10. La parte migliore di me

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Aurora

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Aurora.

Ormai anche alle feste non riuscivo più a lasciarmi andare come accadeva di solito. Ogni cosa, di colpo, mi sembrava fin troppo futile e superficiale.

Non capivo più perché bisognava per forza ubriacarsi per sentirsi forti e invincibili.

Quella sera, trovandomi all'ennesima festa uguale a tutte le altre, non potei fare a meno di scrutare uno per uno i ragazzi che mi circondavano. Tutti erano troppo impegnati a organizzare giochi alcolici e a fare gli scemi per mettersi in mostra. Lo stesso Samuel aveva smesso di considerarmi non appena avevamo messe piede dentro casa, perché come sempre i suoi amici idioti avevano la precedenza su di me.

Stavo iniziando a sentirmi fuori posto.

Avevo sempre avuto la presunzione di valere più di altre persone solo perché potevo permettermi un paio di scarpe firmate o un cellulare ultimo modello. Negli anni mi ero convinta che essere popolare fosse la massima aspirazione alla quale avrei sempre dovuto puntare, per poter essere qualcuno nella vita.

Capii che non poteva esistere menzogna più grande.

Allora tutta la mia vita era stata questo? Un'insulsa bugia?

Non mi resi nemmeno conto di aver consumato così in fretta la sigaretta che stavo fumando, ben stretta tra le dita. Stavo appoggiata alla ringhiera del terrazzino e tenevo gli occhi chiusi, beandomi di quella leggera brezza autunnale che mi stava solleticando la pelle.

Sentii un profumo familiare che entrò dentro le mie narici. Quello stesso profumo che ormai avrei potuto riconoscere tra milioni. Lo stesso che iniziò a farmi battere il cuore più forte del normale.

«Ehi, va tutto bene?» chiese, con quel suo tono di voce che sarebbe riuscito a tranquillizzarmi anche se fossi stata in pericolo di vita.

Aprii gli occhi e girai la testa verso di lui, che intanto aveva appoggiato entrambe le mani alla ringhiera e mi guardava, cercando in qualche modo di decifrare tutti i miei pensieri.

«Non proprio... stasera vorrei essere ovunque tranne che in mezzo a quella massa di caproni che si ubriacano e fanno gli idioti. E io inizio a rompermi le palle, tutto mi sembra così stu-» le parole mi morirono in gola rendendomi conto che, senza nessun preavviso, Totò aveva poggiato una mano sulla mia guancia e mi stava baciando, facendo frantumare l'ultima certezza che credevo mi fosse rimasta.

Avevo passato gli ultimi otto anni a odiare ed escludere dal mio mondo l'unica persona che avrei voluto accanto a me.

Quel bacio a fior di labbra, dato per rassicurarmi da tutti i miei tormenti interiori, mi mise davanti all'evidenza che la vita patetica l'avevo vissuta io, non lui.

Era sbagliato quello che stavo facendo a Samuel, ma ormai ero così assuefatta da Salvatore Parisi che neanche riuscii a pensare che avrebbe potuto vederci insieme.

La Guerra tra di NoiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora