capitolo 1

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Ho sempre odiato tutti questi spostamenti, la mia vita e quella di mia madre non ha mai avuto nessuna certezza, tutto ciò che abbiamo non dura mai a lungo. Ogni volta ce ne andiamo, e cancelliamo le nostre tracce.
È come se non esistessi, ogni volta che mi faccio degli amici, ripartiamo.

Ormai mi sono arresa. Non mi servono amici, mi portano solo sofferenze. Anche se non lo sanno, non appena instaureremo un rapporto io scomparirò e insieme a me il ricordo che loro avevano di me.

Io sono Elena, e sono una ragazza palermitana. Non ho un accento per via dei continui spostamenti. Ho sedici anni da poco, un mese circa.
Mamma non ha proprio un lavoro ma quando affittiamo degli appartamenti lei a casa non c'è mai.
Oggi andiamo a vivere a Cinisello Balsamo. Dico "oggi" perché, conoscendo mia madre ce ne potremmo andare da lì anche domani. È una donna che si stanca molto presto di tutto.

Siamo arrivati, finalmente. Noi non abbiamo una macchina, ci ha accompagnati un amico di mamma da Milano, dove abitavano prima, a qui.

Noto subito dei palazzi molto alti, probabilmente questa è una zona popolare, ma è messa piuttosto bene rispetto a dove siamo già state.

Gli affitti dicono che sono molto bassi, l'ideale per noi. Ci porta davanti a uno dei palazzi più alti e noto che di fronte a esso c'è un parchetto deserto.
Saliamo, poggio le mie cose, e corro giù. Voglio vedere meglio quel parco, penso. Appena sorpasso delle siepi noto delle panchine e dei portici dove sono situati numerosi gruppi di ragazzi che fumano e parlano insieme.

Io mi siedo su una panchina a sentire la musica e guardo il sole tramontare in silenzio, non appena inizia a fare buio mi alzo, per ritornare a casa.
Passo per il cancello e nel parcheggio un gruppo di ragazzi mi si avvicina.
"Vediamo, chi c'è qui?" dice una ragazza con i capelli rosso fuoco, vestita interamente di pelle con indumenti piuttosto corti e aderenti.
Io la squadro dall'alto verso il basso.

Cazzo, ne ho viste fino ad oggi di troie, ma non ne ho mai vista una così. Per carità, una bella ragazza ma con tutto quel trucco è difficile da guardare.

"Chi sei?" mi chiede un tipo, probabilmente non italiano. Lo guardo, è alto, magro e con i capelli corti.
"Abito lì" dico indicando il palazzo alle loro spalle.
"Non era quella la domanda" dice un ragazzo bruno, alto, con un po' di barba e un neo sulla guancia.
"Sono Elena" dico titubante.
Non capisco cosa vogliano da me.

"Perché sei qui?" continua il bruno.
"Non lo so" dico sincera.
"E adesso, con permesso" dico facendomi spazio fra i ragazzi che mi stavano bloccando il passaggio.
Sono piuttosto numerosi ma mi hanno parlato solo in tre.
Me ne vado, come ho detto, non voglio amici.

Salgo a casa e noto che l'amico di mamma c'è ancora.
"Elena, ti devo dire una cosa" dice mia madre chiamandomi.
Io la raggiungo e la guardo, aspettando che parli.
"Io... noi, siamo venute qui perché... lui è il mio nuovo compagno e convivremo assieme" mi dice baciando quello che mi aveva detto che fosse il suo amico.

Io resto spiazzata e indifferente me ne vado in camera. Però non ho ancora capito perché ho un letto a castello e, la camera è arredata da maschio.

Noncurante delle mie osservazioni sistemo i miei vestiti in un armadio che scopro essere vuoto.

È ora di cena e mamma e il tipo vanno a cena fuori, finalmente.
Ho del tempo da trascorrere in santa pace e decido di farmi una doccia.

Non appena mi asciugo, vado in salotto e sento dei rumori provenire dalla cucina.
Spaventata, entro e trovo il tipo che ho incontrato prima, con un panino in mano. Mi metto a gridare.

Lui, spaventato, alza lo sguardo e rimane sconvolto, come me.
"Che cazzo ci fai a casa mia?" gli chiedo spaventata e gridando.
"Che cazzo ci fai tu a casa mia?" dice lui seccato.

Io rimango in silenzio per pochi secondi. "Io ci vivo qui" dico infine.
"No, io vivo qui" dice di rimando lui.
"Chi cazzo sei, scusa?" gli dico infastidita.
"Io sono Gionata" dice.

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