Il mio San Valentino all'insegna della morte - Parte 2

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Marinette non seppe dire con certezza quanto tempo passò. Quando riprese conoscenza il salone era immerso nel buio e c'era un silenzio quasi inquietante. Si mosse leggermente, sentendo un grande peso gravare su di lei e alzò la testa, prendendo una boccata d'aria e intonaco.
Tossì la polvere andatale di traverso e tastò con mani incerte ciò che le stava sopra, affondando le dita nelle pieghe della stoffa di una camicia, su un paio di fianchi senza dubbio maschili. E per un attimo Marinette ebbe davvero paura.
Aprì gli occhi esitante, attenta alla polvere che aleggiava nell'aria, e la prima cosa che incontrò furono delle lunghe ciocche di capelli che le bloccavano parte della visuale; impossibile non sapere di chi fossero.
- Sq-Squalo...? - annaspò, con voce roca e il respiro soffocato. Le bruciavano tantissimo la gola e il petto e sentiva delle dolorose fitte al ginocchio destro; la gamba sinistra era quasi completamente addormentata. Dal ragazzo, però, non ebbe nessuna risposta. - Ehi! Squalo! - esclamò, a voce più alta, iniziando a sentire il panico farsi strada dentro di lei e mettere tutto il resto in secondo piano: se gli fosse successo qualcosa per colpa sua non se lo sarebbe mai perdonata.
Dopo pochi attimi, però, un lieve gemito si levò da un punto vicinissimo al suo orecchio e Squalo si mosse leggermente.
- Quanto sei rumorosa... - mormorò, facendo scorrere le braccia da sotto la sua schiena per poggiare le mani sul pavimento e fare leva, cercando di alzarsi - ...ci sento benissimo - ricordò, alzando il viso sul suo: nell'impatto i capelli erano scivolati via dall'elastico, lasciandoli ricadere sciolti oltre le sue spalle, sfiorando il pavimento e il volto della ragazza. Marinette vide un angolo della frangia, sulla sinistra, sporco di sangue e si allarmò.
- Sei ferito! - constatò, alzando una mano per scostargli i capelli e scoprendo così un lungo taglio sulla fronte, che scendeva fino allo zigomo.
Squalo si sottrasse dalla sua presa, voltando lo sguardo di lato - È solo un graffio - tagliò corto.
Marinette strinse le labbra, stizzita - Anche quello è solo un graffio? - chiese, gelida, indicando la spalla sinistra del ragazzo: la camicia nera era squarciata e macchiata di sangue.
- Sto bene - rispose lui, evasivo, benché fosse pallidissimo in volto - Usciamo di quì. -
Marinette all'inizio non capì cosa intendesse poi guardò meglio oltre la spalla di lui e gelò: non se n'era resa subito conto ma erano parzialmente sepolti dalle macerie, probabilmente era crollato loro addosso l'intero soffitto. Ma se lei se l'era cavata con qualche fitta alle gambe, Squalo aveva preso tutto il peso su di sé avendole praticamente fatto da scudo col proprio corpo.
- Come pensi di... - annaspò lei, senza più voce per finire. Squalo, però, afferrò i cumuli che gli gravavano sulla schiena con entrambe le mani e, aiutandosi con le spalle, fece sfoggio di una forza che non ci si sarebbe mai aspettati dalla sua corportatura esile, riuscendo ad alzarli di qualche centimetro buono, non senza sforzo.
- Esci - ringhiò, quando si rese conto che lo spazio era sufficente a farla scivolare via - Sbrigati! - aggiunse, non vedendola muoversi.
Marinette esitò, poi si alzò sui gomiti sgusciando da sotto il suo corpo e si mise in piedi. Cercò quindi di aiutarlo ad uscire, sebbene con qualche difficoltà: una sola mossa falsa e sarebbe rimasto lí sotto.
- Sei sicuro di stare bene? - domandò, aiutandolo ad appoggiarsi ad una parete ancora intatta, e inginocchiandosi accanto a lui.
- Sì - ripeté lui, con un sospiro - Tu? Sei ferita? -
Marinette esitò - No - rispose - Sto bene - poi si guardò intorno: il salone era ingombro di macerie e tavoli, una grossa voragine aveva preso il posto del soffitto, le scale e la porta d'uscita erano bloccate. Non vi era nessuno. Si portò una mano alla borsetta ed aprì la zip, controllando che Tikki stesse bene: il Kwami sembrava stordito ma le regalò un sorriso rassicurante, per dire che stava bene.
- Siamo bloccati qui? - sospirò Squalo, incredulo. Marinette fece vagare lo sguardo per la sala.
- No, la porta della cucina è libera - notò.
- Vuoi farti un panino? - chiese Squalo, scettico. La ragazza gli rivolse un'occhiata seccata.
- La cucina ha il montacarichi - spiegò - Possiamo salire ai piani superiori e cercare un'altra uscita - aggiunse, alzandosi e porgendgli la mano - Ho affrontato abbastanza akuma in questo hotel da conoscerlo meglio dei proprietari - abbozzò un sorriso.
Squalo esitò, poi afferrò la mano che gli veniva offerta e si alzò. Marinette lo vide sbiancare di colpo e piegare il busto in avanti, imprecando a denti stretti quando si portò una mano alla base della schiena.
- Cosa? - domandò lei, allarmata, avvicinandosi per sorreggerlo.
- Niente - ringhiò lui, con il fiato corto, provando a mettersi di nuovo dritto ma era palese che ci fosse qualcosa che non andava.
- Ti fa male la schiena? - insisté Marinette, portando una mano su di essa.
- Ho detto che non è nien... - ripeté lui, cercando di sottrarsi alla sua presa, ma la ragazza lo trattenne per l'orlo della camicia iniziando ad innervosirsi.
- Piantala di fare lo stupido! - sbottò, con veemenza.
- Esiste una cosa chiamata orgoglio maschile - rispose lui, restìo.
- Io la chiamo idiozia - lo rimbeccò lei, facendosi passare il suo braccio sano dietro il collo e sorreggendolo per la vita - E ora cammina! - ordinò, guidandolo verso l'altro lato della sala. Squalo borbottò qualcosa, riluttante, ma arrancò dietro lei, leggermente instabile sulle proprie gambe.
Marinette aprì le porte della cucina con un piede, notando il caos che vi era all'interno, e trascinandosi fino al montacarichi.
- Angusto - commentò il ragazzo, alzando la saracinesca sul piccolo ascensore nella parete.
- Non è fatto per trasportare persone - rispose Marinette - Ma io e Chat lo abbiamo usato diverse volte e non è così scomodo - disse.
Squalo inarcò un sopracciglio - Certo... se non sei alto un metro e ottanta - ricordò, sarcastico.
- Dovremmo arrangiarci - sospirò lei - Vai prima tu - aggiunse, sfilandosi dalla sua presa.
- Stavo per dirlo io. -
- Non ricominciare. Sali! - lo ammonì la ragazza, minacciosa. Squalo sembrò sul punto di ribattere, infine sbuffò e si infilò nel montacarichi, rannicchiandosi dolorosamente per riuscire ad entrarci. Marinette pigiò il pulsante sulla parete e lo vide sparire oltre il soffitto; meno di due minuti dopo, l'ascensore tornò giù.
Si tolse le scarpe e chiuse i centurini, legandoli al filo della borsetta, poi s'infilò nel montacarichi e diede un colpetto al bottone. Quando l'ascensore si fermò, si ritrovò nel corridoio del quarto piano: Squalo era poggiato allo stipite di una delle porte di fronte ma non era solo.
La ragazza spalancò gli occhi, stupita, quando scorse la figura di un ragazzo infilato in una tuta nera uscire dalla camera con un fazzoletto bagnato in mano.
- Chat Noir! - esclamò. L'eroe alzò gli occhi su di lei, sentendosi interpellato, e sorrise.
- Ehi! - salutò, facendo un cenno con la mano, porgendo il panno a Squalo - Situazione pericolosa, eh? - commentò.
Marinette fece una smorfia, osservando il ragazzo pulirsi la ferita sul viso, e sospirò - Molto - acconsentì in un mormorio, sporgendo le gambe oltre la finestrella e scendendo con un salto. Appenna poggiò i piedi nudi sul tappeto, però, il vestito le rimase impigliato nella saracinesca, alzandosi. Marinette arrossì violentemente e si abbassò la gonna di scatto.
- Non guardate! - ordinò, abbassando lo sguardo.
I due ragazzi erano rimasti impietriti sulla soglia, ma se Chat aveva voltato lo sguardo di lato, Squalo si era limitato ad aggrottare la fronte.
- Non ho visto niente! - borbottò l'eroe, portandosi le mani davanti al viso con un'accenno d'imbarazzo sulle gote.
- Hai davvero le mutande con le coccinelle? - chiese Squalo, perplesso.
Marinette sgranò gli occhi, incredula - Squalo! - esclamò, indignata.
Il ragazzo si tolse il sangue dalla fronte, indifferente - Tanto si è visto tutto - informò.
- Ma... non... - balbettò lei, allucinata - ...non c'era bisogno di fare commenti al riguardo - mormorò, imbarazzatissima.
Squalo alzò gli occhi al cielo - E poi ti lamenti se ti chiamo mocciosa. -
- Chiamasi pudore! - lo rimbeccò lei, stizzita.
- Io mi riferivo alle coccinelle - rispose lui, come se fosse ovvio.
Marinette lo guardò malissimo, ma prima che potesse rispondergli per le rime Chat intervenne, schiarendosi la gola - Per quanto la conversazione possa essere interessante, e non dubito che lo sia, non penso che sia saggio restare quì - disse, attirando l'attenzione - L'Akuma è ancora in giro e potrebbe essere pericoloso per voi. -
Squalo alzò le sopracciglia in un espressione scettica e Marinette sospirò - Giusto - intervenne, con fin troppa enfasi, avvicinandosi a Squalo e afferrandolo per il braccio, aiutandolo a reggersi - Quindi... tu vai pure a fare il tuo lavoro mentre noi... usciamo di quì, eh - sorrise, allegra, tirandosi il ragazzo nel corridoio, ma non fecero due passi che Chat si parò dinnanzi a loro.
- Lasciate che vi accompagni, almeno - si offrì - Le uscite principali sono bloccate, ma le scale antincendio non sono lontane. -
I due ragazzi si scambiarono un'occhiata, titubanti - Ehm... non ce n'è bisogno, davvero... - iniziò Marinette.
- Senti, posso capire che la tua vena da supereroe t'imponga di fare il buon samaritano, ma alla mia età penso di poter benissimo badare a me stesso e ad una ragazzina - sbottò Squalo, spazientato. Marinette gli tirò una gomitata.
- Squalo, piantala! - lo ammonì, con un'occhiataccia.
Chat sembrò un tantino turbato - Io non volevo assolutamente... - mormorò, incerto.
- Perdonalo, Chat... è fatto così, non ci si può far nulla - sospirò Marinette, rassegnata.
- Voooi! Che cosa vorresti dire con questo? - esclamò lui, voltandosi a guardarla offeso.
- Che proprio non sai cosa sia il tatto e l'educazione - lo rimbeccò lei, secca.
- Io lo so benissimo, mi sono semplicemente rotto le palle di queste situazioni del cazzo! È una settimana che andiamo avanti a rincorrere farfa... -
Marinette sgranò gli occhi, rendendosi conto di cosa il ragazzo stesse effettivamente per dire, e sussultò lasciandolo andare di colpo. Lui, perso l'appoggio e già instabile sulle proprie gambe, crollò col sedere sul tappeto come un sacco di patate.
Leici mise un pó a capire cosa avesse fatto e si portò le mani alla bocca sbigottita - Oh, misericordia... scusa! - esclamò, inginocchiandosi al suo fianco, preoccupata - Stai bene? -
Squalo strinse gli occhi per un secondo e Marinette pensò che si stesse trattenendo dall'urlarle contro... oppure, semplicemente, la stava mentalmente insultando in tutte le lingue che conosceva. Poi sospirò a fondo - No, figuriamoci, era solo l'unico punto che non mi faceva male. Giusto così, per dire - borbottò, sarcastico.
Marinette si morse il labbro, dispiaciuta, e lo prese per l'avambraccio aiutandolo ad alzarsi - Forse è meglio se usciamo sul serio da quì - constatò, lasciando che si appoggiasse a lei, con qualche malcelata smorfia di dolore: era evidente che avesse bisogno di cure, e piuttosto urgenti anche. - Senti, Chat, apprezziamo il pensiero, sul serio, ma ce la caviamo da soli - disse, seria, voltandosi verso di lui - Davvero - aggiunse, in risposta al suo sguardo titubante - Tu occupati dell'Akuma, sono sicura che Ladybug arriverà presto ad aiutarti - lo rassicurò, anche se era consapevole di stargli dicendo una mezza bugia: lo avrebbe raggiunto, certo, ma prima doveva assicurarsi che Squalo finisse nelle mani di un medico il prima possibile. E non sapeva quanto tempo ci avrebbe impiegato.
L'eroe esitò, nervoso, infine annuì - Ok, va bene - si arrese - L'uscita più vicina e in fondo, a sinistra. Fate attenzione - disse, indicando il corridoio alle proprie spalle. Marinette gli sorrise poi lo superò, guidando Squalo per quei corridoi che ormai conosceva a memoria.
Quando fu sicura che il ragazzo non fosse più a portata di orecchi, sospirò stancamente - Sei un vero esempio di discrezione, tu- commentò.
- Colpa sua, mia ha fatto innervosire - borbottò lui - E ne ho fin sopra i capelli di questo Papillon e le sue manie di rompere i coglioni - ringhiò - Che poi mi chiedo: fra migliaia di persone che abitano questa città perché proprio tu devi farlo? -
- Credimi, se lo sapessi forse non sarei quì - rispose lei - Un pomeriggio sono tornata a casa ed ho trovato la scatola col Miraculous sulla scrivania. Mi ha dovuto spiegare tutto Tikki e ancora oggi non so come ci sia finita in camera mia - ricordò - Figurati che ho provato anche a rifilarlo ad Alya di nascosto - ammise.
- E non lo hai fatto perché...? - chiese Squalo, che era la prima volta che sentiva quella parte della storia.
Marinette ripensò a quel giorno, più di un anno prima, e le sembrò di rivivere ancora quelle stesse emozioni e paure - La prima volta che mi trasformai e andai a scontrarmi con un'Akuma non sapevo quello che stavo facendo - mormorò - Mi era stato detto cosa fare, come farlo e avevo visto con i miei occhi ciò che Papillon poteva causare. Mi sono semplicemente buttata per aiutare chi ne aveva bisogno ma dimenticai di purificare la farfalla, causando un'invasione di Golem di Pietra in tutta Parigi - raccontò - Sentivo di non poterlo fare, di non riuscire a farmi carico di una responsabilità del genere, così provai a farlo trovare ad Alya ma per una serie di circostanze la cosa non funzionò. Si può dire che decisi di riprendere le sembianze di Ladybug proprio per salvare lei e quando Papillon mostrò il suo volto usando tutte quelle Akuma... beh, mi buttai e basta: le purificai tutte e feci una promessa folle a tutta la Francia sul fatto che io e Chat Noir l'avremmo sempre protetta - sospirò - Il resto è venuto da sé - concluse, spingendo la porta di emergenza che dava sulle scale interne - Forse è stato stupido, a ben pensarci - rimuginò. Squalo sembrò rifletterci per un istante, mentre scendevano lentamente i gradini.
- Sai perché mi faccio crescere i capelli? - domandò d'un tratto.
- Uhm... dovrei? - rispose lei, incerta.
- Otto anni fa promisi a Xanxus che non me li sarei tagliati finché non fosse diventato Decimo Boss dei Vongola - spiegò
Marinette alzò gli occhi su di lui per un'istante, sgranati - Perché proprio i capelli? - chiese.
Squalo aggrottò le sopracciglia - Erano i più comodi - rispose - Se ne stanno lì, buoni, non danno fastidio... niente di impegnativo. -
Marinette sbatté le palpebre, scettica - Ma se l'altra sera ho passato un'ora e mezza solo a toglierti i nodi - ricordò: le facevano ancora male i polsi tanto li aveva spazzolati.
Squalo aprì la bocca per dire qualcosa, infine espirò - Sì, beh... ogni tanto qualche inconveniente ci stà - ammise - Sapessi quante volte Lussuria ha passato ore a togliermi il sangue dai capelli. -
- Posso solo immaginarlo - commentò lei, evitando accuratamente di chiedere come ci fosse finito del sangue nei suoi capelli ma... ehi, lui era pur sempre un assassino!
- In quanto a promesse folli non ho nulla da invidiarti - aggiunse - Probabilmente questi capelli non me li taglierò mai, e lo so io come lo sa lui... eppure continuo ad andare avanti, forse nella mera speranza che qualcosa accada - mormorò, stringendo la presa del braccio intorno alle sue spalle - È semplicemente un modo per non accettare di aver fallito, e lo ammetto, anche se ciò mi dà solo illusioni e mi rende pure ridicolo. -
Marinette non rispose subito, saldando la presa intorno al suo fianco, senza sapere cosa fosse giusto dire: era la prima volta che Squalo si apriva così tanto con lei. Ciò la lusingava molto, certo, ma non immaginava che potesse portare con sé un simile peso; l'aveva sentito distintamente quel senso di oppressione nelle sue parole, l'importanza che quella promessa aveva per lui e l'amarezza di non riuscire a portarla a termine. - Ti stanno bene, però - buttò lì, cercando di alleggerire l'atmosfera - La permanente sopratutto. -
Giurò di vedere una vena spuntare sulla fronte di Squalo, ma prima che potesse iniziare a sbraitarle contro una scossa fece tremare l'intero edificio, cogliendoli di sorpresa. I due ragazzi si bloccarono a metà della rampa di scale e Squalo si aggrappò al corrimano, stringendosela al petto, mentre le scale oscillavano pericolosamente.
Pochi secondi dopo tutto tornò fermo.
Marinette alzò lo sguardo al soffitto, turbata - Che cosa è stato? -
- Questo posto è antisismico, sì? - chiese invece lui.
- Forse... non so - rispose lei, incerta, sobbalzando quando una musichetta rock iniziò ad uscire dalla sua borsetta. Portò una mano a frugare al suo interno e ne estrasse il cellulare, miracolosamente vivo: era Nino.
- Nino? - rispose, ricevendo un sospiro di sollievo in risposta.
- Dio, Marinette, non puoi immaginare la paura che ci avete fatto prendere - disse il ragazzo - Vi abbiamo visti sparire sotto le macerie, tua madre ed Alya sono sull'orlo di una crisi isterica! -
- State tutti bene? - chiese lei, allarmata.
- Sì, siamo riusciti ad uscire in tempo. Voi come state? -
- Siamo vivi - annuì lei, non entrando nei dettagli.
- Abbiamo sentito una scossa assurda, poco fa, e tutte le finestre dell'ultimo piano sono esplose. Sappiamo che Chat Noir è già dentro ma fino ad ora non c'è stata traccia di Ladybug - spiegò Nino - Voi dove siete? Riuscite ad uscire? Dino vuole entrare a cercarvi - rispose.
- Beh, adesso siamo... - iniziò lei, prima che Squalo le togliesse il telefono di mano e se lo portasse all'orecchio.
- Passami l'idiota - ordinò, secco. Marinette era abbastanza vicina da riuscire a sentire il "Eh?" confuso del ragazzo. - Cavallone. Dino. Come lo vuoi chiamare! - sbuffò Squalo, seccato.
- Che stai facendo? - chiese lei, confusa e allibita, ma lui le fece segno di tacere. Una manciata di secondi dopo la voce di Dino uscì dal ricevitore.
- Squalo? Che succede? State bene? - chiese, con una nota di panico nella voce.
- Zitto e ascolta: per adesso non possiamo uscire - sbottò Squalo, drizzandosi con una smorfia, restando però serio - Devi coprirci in qualche modo. Inventa una scusa, una qualunque non importa quale, ma dobbiamo prima occuparci di quel coso - spiegò, riferendosi all'Akuma.
Marinette sgranò gli occhi - Ma che stai dicend...? - esclamò, incredula. Squalo alzò il braccio che teneva intorno alle sue spalle e le tappò la bocca con la mano, senza scomporsi, stroncando le sue proteste. Dino mormorò qualcosa, che Marinette non riuscì ad afferrare, ma sembrava preoccupato.
- Fallo e basta, noi ce la caviamo - sbottò Squalo, iniziando ad innervosirsi - È proprio questo il punto, idiota! - aggiunse, in un ringhio. Marinette si agitò, provando a protestare, ma produsse solo mugolii soffocati. Squalo la ignorò. - Ottimo! - concluse, etereo, mettendo giù il telefono e chiudendo la chiamata.
Solo allora si decise a lasciarla andare.
- Ma cos'hai al posto del cervello, segatura?! - sbottò Marinette, incredula ed indignata - Dell'Akuma posso occuparmi anche dopo! -
- Potresti non averne il tempo - la interruppe Squalo, impassibile, porgendole l'apparecchio - Come stanno messe le cose fuori non siamo sicuri che riusciresti a rientrare senza dare nell'occhio. Pensaci. -
Marinette strinse le labbra concordando che, sì, sarebbe stata presa d'assalto dai suoi genitori e da Alya appena messo piede fuori la porta, ma forse con una scusa sarebbe riuscita a defilarsi, magari aiutata da Dino o da Bianchi. Il punto era che lì non potevano restare... Squalo non poteva restare. Non in quelle condizioni.
- Non sei nelle condizioni di starmi dietro - disse, dando voce ai suoi pensieri - E azzardati a dirmi di nuovo che stai bene e ti mando fuori di quì a calci nel sedere! - minacciò, in un sibilo, stroncando le sue proteste sul nascere.
- Non sono messo così male - sbuffò lui, alzando gli occhi al cielo, ficcandole il telefono nella mano libera.
- Questo lo dici tu! -
- Vuoi stare quì a discutere o tornare su e prendere a calci in culo quel tizio? -
Marinette lo fissò per qualche istante, riluttante, infine rigettò il telefono nella borsa e fece dietrofront - Dopo facciamo i conti! -


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