpabile, nessuno ha molta voglia di parlare, Diana era molto ben voluta, certo, era una ragazza competitiva e a volte egocentrica, ma non aveva nemici particolari.
È passata una settimana dall'omicidio e Britney è tornata a scuola, gli occhi rossi e gonfi non sono i suoi, ha le iridi spiritate, i capelli raccolti in una crocchia disordinata, vestiti logori e fissa insistentemente il banco.
La preside ci ha informato che soffre di stress post traumatico e di non forzarla a parlare.
Questo però non ci ha tenuti lontani dal suo banco durante l'ora del professore di religione, quell'uomo è talmente vecchio e spaesato che non ci accorge di nulla.

-Ragazzi se non vuole parlare...- provò a dire Laura poggiando una mano sulla spalla di Britney.
Meggie in quel momento cominciò a piangere sbattendo le mani sul banco.

-Era la mia migliore amica, era come una sorella, i telegiornali non ne parlano e io voglio sapere cos'è successo quella sera!- strilla la ragazza mentre le lacrime rotolano dalle sue guance per finire sulle sue mani e sul banco.

- Signorina Crollis...- provò a dire il professore ma Meggie lo bloccò.

-È Collins!- urlò prima di uscire sbattendo la porta.
Scuoto la testa.
Britney si stringe nelle spalle mostrando il lungo taglio che ha sul viso: parte dall'angolo della bocca e finisce poco sotto alla guancia.

-Le ha detto che era una bugiarla e poi l'ha accoltellata - la dichiarazione ci fa voltare tutti.
Il professore si guarda intorno inquieto.

-Bene...potete uscire e parlare della vostra amica, condoglianze - prende la borsa e scappa facendo il segno della croce.
Usciamo subito dopo di lui e ci sediamo alcuni su un tavolo abbandonato proprio fuori dalla nostra classe e altri a terra con la schiena appoggiata al muro.

-Continua- Robert cerca di convincere Britney a parlare e lei dopo un tremulo respiro decide di continuare.

-Diana è caduta a terra, ho chiuso gli occhi, volevo urlare ma ero troppo terrorizzata anche solo per pensarci.
Poi lui si è chinato accanto a lei, sentivo di star per svenire mentre lo guardavo intagliarle le guance, era già morta quando ha terminato.
Ho capito che dovevo correre: mi sono tolta i tacchi e ho cominciato a fuggire, non facevo nemmeno caso alle strade che prendevo, lui mi era dietro, mi urlava di fermarmi e rideva, rideva come solo un pazzo potrebbe fare.
L'adrenalina mi ha abbandonata e le gambe hanno quasi ceduto.
Lui mi ha presa per i capelli e mi ha lanciata contro un muro- la cosa più inquietante è la monotonia con cui lo racconta fissando il muro lilla davanti a lei. - Mi ha detto che era finita, che mi aveva trovata.
Ha cominciato a tagliarmi una guancia e io ho cominciato a dibattermi, il suo corpo era caldo, come se avesse la febbre : sono riuscita a impormi e a correre via ancora. Mi sono nascosta in un bidone e sono rimasta lì fino alla mattina-.
Povera...

-Mi dispiace - Dottie l'abbraccia con il suo fare da vipera.
Lyn mi guarda e io annuisco.
Ci incamminiamo verso il nostro posto: il bagno del primo piano. È praticamente inutilizzato in quanto gli scarichi sono entrambi rotti e i lavandini otturati.

- Non sono riuscita a piangere per Diana, mi sento una merda - dice la mia amica salendo sull'alto davanzale aiutandosi con il termosifone che c'è sotto.
Caccia le sigarette dalla tasca e se ne accende una passandomi il pacchetto.

-Nemmeno io ho pianto, alla fine non la conoscevo - dico facendo spallucce prendendo una sigaretta a mia volta.
Mi sento in colpa perchè anche se non eravamo migliori amiche qualche volta parlavamo e lei era molto gentile e scaltra, caratteristiche che io ammiro molto nella gente.

- È il serial killer con le guance tagliate secondo te?- chiede Lyn.
La guardo come per chiederle se mi sta prendendo in giro.

-È ovvio- le rispondo giocherellando con il rubinetto.

-Uff... si era calmato un po' non capisco perchè ora abbia ripreso a mietere così tante vittime -.

-Forse sta cercando di tenere occupata la mente- azzardo.
Questa volta Lyn mi rivolge lo sguardo da "ma sei seria?".
Faccio spallucce.

-Mi stai dicendo che approvi?- chiede Lyn.

-No! Sto solo dicendo che... -Veramente non lo so neanche io, ma sento che dietro a questi omicidi c'è qualcosa di strano, qualcosa di forte che sia sofferenza, rabbia o entrambe non posso saperlo. Da quello che leggo sui giornali tutte le vittime sono decedute di morte violenta-.
Sono stupita di riuscire a credere una cosa del genere in quanto non sono mai stata una persona dotata di empatia verso i malati di mente in special modo, eppure è come se lo capissi, come se lo conoscessi.
Lyn mi guarda come per dirmi di continuare.

-Non lo so, sono inquietata da me stessa- le confido poggiandomi al muro mente un lieve mal di testa picchietta insistentemente il mio cranio dall'interno.

-Beh forse hai letto qualche articolo di qualche psichiatra- dice non dando troppo peso alla cosa.

-Può darsi... alla fine mia madre è una professoressa di psicologia, l'avrò sentita mente ripeteva qualche sua lezione -.

-Si,può essere -.
Cerco di aggrapparmi a questa convinzione.

-Non ho veramente voglia di dormire da sola oggi- commenta Lyn mentre usciamo.

-I tuoi non ci sono?-.

-No vanno dai miei nonni, nonno non è stato bene, volevano lasciarmi con zia ma io non ho molta voglia di stare con quella megera-.

-Beh, sai che sul mio materasso c'è sempre uno spazio libero per te - dico circondandole le spalle.
Lei ridacchia.

-Aspettavo solo che tu lo dicessi-.

Angolo me

Soo, non pubblico da forse un mese, sorry guys, but I'm here now.
Si vede che ho passato il pomeriggio a studiare inglese? No, bene.
Okay... vi voglio solo dire che se volete qualche chiarimento sarò felice di darvelo tramite commento o messaggio privato.
Hola!

Hate me: La faccia nascosta della luna (secondo libro)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora