Cap. 2 ~ Dal preside

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Laisa fece due passi ed oltrepassò la soglia d'entrata.

Si guardava intorno, ma senza vedere un granchè a causa dell'ombra. Avanzava sempre di più, quando sentì un colpo sulla parete di fronte a lei. Era come se un oggetto avesse scontrato violentemente il legno antico.

Rallentò.

Ora poteva chiaramente scorgere le travi della parete di fondo, i pennelli, qualche vecchio cavalleto, e una lucida biglia di vetro che non aveva mai visto prima. Avanzò di una manciata di passi, ed allungò la mano per afferrare la piccola sfera.

Dietro di lei un tonfo, uno spostamento d'aria rapidissimo.

Si voltò, e non vide nessuno.

Uscì subito dopo.

Milioni di domande e supposizioni le affollavano la mente: Chi era entrato? Cosa ci faceva lì un estraneo? Ma soprattutto: perché era entrato nel suo rifugio?

Era accaduto tutto così infretta: la porta aperta, l'oggetto caduto, la biglia contro la parete, il tonfo...

In quel momento arrivò Chris correndo. Appena vide la sua amica, si fermò, la fissò per qualche istante per assicurarsi che non fosse un'allucinazione, e poi si buttò sdraiato per terra, come un soldato vittorioso dopo settimane di combattimento senza sosta.
Era rosso paonazzo, con la fronte imperlata di sudore e i riccioli rossi arruffati. Respirava rumorosamente, con la maglietta sudata a chiazze, e i pantaloni sporchi di fango.

A quella visione, Laisa non potè far a meno di sfogarsi in una fragorosa risata liberatoria.

"Cosa ci trovi di divertente? Ho rischiato di morire d'infarto per salvarti la vita!" riuscì ad urlare Chris tra un respiro profondo e l'altro. Poi si sedette.

"Salvarmi la vita? Ma lo sai che il rifugio è un luogo sicuro!" rispose, dimenticandosi della breve avventura passata qualche minuto prima.

"Eppure.. sono sicuro di averlo visto!"

"Di aver visto... Chi?"

"un ragazzo - spiegò Chris - alto, magro e muscoloso, con vestiti neri: canottiera larga, e pantaloni fino al ginocchio. E bho... E' tutto ciò che mi ricordo! Veniva proprio da questo posto!"

La ragazza non disse nulla, scrutando con sguardo preoccupato un punto impreciso sul pavimento.

"Hemm... c'è qualcosa che dovrei sapere?" chiese lui.

"No no, figurati! Non ho visto nessuno!" lo rassicurò, sorridendo falsamente.

Subito dopo, i due amici cominciarono a parlare di quanto puzzasse la loro profe di arte, e quanto detestassero il loro nuovo compagno di classe privilegiato da tutti. E in questo modo passarono il pomeriggio.

Joshua, nel frattempo, aveva attraversato tutta la Foresta Blu di corsa, senza fermarsi, se non al cancello di casa sua.

Salita la rampa di scale, si buttò sul divano, fradicio di sudore, e si scostò con la mano le ciocche di capelli castani appiccicate alla fronte. Poi si mise comodo, e telefonò al suo unico amico Victor Iacoban.

Si conoscevano dalla nascita, essendo stati vicini di casa fino all'età di 8 anni, quando Victor fu costretto a traslocare con la sua famiglia, per andare a vivere a Venezia.

Le loro telefonate erano piuttosto schematiche e monotone: cominciavano con un "ciao, come va?" per poi parlare del più e del meno, e riattaccare dopo poco tempo.

Un tempo che andava diminuendo col passare dei giorni e degli anni.

Ma Joshua, nonostante ciò, ci teneva a sentirlo quasi ogni giorno per non essere dimenticato da lui: il suo unico amico.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 24, 2018 ⏰

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