41. Tormenti del passato

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Damiano

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Damiano.

Continuavo a vivere ogni cosa come se fossi uno spettatore esterno.

Ero fermo in un angolo, a osservarmi mentre mi piegavo sulle ginocchia e portavo le mani tra i capelli, disperato per la notizia che l'infermiera mi aveva appena dato.

Ginevra era sotto i ferri, appesa a un sottilissimo filo tra la vita e la morte.

La mia preziosa gemma era da sola su quel lettino gelido della sala operatoria, e stava lottando con tutte le sue forze per restare in vita.

Il mio cervello era andato in blackout dall'esatto momento in cui l'avevo vista passare accanto a me, mentre mi supplicava di non seguirla e mi chiedeva di aspettarla sul marciapiede dove mi trovavo.

Avrei dovuto fermarla.

Avrei dovuto baciarla.

Avrei dovuto abbracciarla.

Invece tutto quello che mi era rimasto era la scia del suo profumo alla vaniglia, che aveva invaso le mie narici prima che lei attraversasse quella merdosissima strada.

"Avrei dovuto salvarti, amore mio. Dovevo prima dirti che sono pazzamente innamorato di te e che ti voglio portare in giro per l'Europa, quando avrai dato alla luce il bambino che porti in grembo. Voglio che tu sia presente a ogni mio concerto, a fare il tifo e a cantare le mie canzoni. Ho bisogno di sapere che stai combattendo per noi".

Non mi resi neanche conto di essere seduto su una piccola poltroncina della sala d'aspetto. Totò mi aveva di sicuro portato lì mentre nella mia testa deliravo senza sosta.

«Fra', respira. Ginevra è una guerriera, ce la farà. Sono certo che ce la faranno, lei e il bambino.»

«Se la perdo, io mi ammazzo» dissi, senza riuscire a controllare le parole.

Avevo risposto di getto, dando ascolto a quella parte di me che avevo sotterrato negli anni. Quella stessa parte che un tempo mi aveva lacerato l'anima, fino a farmi commettere delle azioni spaventose che non avrei mai voluto riportare alla luce.

«Damiano, devi calmarti. Io sono qui, accanto a te, come tu lo sei stato con me quando credevo anch'io di essere arrivato al limite. Sono al tuo fianco, qualsiasi cosa accada».

Qualsiasi cosa accada.

Io, però, non volevo accadesse proprio nulla.

Rivolevo solo la mia Ginevra. Non mi importava neanche del bambino. Egoisticamente, io pensavo solo a lei e a quanto mi avrebbe distrutto non poterle dire tutte quelle cose che non avevo ancora avuto il coraggio di esternarle.

Yvonne era stata una scottatura troppo forte. Quando mi aveva lasciato, attraverso quel vetro che ci separava, ero sicuro di aver chiuso a chiave qualsiasi via di accesso per il mio cuore.

La Guerra tra di NoiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora