...dove è preferibile stare in una cella d'isolamento
Arianna
Nonostante la nostra litigata, stamattina Jonathan si è alzato presto e mi ha fatto i pancakes. Non è il mio compleanno, ma li ha preparati comunque e quando sono arrivata in cucina stava canticchiando.
L'ho osservato a lungo, pensavo di vederlo felice, ma non lo era. Si era sforzato di sembrarlo per me, forse ha capito quanto sono a terra. Non gli ho detto il motivo, l'ho confessato solo nella lettera che ho inviato a Londra, a Greta. Ne ho mandate alcune in questi ultimi tempi, ma non ho mai ricevuto risposta. Non so se la mia amica le abbia ricevute o siano andate perse, ma a me fa bene sfogarmi sulla carta e pensare di parlare con lei. Ho deciso quindi che continuerò, finché questa cosa servirà a me per sopravvivere alla delusione della vita.
Perché Jonathan non va da lei?
Perché non va a riprenderla?
Perché Steve non torna da me?
Mi sfugge una lacrima, che scaccio con il palmo. Alzo gli occhi e mi trovo davanti alla scalinata che immette un fiume di studenti dentro il grande edificio in mattoni a vista che è l'High School.
Le settimane dopo un'estate tanto emozionante sono come trovarsi in carcere dopo una vita da fuorilegge: una noia mortale.
Tornare tra i banchi, vedere le solite facce, ascoltare i soliti discorsi e vivere le solite gerarchie è una condizione alla quale farò fatica ad abituarmi, dopo aver conosciuto qualcuno che mi era amico davvero.
Questo non sarebbe neanche così tragico se smettessi di fare la guerra a me stessa, colpevole di essere ancora un'adolescente per nulla smaliziata.
Osservo le altre e, da come si muovono, capisco che hanno una cognizione del loro corpo che io non ho. Lo usano per comunicare e quello che dicono è Guardate, sono bella, intelligente e disponibile. Io mi muovo come se fossi dentro a un sacco di iuta per risultare trasparente alla quasi totalità dei presenti.
Così mi sposto solitaria per i corridoi della scuola, guardando per terra e stringendo al petto qualche libro, come schermo contro il mondo intero. Mi fermo quando ho raggiunto il mio armadietto, maledicendo la mia sfortuna, non sono mai riuscita ad averne uno che fosse aggiustato e si aprisse con facilità.
Il colpo che infliggo all'armadietto, che come al solito non si apre, è così deciso che rimbomba in tutto l'atrio.
«Ciao.»
Il secondo colpo è più forte del primo, ma non sortisce nessun effetto. L'armadietto rimane chiuso, mentre maledico la combinazione che tengo salda tra le dita, visto che non l'ho ancora imparata a memoria.
«Ciao.»
Questa voce mi è sconosciuta e fingo di non averla sentita, continuando a essere immersa in una concentrazione a dir poco eccessiva per quello che sto facendo.
Vengo presto raggiunta, però, dalla mano di un ragazzo che la appoggia sulla mia.
«Posso aiutarti?»
Questo contatto mi obbliga ad alzare lo sguardo su di lui. Una leggera intonazione straniera di cui non capisco l'origine e due profondi occhi marroni mi scrutano in attesa della mia risposta. Affronto i suoi occhi e li scopro troppo simili a quelli che mi hanno abbandonato per tornare a Londra, quelli della mia migliore amica. Sembrano un pezzo del manto di questa terra.
Per un attimo mi trovo spiazzata come davanti a un miracolo. Perché lo so che non è possibile, ma mi sento come se avessi trovato la strada di casa.
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Esitate in Love #2 libro della Slidingloveseries pubblicato
ChickLitQuesto è il secondo libro della serie. La prima storia è Sliding in Love e la potete trovare su Amazon. Vivi rispettando le tradizioni rispettando le regole rispettando solo te stesso Senti il richiamo della terra del cuore dell'amicizia Esita il...