35

296 32 0
                                    

Valentina lo aveva scoperto, aveva scoperto che avevo letto una pagina del diario di sua sorella.
E non me lo aveva lasciato passare.
E io ero stata la solita codarda.
Spaventata dalla sua reazione, quando mi aveva chiesto di alzarmi mi ero limitata a farlo.
Ero sparita dalla sua vista, proprio come mi aveva invitato a fare, come se non me ne importasse.
E invece mi importava, perché Valentina mi aveva salvato, e poi protetto, ma soprattutto accettato me e la mia timidezza.
Il mio mondo. Il mio cazzo di mondo, come lo aveva definito lei.
E non a torto, perché in quel momento pure io mi ero resa conto di odiare la città dei castelli di nuvole.
Arrivata in classe raccolsi le cose da sotto il mio banco infilandole senza preoccuparsi del fatto che si potessero rovinare nello zaino.
Non è reale, niente di quello che c'è su quei fogli è reale. Sono solo proiezioni mentali: di me, di quella che vorrei fosse la mia vita, del mondo che ho intorno. Il mio piccolo universo ideale, fatto di sole cose. Ma il mondo vero è di persone, non di cose.
Non è fatto di castelli tra le nuvole, e l'amore, l'amicizia, i rapporti ideali, si fermano all'ultima pagina dei libri.
Sulle pagine. Sui fogli appunto.
Decisi di mettere lo zaino dove c'è il banco più esterno, quello di Francesca
Lei tanto sotto aveva solo una spazzola, uno specchietto portatile, una matita, e uno sporchissimo panno per occhiali.
Gli avrei spiegato tutto con calma, mi sarei asciugata le lacrime e gli avrei raccontato quale fosse la situazione.

"Lidia perché sei nel mio banco?" domandò tranquilla quando entrò sola nella classe.
"S-se non ti dispiace vorrei fare cambio.. ho già preso le mie cose" proposi tra un singhiozzo e l'altro. "Hai pianto?" sì incuriosì preoccupata piegandosi sulle ginocchia un po' come quando si deve parlare a una bambina.
"Ho litigato con Valentina.. ha detto che non mi vuole più vedere.. quindi forse è meglio se vengo io qui e tu lì.." tentai di spiegare.
"Avete litigato?! Tu e Valentina?! Ma perché?!" si stupì lei.
"Perché..." iniziai io, bloccandomi poi quando vidi la ragazza dai lunghi capelli di fuoco profilarsi alle spalle di Francesca.
"Perché ha scambiato il diario mia sorella per un cazzo de romanzo" esordì con tono secco.
"Tua sorella ha un diario? O dovrei dire aveva? O cielo sto a fà un casino" esclamò incredula ottenendo un'occhiataccia da Valentina.
"Ecco vedi? Manco sapevi che esisteva! Pensa se quell' impicciona de Lidia se lo poteva legge'"
A quel punto mi feci coraggio e provai a far valere le mie ragioni.
"Vale adesso stai esagerando però, da come lo racconti sembra che l'ho letto tutto quando in realtà mi sono solo letta mezza pagina per sbaglio!" mi lamentai ad un tono di voce molto più alto per il mio solito. "Ecco vedi Frà? Lo dice come se fosse niente! Ce manca poco che se ne vanta!"
"Valentina so che sei arrabbiata con lei e che ha sbagliato.. ma semo tutti umani no?"
"C'hai ragione. Semo tutti umani. Io compresa. Lidia rimani pure su questo banco perché ce ne annamo noi." sentenziò.
"Ma.." mormorò Francesca, subito zittita da uno sguardo dell'amica.
Valentina si allontanò con le sue cose dal banco e si avvicinò all'ultima fila nel lato opposto della classe, dove c'erano giusto due banchi vuoti.
"Francesca! Spicciate!" la chiamò.
La riccioluta fece cadere i suoi lunghi capelli biondi sul banco e mi strinse la mano, come per dirmi che da un lato mi stava ancora vicino, poi, dopo aver preso le sue cose da sotto il banco, mi abbandonò sulla sedia a finire le lacrime.
Avete presente quando da bambini giocavamo con le biglie?
Ecco, immaginate che ogni biglia sia qualcosa di cui ci importa molto, e che la pista sia la nostra vita, dall'arrivo al traguardo, con salite e discese, con scorciatoie e ostacoli che ti sbarrano la strada.
E tra questi ostacoli troviamo le buche, quelle un po' bastarde, troppo poco profonde perché tu possa permetterti di barare tirando fuori la biglia con la mano.
"Magari se gliene tiro contro un'altra molto forte quella salterà e uscirà dalla buca"
A questo ragionamento ci siamo arrivati tutti.
Questa è la prova di come spesso pur di salvare una relazione, pur di non perdere qualcosa a cui teniamo, mettiamo in ballo qualcos'altro altrettanto importante, dando per scontato che riavremo entrambi.
E invece no, perché una biglia esce dalla buca spinta dall'altra che ci entra dentro.
E io avevo fatto proprio così.
Per salvare la biglia "Ethan" avevo lasciato che nella buca cadesse quella di Valentina.
E questa non l'avrei recuperata nemmeno volendo, perché non avevo altre biglie prima di quell'ostacolo.
Nemmeno una potenziale biglia "Lidia" perché non ricordo l'ultima volta in cui mi sono considerata importante.
Anche se volessi non avrei un orgoglio da sacrificare per chiedere scusa, perché non ho un orgoglio in generale.
Intanto la lezione era iniziata da un po' e nemmeno me ne ero accorta, come sempre quando avevo qualche pensiero cupo in testa.

La professoressa di greco stava balternado nemmeno so cosa con il suo solito ed apatico tono cantilenante. Faceva prendere sonno meglio del cloroformio senza essere cancerogena. Invece di farla stare dietro una cattedra, dovrebbero venderla in pasticche degliutibili. Interruppe il suo rosario e si spostò con lo sguardo verso una ragazza con un cappuccio nero in testa che stava andando avanti da mezz'ora a chiaccherare con la vicina di banco. "Di Santo?" la chiamò, e subito il suo esile corpo si girò nella sua direzione. "Si prof?" aveva una bella voce, non ci avevo mai fatto caso. Ma del resto, io con lei non ci ho mai parlato in vita mia. So solo il nome, il cognome, e che ha più lentiggini che capelli. "Tralasciando che devi toglierti quel dannato cappuccio, vorrei informarti che ho deciso di cambiarti di banco." sentenziò la professoressa. "E daje prof! Ancora è novembre, er banco se cambia a Gennaio!" protestò lei. "Di Santo, l'italiano." rispose lei spocchiosamente. "Che lo usi anche lei allora! Che di greco antico non ci capisco na..ehm..nulla" mugugnò mentre si toglieva il cappuccio. I suoi lisci capelli castani erano scompligliati, ma in quel momento non sembrava curarsene. "Tu Di Santo il greco lo capiresti benissimo se non chiaccherassi..mmhh.. vediamo chi non parla mai.. Curra!"

Improvvisamente mi rizzai sulla sedia. "Per te va bene Curra se la compagna si sposta là?" Quello che volevo dire è che sarei stata meglio sola. Ma quello che dissi puoi, fu solo un fiebile si.

Shy Love Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora