9. The Last Job

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  L' ultimo incarico. Quando Koll chiuse la zip del suo zaino sospirò appena, era davvero arrivato quel giorno, l'ultimo incarico. Una parte di lui era emozionata, sentiva che quello poteva essere l'inizio di una avventura nuova, poteva finalmente costruire un futuro tutto suo insieme a Seth. Ancora un altro sospiro, c'era l'altra parte però, quella che non smetteva di avere paura. Voleva essere forte per non fare preoccupare il suo compagno più del necessario ma la prospettiva che tutto andasse a puttane proprio l'ultima volta lo tormentava.
- Sei sicuro che non posso accompagnarti? – insistette Seth.
- Clayton è stato chiaro, solo io, è una questione estremamente delicata – ripetè Koll con un peso al petto, il cielo di San Pietroburgo non gli era mai sembrato tanto uggioso.
- Stai attento ti prego, qualsiasi cosa accada torna da me – mormorò il rosso poggiandogli un bacio leggero.
- Se non dovessi farlo –
- Koll – lo interruppe l'altro nervoso.
- Se non dovessi farlo – riprese il moro – hai i documenti e la carta di imbarco, chiama il mio contatto e prendi quel volo –
Poi con due lunghe falcate fu fuori dall'appartamento diretto verso il luogo d'incontro.
Si trattava di un grosso magazzino, nella zona industriale, la prima cosa che Koll notò avvicinandosi furono i furgoni degli uomini di Clayton. I fratelli Williams avevano affidato la faccenda alla sua squadra migliore ed in prima fila c'era proprio il capitano dell'operazione. La persona che Koll non riconobbe era quello accanto a Clayton, un tipo mingherlino, portava anche lui uno zaino.
- Koll! Adesso siamo proprio tutti – disse il sicario abbozzando un sorriso soddisfatto - questo è Tredici, ti aiuterà a ripulire i file del nostro cliente. Questa operazione deve essere finita in fretta e due teste sono meglio di una –
Il moro non ebbe nulla da ridire, si limitò a seguire gli altri all'interno dell'edificio dove li stava aspettando il cliente. Non c'erano molti dettagli su di lui, Oleg Kochev era un uomo di mezza età, si occupava di commercio in Russia da tanti anni e doveva essersi macchiato di qualche crimine di troppo e voleva che ogni traccia sparisse. Koll pensò che probabilmente contrabbandava armi o oggetti illegali, nella sua impresa di facciata possedeva diverse navi merce e quelle erano l'ideale per aggiungere bagagli extra a comuni carichi mercantili.
Quando il gruppo fece il suo ingresso nell'ultima sala, quella più sorvegliata e sicura, Koll capì che si sbagliava di grosso, che quella semplice faccenda era una valanga di merda, quell'uomo d'affari un po' losco era un abominevole figlio di puttana e che quello era il peggior ultimo lavoro che potesse capitargli.
Non notò subito le gabbie, prima venne sorpreso da piccoli gemiti strozzati, sembravano lo scricchiolio di una porta ma ascoltando attentamente capì che si trattava di singhiozzi. Poi spostò lo sguardo dall'uomo di fronte a lui e si concentrò sui lati più bui della stanza ed anche in lato su alcuni soppalchi, era impossibile non notare quelle gabbie. Una morsa afferrò il cuore di Koll come se potesse venirgli strappato dal petto, le sagome di quei ragazzini erano chiaramente percepibili nella penombra.
La grassa risata di Oleg risuonò tanto da far voltare nuovamente Koll a fissarlo.
- Scusate se vi accolgo qui ma è il posto più sicuro che ho, la mia piccola fortezza. Non fate caso a loro, gli orfanotrofi mi fanno un buon prezzo per le bocche in più da sfamare. È un mercato davvero conveniente e così giovani si rivendono che è una meraviglia –
Koll dovette trattenere nuovamente un conato di vomito, era profondamente disgustato in quel momento ma cercò di ricordare ancora una volta che non poteva permettersi stronzate, che quello era il suo ultimo incarico. Aveva promesso a Seth di tornare da lui, di vivere il resto della loro vita insieme e liberi da quel marcio, doveva riuscire a distogliere lo sguardo. Ma quando i suoi occhi incrociarono quelli di Tredici capì che tutto stava per prendere la piega peggiore possibile.
Il ragazzo aveva il volto intriso di rabbia, tremava mentre sentiva il vecchio vantarsi dei suoi affari fatti sulla pelle di bambini innocenti, bambini che nessuno avrebbe reclamato.
Koll lo disse, lo bisbigliò comunque perché doveva farlo ma sapeva che niente avrebbe impedito ciò che stava per accadere – Ti prego amico ... è il mio ultimo incarico –
Ma Tredici estrasse la pistola che teneva sotto il giubbotto e con un movimento troppo svelto perché qualcuno lo fermasse, piazzò la pallottola dritta nella fronte del vecchio Oleg.
Ci fu un istante di sbigottimento generale ma quando il corpo toccò terrà gli uomini russi avevano cominciato a sparare per vendicare il capo e salvare se stessi. Clayton e la sua squadra non persero tempo, risposero al fuoco mentre Koll trascinava l'altro dietro una pila di barili al riparo dai proiettili.
- Sei un fottuto pazzo! Lo sai cosa ti faranno? – sbraitò Koll scuotendo il ragazzo – che senso ha crepare così? Chi diavolo credi di salvare? –
Le urla e il rumore degli spari erano diventati assordanti, centinaia di proiettili vaganti avevano colpito anche i bambini che non si erano riparati abbastanza da quella folle battaglia.
- Tu ... non lo sai com'è – disse flebilmente Tredici – io e mio fratello eravamo come loro, orfani ... soli ... venduti –
Koll tacque, l'altro aveva ragione, anche lui era stato un orfano ma capì di essere stato fra quelli fortunati, certi momenti di orrore e miseria che aveva vissuto non erano paragonabili a quelli che l'altro aveva sopportato.
Ad un tratto calò il silenzio e Koll capì che la battaglia era finita, ma non per loro. Uscirono allo scoperto senza che nessuno li cercasse, Clayton era coperto di sangue e aveva lo sguardò più rabbioso e crudele che il moro gli avesse mai visto. Non proveniva un suono dal resto della stanza, solo i corpi ammassati degli uomini russi e quelli senza vita dei bambini che penzolavano dalle loro prigioni.
Tredici venne avanti e si mise in ginocchio, conoscendo già il suo destino, Clayton impugnava ancora la pistola e con due lunghe falcate fu proprio davanti a lui puntandogliela alla testa.
- Pezzo di merda – ringhiò - questo affare ci avrebbe fruttato milioni –
- Mi dispiace – mormorò il ragazzo – quella faccia doveva sparire ... questi bambini –
- Questi bambini sono tutti morti idiota bastardo – sbraitò Clayton – e ora li raggiungerai –
Fu in quel momento che lo udirono, quel flebile sussurro prima che tornasse il silenzio, il gruppo si guardò attorno guardingo e poi capì da dove provenivano quei flebili respiri.
- Ce ne sono due vivi qui, capo – disse uno dei soldati.
Due bambini erano rimasti illesi, la più grande teneva le mani premute sulla bocca del fratellino che tentava di trattenere i singhiozzi.
Tredici scattò gettandosi ai piedi di Koll che lo fissava sgomento – Salvali! Tu puoi salvarli, ti prego! Portali via, lontano –
- Sta zitto bastardo – riprese Clayton.
- Ti prego, c'è un mio uomo al municipio, posso farti avere nuovi documenti! – stava piangendo con una pistola puntata alla testa e supplicava per la vita di qualcun altro.
In quel momento Koll sollevò lo sguardo su Clayton e quello scosse la testa.
- Sono dei testimoni Koll, non ficcarti in questa merda, tornatene a casa e basta. Ce ne possiamo occupare noi –
Il cuore del moro si strinse ancora, non sarebbe riuscito a vivere con la consapevolezza di aver condannato quel bambini due volte, di non averli aiutati nemmeno adesso che poteva.
- Posso prenderli io Clayton. Farò in modo che non parlino, questa storia non verrà mai alla luce –
L'altro scosse la testa – ti facevo più furbo – i suoi occhi divennero incredibilmente minacciosi – se quei mocciosi spifferano qualcosa, se veniamo ricollegati alla sparizione di quel tipo, se ho solo il sospetto che qualcosa di losco sta accadendo alle mie spalle, vengo a prendervi Koll. Tutti quanti, te , il tuo adorato ragazzo rosso e questi due mocciosi del cazzo. Vi prendo e vi squarto, vi riduco in modo tale che non vi riconosca nemmeno Dio chiaro? –
- Non sentirai mai più parlare di noi Clayton –
A quel punto concesse a Tredici di chiamare il suo contatto e informarlo della situazione in modo che potesse creare i nuovi documenti per Koll, poi sparò in testa al ragazzo senza battere ciglio e lasciò l'edificio.
Koll si avvicinò alla gabbia e sorrise debolmente ai due bambini rannicchiati al suo interno, aprì la serratura e li avvolse nel suo cappotto, fuori aveva iniziato a piovere.

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