Ricordi ti un tempo passato

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ASTRID.
LOS ANGELES, 2006
"Perchè te ne devi andare?!?!?" mi aggrappai disperatamente alle gambe di mio padre. Mi sentivo abbandonata, tradita. Non potevo credere che se ne andasse così. No. No. No.
"Mi dispiace, piccola, papà tornerà presto, te lo prometto". "Andiamo, Patrick, il Senegal non è di certo dietro l'angolo"  disse un altro soldato. Io lo guardai così male che probabilmente la guerra che doveva affrontare gli sembrerà una passeggiata. "Papá, non andartene, pensa a me, pensa alla mamma, pensa ad Hazel!" ero sull'orlo delle lacrime.
"Tesoro, ti giuro che tornerò dal Senegal. E quando tornerò, perchè tornerò, dedicherò ogni mia energia a te, ad Hazel e alla mamma"
Mi diede un bacio sulla testa ed uscì dalla porta.
Fu l'ultima volta che lo vidi.
Due anni dopo, un soldato venne a dirci che mio padre aveva lasciato questo mondo. Il soldato disse che lo aveva fatto nel modo più eroico possibile. Che ci avrebbero risarcito. Che ci avrebbero consegnato la medaglia al valore della memoria di nostro padre. Che ci avrebbero dato una casa più grande, a New York, pochi kilometri più lontani dall'Empire State Building.
Ma cosa volete che mi interessasse. Tutto ciò che sapevo in quel momento era che mio padre non sarebbe mai tornato dalla guerra. Che non mi avrebbe mai più abbracciato. Che non avrebbe mai mantenuto la promessa che mi aveva fatto.
Questo mondo..............fa SCHIFO.

NEW YORK, 2018
DRIIIIIIIIIN! Per la prima volta, ringrazai la sveglia.
Odiavo quando sognavo quei due giorni.
I due giorni più brutti della mia vita.
Mi chiesi perchè li avessi sognati proprio oggi: di solito, quando li sognavo succedeva qualcosa di inaspettato.
Ovvero quasi mai.
La mia vita era abbastanza monotona, movimentata soltanto da quei cretini che mi ritrovo come compagni di classe.
Stavo meditando su questo e pensando che forse potevo dormire un altro poco.
Almeno, finchè non mi resi conto che erano le 7:45.
Cazzo.

Mi alzai più in fretta di Flash e mi vestì con i primi vestiti che trovai (una felpa con il logo della nasa, dei jeans larghi un po larghi e delle converse nere) e quasi investii mia sorella Hazel mentre scendevo le scale inciampando in tutti i fumetti marvel sparsi per la casa "Scusa Haz, ma, come sempre, SONO IN RITARDOOOOOOOOOOO"
Mi capultai fuori da casa. Poi mi ricordai di aver dimenticato lo zaino.
Imprecai in islandese e ritornai dentro, presi lo zaino e le cuffie e corsi catapultandomi nel primo vagone disponibile della metropolitana.

Mi misi le cuffie e mi isolai dal mondo, sparandomi a tutto volume Wait for it di Hamilton nelle orecchie:

"Life doesn't discriminate, between the sinners and the saints, it takes and it takes and it takes, and we keeps living anyway, we rise and we fall and we break and we make our mistakes, and if ther's a reason i'm still alive when so many have died, then i'm willin' to... wait for it, wait for it, wait for it..."

Nessuno sa quanto questa canzone sia vera per me: bisogna continuare a vivere, nonostante tutte le cose brutte che ci succedono. Come dice un detto popolare in questo periodo, You Only One Life: Hai Una Sola Vita.
E la mia vita, non era stata certo facile.

Mia madre Sifyen partì dal suo paese natale, l'Islanda, per stare con mio padre Patrick in America, a Los Angeles quando io ero appena nata: era il 2000. La casa non era un granché, ma si stava bene tutti e tre insieme. Nel 2005 nacque la mia adorata sorellina, Hazel. Andava tutto benissimo, eravamo felici.
Poi tutto andò in pezzi.
Nel 2006 scoppiò la guerra in Senegal e mio padre, un soldato, dovette partire.
Due anni dopo, nel 2008, un soldato venne a darci la notizia: mio padre era morto in battaglia.
Come risarcimento, ci diedero questa casa a New York e una medaglia al valore.
Io non volevo partire, volevo restare a Los Angeles, volevo restare in quella casa in California, perchè era lì che conservavo tutte le memorie di mio padre, era in quel boschetto vicino casa che giocavo con lui e con Hazel.
È per questo che mi sono rifugiata nel mondo dei libri, dei film e dei fumetti, per sfuggire a questa assurda realtà, dove le persone che ti vogliono bene sono sempre costrette ad andarsene, prima o poi.
I miei compagni di classe mi prendono in giro per il fatto che ho tre cittadinanze (quella Islandese, quella Californiana e quella di New York) e per via dei miei capelli albini chiamandomi "la vecchia". Anche Hazel ha i capelli bianchi, e giuro che se scopro che i suoi compagni di classe la bullizzano, faccio una strage.
Ed è per questo, per via di questo mondo così crudele che, sin dalla morte di mio padre, scrivo delle lettere a...

FREEEEEEEEAK! Il rumore della metropolitana che frena mi distoglie dai miei pensieri. Mi lancio fuori dal vagone e mi tolgo le cuffie.
Sono in ritardo MOSTRUOSO.
Eccola, la St. Laurens Academy, il liceo classico che frequento. Io volevo fare l'artistico, ma costava troppo.
Guardo l'orologio e vedo che sono le 8:57.
Lancio una bestemmia così forte che le mamme dei bambini della scuola elementare vicina sono costrette a tirare via i figli.

Mi catapulto dentro la scuola e mi lancio al terzo piano, dentro la classe 5ªI. Per fortuna la prof. di greco non si accorge di me, perchè sta parlando con quella che sembra un'assistente sociale, con vicino un ragazzo di spalle.
Scivolo silenziosamente all'ultimo banco. Sono da sola in quanto siamo dispari in classe e non è permesso fare banchi a tre. Meglio per me, tanto odio tutti in questa maledetta classe.

La prof. si alza in piedi e si schiarisce la voce. "Ragazzi, da oggi avrete un nuovo compagno di classe".
Oh, perfetto! Penso io. Un altro cretino, che si siederà SICURAMENTE vicino a me, visto che è l'unico bamco libero.

Il ragazzo si gira e rimango a bocca aperta.
È praticamente IDENTICO a mio padre. Ha i capelli biondo scuro, quasi castano, tagliati corti con un ciuffo che gli ricade sulla fronte e gli occhi verdi. Se avesse un occhio azzurro e avesse gli occhi eterocromatici, si potrebbe tranquillamente dire che è la reincarnazione di mio padre.
Forse è per questo che ho fatto quel sogno...

Il ragazzo guarda la classe, un po a disagio, e poi dice:

"Piacere, io sono Christopher."
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Allora! Vi è piaciuto il capitolo? Si, mi piace lasciare in ansia le persone.

Comunque, Astrid me la immagino così:

Comunque, Astrid me la immagino così:

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Mentre Hazel me la immagino così:

Visto che non ho trovato foto corrispondenti, lascio a voi immaginare i loro genitori: praticamente la madre è uguale ad Astrid ma con gli occhi grigi, mentre il padre è come Christopher, ma con un occhio azzurro ed uno verde

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Visto che non ho trovato foto corrispondenti, lascio a voi immaginare i loro genitori: praticamente la madre è uguale ad Astrid ma con gli occhi grigi, mentre il padre è come Christopher, ma con un occhio azzurro ed uno verde.
Spero che il capitolo ci sia piaciuto
(È venuto più lungo di quanto credessi :3)

Bye~
Alice💜

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