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<<Madame. Madame, possiamo entrare?>>

Nessuna risposta.

<<Madame, siamo delle pulizie. Passiamo dopo?>>

Ancora una volta nessuna risposta.

Da quando la signora Sage Kane, ricca ereditiera e mecenate Australiana, soggiornava in quel hotel, la sua stanza veniva pulita ogni giorno alle 9 in punto come da lei richiesto al suo arrivo.

Ma quella mattina qualcosa era cambiato, nonostante fossero le 11:30, attaccato alla maniglia c'era ancora il cartello con su scritto "non disturbare", una cosa anomala che aveva spinto le cameriere a bussare insistentemente contro la porta.

Sage soggiornava all'hotel Pennsylvania da più di un mese, una donna abitudinaria, estremamente puntuale e ossessionata dalla sua agenda rossa che venerava come un testo sacro.

La sua vita si basava sul rispettare gli orari, qualsiasi cosa facesse, dalle più importanti a quelle più superflue, aveva un'ora di inizio ed una di fine. Rispettava qualsiasi impegno ci fosse annotato in quella agenda, rendendo la sua vita un robotico e programmato flusso di ore; non era da lei saltare la corsa mattutina delle 7 o la colazione alle 8.30, ma quella mattina, nessuno l'aveva vista varcare la porta dell'hotel o addentare il suo quotidiano cornetto alla crema.

Si pensò subito al peggio.

Erik, il responsabile dell'hotel in mancanza del direttore, allarmato dalle signore delle pulizie aprì la porta della stanza numero 33 e con sua grande sorpresa si trovò difronte l'ultima cosa che si sarebbe aspettato di vedere: il corpo senza vita di Sage Kane.

Le urla strazianti attirarono lì chiunque fosse in hotel, grida di terrore troppo intense da essere ignorate. Intense come la scena macabra che si presentò ai loro occhi.

La vittima distesa in una pozza di sangue, indossava ancora i vestiti con cui era rientrata la sera prima, un tailleur blu scuro di pregevole fattura con una grossa macchia rossa in pieno petto.

Tutt'intorno a lei c'erano le impronte insanguinate delle sue mani, Sage in piena agonia per la ferita al centro del torace, doveva aver provato a rialzarsi appoggiandosi al mobile alla sua sinistra e alla poltrona posta pochi centimetri dietro la sua testa, forse per chiedere aiuto o per difendersi dal suo aggressore.

Non c'erano segni di effrazione e non sembrava mancare nulla, i cassetti erano in ordine e gli oggetti in oro erano ancora nel portagioie vicino al suo letto; non si trattò di un tentativo di rapina finito male ma l'intento di chiunque fosse entrato in quella stanza era quello di uccidere, o almeno così disse la polizia appena arrivata.

La scena del crimine fu sgomberata confluendo il personale dell'hotel e gli ospiti nella hall, la polizia forense iniziò ad esaminare ogni millimetro di quella stanza in cerca di impronte o prove mentre il corpo della povera Sage varcava la porta in un sacco blu, l'ultimo colore che aveva indossato.

Gli agenti iniziarono a ricostruire l'accaduto.

Fino a quel momento avevano pochi pezzi per completare il puzzle, sapevano che la vittima era morta nella notte e probabilmente a giudicare dal vestiario, non molto dopo il suo rientro in stanza. Il colpo di pistola non le fu fatale e non l'esentò dal dolore atroce della ferita.

Non si conoscevano altri dettagli, né con chi fosse uscita quella sera né quale fosse il movente della persona che aveva premuto il grilletto. Ma soprattutto non si sapeva che fine avesse fatto l'agenda rossa e cosa contenesse di così importante da sparire.

Il caso risultò fin da subito complesso e fu affidato a Jason Holkman, un uomo sulla cinquantina che come i primi film di Hollywood era vestito in bianco e nero. Una persona rigida e seria, molto stimato nel suo campo, uno dei migliori secondo la cronaca locale.

Si vociferava che fosse stato scelto perché in grado di controllare e bloccare il flusso d'informazioni che arrivavano ai giornalisti, ma questa volta il detective venne meno alla sua reputazione; era scoppiata una bomba troppo grossa per non finire in prima pagina.

Jason iniziò gli interrogatori con Bruce Wilkerson, il portiere che quella notte aveva visto rientrare la ricca mecenate australiana, forse l'ultimo ed unico testimone.

Tra tutti era colui il quale aveva l'alibi più forte, quasi sicuramente innocente.

Ma spesso sono le cose impossibili a realizzarsi, e se fosse stato questo il caso?

MisSageWhere stories live. Discover now