Sean

547 2 0
                                    

Roma, 5 maggio 2012

È seduto su un divano rosso, che dà le spalle a un grande tavolo in legno, su cui è poggiato un portatile nero. In carica. Chiuso.

È seduto e sulle sue ginocchia ha un libro aperto. Gira una pagina. Distrattamente, perché si ritrova a rileggere lo stesso paragrafo. Per ben tre volte. Sbuffa, scontroso. E si stiracchia, voltando di sessanta gradi la testa così da poter lanciare un'occhiata al computer. Di sbieco, come se fosse una cosa casuale, non voluta.

«Torna a casa.»

«Sono a casa.»

«La smetterai mai di fare il bambino?»

«Perché non mi credi?»

Sbuffa di nuovo e torna a rivolgere la sua attenzione al libro. Infila un dito tra le pagine, per tenere il segno, e lo chiude, per rileggere il titolo. È in rilievo, con lettere rosso sangue che spiccano sulla copertina nera. The Hearts in the Eggs. Gliel'ha regalato Tom l'ultima volta che è stato a trovarlo. Suo fratello ha un humor nero che non ha mai compreso del tutto. Perché regalargli un libro che parla di uno psicopatico che vive solo altrimenti? Un uomo che, a un certo punto, ha mollato la propria vita, stravolgendo tutto?

«Che cosa stai facendo della tua vita, Sean?»

«Non lo vedi?»

«Onestamente? No!»

«Non è un problema mio.»

«Lo vedi che fai i capricci?»

«Capricci? Capricci?»

«Sean...»

«Questi per te sono capricci?»

Colpa della schizofrenia. Ma lui non è schizofrenico, è solo... libero. Libero di essere finalmente se stesso. Libero di non tornare indietro.

«Lo sai cosa voglio dire.»

«No, non lo so. Spiegamelo.»

«Dai, Sean...»

«No, adesso spiegamelo. Avanti.»

«È davvero questo che volevi quando ti sei trasferito qui?»

«Yep.»

«Che cos'è che hai costruito?»

«Ho un lavoro. Una casa. Una vita.»

Sì, si è costruito una vita, proprio lì, a Roma. A fatica, passo dopo passo. Ha trovato un lavoro, uno normale. È un professore, adesso. Insegna inglese presso la British School. Livello C1. Mica male, no? Tra l'altro ha le sue soddisfazioni. È persino rimasto in contatto con qualche ex allievo, che va a trovarlo, sporadicamente.

«Un lavoro e una casa.»

«E una vita.»

«Un lavoro e una casa.»

«Dobbiamo continuare così a lungo?»

Ha comprato una casa. Una bella casa in centro. Una casa grande, sviluppata più in altezza che in larghezza. La potrebbe definire una villetta. Ha anche un piccolo giardino. Non molto sofisticato, forse, comunque gradevole. Ha messo a frutto i soldi guadagnati nei sedici anni della sua precedente attività. Almeno è servita a qualcosa di buono.

«Ti rendi conto che sei solo?»

«Al momento.»

«Non parlo di una ragazza, Sean!»

«Ah no?»

«No. Lo sai che non mi hai mai parlato di un amico in tutti questi anni?»

Sobbalza, quando si sente toccare una gamba, ma è solo Kit, che reclama attenzioni. Accennando un sorriso, lo prende in braccio e se lo sistema accanto. Nel farlo, lancia un'altra occhiata al computer chiuso, ma la sua attenzione viene subito reclamata dal gatto, che, a pancia in su, sta facendo le fusa.

Kit. Doveva parlargli di Kit. Kit è sicuramente suo amico. La maggior parte delle volte, almeno, è sicuro di piacergli. E Kit non ha gusti facili. E non perché è un gatto, ma perché è proprio snob.

E invece non ha risposto a quell'ultima domanda di Tom. È vero, non si è fatto tante amicizie in quei sei anni. Nessuna amicizia stretta o duratura, almeno. Ma cosa può farci se i suoi colleghi sono tutti sposati e con figli? E se i suoi allievi sono troppo giovani?

Non proprio tutti, è vero. Qualche anno prima, ha anche avuto una storia con una sua ex studentessa sulla trentina, Ida. Una ragazza con le idee chiare e un sorriso simpatico. Il suo tipo, insomma. Ha avuto la sensazione che ci stesse provando con lui già durante il corso, ma è stato solo dopo aver avuto i risultati dell'esame che l'ha invitato a uscire.

Un invito ne ha tirato un altro e poi un altro. E alla fine, dopo due anni tutto sommato piacevoli, la rottura. Non che ci fosse qualcosa che non andava nella loro relazione. Semplicemente, Ida ha avuto un trasferimento in Inghilterra, a Brighton, e lui non se l'è sentita di tornare così vicino a Londra. Ida ha capito e se n'è andata senza clamore.

Non era l'amore della sua vita. Chissà se lo farebbe per l'amore della sua vita. Tornare indietro. Non si è mai soffermato a chiederselo. In fondo, l'amore della sua vita potrebbe anche essere un'italiana che vuole restare in Italia, no? Non tutti vogliono trasferirsi, c'è anche chi mette radici. Chi vuole restare.

«Non hai mai pensato che forse il problema sei tu?»

«Cosa stai cercando di dirmi, Tom?»

«Lo sai benissimo.»

Si porta la mano al foulard rosso che gli circonda il collo e giocherella nervosamente col nodo. Sì, l'ha capito benissimo cosa intendeva il fratello. E non gli è piaciuto.

«Ti nascondi dietro il vio...»

«Non nominarlo.»

«Violino, Sean. Violino.»

L'ha cacciato. Non poteva ascoltare oltre. Ma ora non riesce a smettere di pensare alle sue domande. S'infiltrano nei suoi pensieri, insistenti e rumorose come le gocce dello scarico rotto del bagno nel suo primo appartamento a Londra. Ogni tanto s'illudeva di averlo riparato, ma in realtà ne copriva solo il rumore con altri rumori.

Non ci riesce perché una parte di lui sente che Tom potrebbe aver ragione. Nonostante lo sdegno iniziale, si è ritrovato a chiedersi se davvero non sia in parte colpa sua. Se davvero qui a Roma ha solo una casa e un lavoro e non anche una vita, come crede. Se non dovrebbe provarci di più, sforzarsi di più, impegnarsi di più.

Sa anche come. L'idea gli è venuta grazie a un collega recentemente divorziato e ha il vantaggio di essere un modo semplice di socializzare. E gli consentirebbe anche di mettersi da parte qualche soldo in più. Cosa che, visto il suo stipendio da insegnante, gli farebbe comodo.

E non deve nemmeno socializzare per forza. Altro indubbio vantaggio. Può farlo quando vuole e se vuole. Ma potrebbe bastare a zittire allo stesso tempo la sua coscienza e Tom. Due piccioni con una fava.

Guarda il computer. Poi il libro. Poi di nuovo il computer. Sente la testa di Kit strusciarsi contro la sua coscia, come a incoraggiarlo. Chissà se il gatto lo sa, se l'ha capito anche lui. Se vuole dargli la sua benedizione.

Senza staccare gli occhi dal computer, si alza e va a sedersi al tavolo. Solleva il coperchio e guarda le parole che ha digitato ore prima sulla stringa di ricerca di Google.

Come redigere un contratto di affitto per un coinquilino.

Giocherella di nuovo col foulard, come per farsi coraggio. Dovrà tutelarsi, lo sa. Dovrà mettere delle clausole. Nessuno pensa alle clausole, ed è da sciocchi, perché sono così importanti. Ma avrà tempo per quello. Adesso deve solo premere invio.

Il Peso delle ParoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora