-Ci vogliono due sedie-dice Maria, mentre mi accuccio e cerco di scaldarmi.
Non voglio pensare.
Non devo pensare.
-Andreas, grazie-
Mi rialzo lentamente.
Cerco di prendere tempo.
Ti vedo entrare con la sedia e sederti.
Mi aspetti lì.
Ma io dimentico persino come raggiungerti, come si cammina.
I pensieri mi fanno barcollare, talmente sono forti.
Cerco di nuovo il tuo sguardo per trovare equilibrio.
Mi sorridi.
Mi dici "ce la fai."
Ti rispondo che non lo so.
Ripeti "ce la fai", e capisco che non era una domanda la tua.
E che non c'è via d'uscita.
-Tu ce la fai?-
Fai sì con la testa, concentrato, e gonfi il petto.
Respiri profondamente.
Respiro anche io.
Maria mi chiede se sono pronta.
Le direi che piacerebbe saperlo anche a me, se sono pronta.
Le Dico di no.
No che non lo sono.
Dico che non la ricordo.
Perché veramente non la ricordo e non posso, non riesco, davvero a pensare a niente.
Poi dico a me stessa che ci provo.
Infilo una mano nei capelli.
Inspiro profondamente.
Allargo le braccia.
Mentre aspetto l'attacco ondeggio un po'.
Cerco di riempire i vuoti, i secondi, prima che la musica inizi a riempire ogni spazio.
Sento la tua mano afferrarmi il polso sulla prima nota.
Mi siedo su di te.
Ti sento tremare, mentre mi stringi.
Hai le mani fredde.
Hai paura quanto me ed eviti il mio sguardo.
Ti prendo il viso tra le mani e ti costringo a farlo.
Mi allontano da te.
Poi torno.
E c'ho meno paura di toccarti, di farti male.
Di farmi male.
Sbatto forte i pugni sulle tue cosce.
Mi attiri a te.
Torno a sedermi su di te, e su di te mi lascio andare.
Ti sfioro la nuca mentre infili la testa nell'incavo del collo e mi sfiori la pancia, salendo verso il seno.
Sei controllato.
Stai attento ai particolari.
Dosi la forza, le strette.
Mi tocchi con delicatezza, ma io mi sento talmente leggera che basterebbe un alito di vento a farmi crollare.
Mi butto a terra.