Sherlock Holmes era dominato da un'ansiosa e tormentosa agitazione, quel giorno; esuberante al punto da non riuscire in alcun modo a stare fermo e tranquillo.
Camminava avanti ed indietro per tutto l'appartamento, desideroso, trepidante ed impaziente che il coinquilino tornasse dalla propria passeggiata serale.
Ormai era entrato in un agitato e continuo susseguirsi di azioni: per prima cosa camminava in tondo, dicendosi ad alta voce "forse dovrei andare a cercarlo", per poi subito scuotere la testa abbandonando l'idea, tendando di tranquillizzarsi con un "avrà preso una deviazione"; in seguito si dirigeva verso la porta, la apriva e gridava alla signora Hudson, anche lei a conoscenza dell'attuale situazione in cui albergava il consulente investigativo, se aveva notizie di John; dopo l'ormai scontata risposta negativa, si fermava al centro della stanza, riprovando più volte il discorso che si era preparato.
Cerchio, porta, discorso.
Cerchio, porta, discorso.
L'attesa lo stava letteralmente esasperando, tant'è che ci fu un secondo, "solo uno stupido attimo di incertezza" sostiene tutt'ora lui, in cui pensò di lasciar perdere.
Cerchio, porta, discorso.
Cerchio, porta, discorso.
No, ovvio che non poteva arrendersi proprio in quel momento.
Per settimane aveva riflettuto su come far vivere al compagno il "momento perfetto": quelli che si vedevano nei -noiosi film smielati-, ma che a John piacevano tanto.Esatto, John Watson.
Quando era entrato nel loro appartamento?
Non lo aveva sentito aprire la porta, ne appoggiare la giacca sulla propria poltrona, ne tantomeno la domanda che gli aveva rivolto.
-Che hai detto scusa?-chiese imbarazzato il corvino, sistemandosi nervosamente le maniche della giacca.
-Ho detto, come mai così elegante? Ti sei fatto bello per me?
Quanto avrebbe voluto rispondergli "Sì", dieci, cento, mille volte.
Tuttavia, ogni cosa aveva il suo tempo e, anche se era tremendamente difficile, doveva aspettare.
-John, io devo parlarti. È importante.
Il suo cuore iniziò a battere velocemente, come se avesse avuto un mantice impazzito all'interno del petto, mentre cercava con disperazione le parole su cui tanto aveva lavorato, e che sembravano essere scomparse.
Proprio nel momento più importante della sua vita, il famoso Palazzo Mentale di Sherlock Holmes sembrava andato in tilt.
-Sai come per me queste cose siano stupide ed inutili, ma... so che per te sono importanti e...-
Si grattò la nuca, cercando le parole adatte, per poi prendere una scatolina dalla tasca destra della propria giacca.
-Ti ricordi cosa ti dissi quando sposasti Mary...? "You keep me right." Vorrei che tu... che tu potessi essere la mia ancora di salvataggio. Sono un pirata, Jawn, permettimelo.
Si inginocchiò, aprendo la scatolina.
-Vuoi sposarmi, John Watson?Sulle labbra dell'ex soldato si formò un sorriso, mentre guardava l'unica persona che contasse davvero in quel momento, e nella sua vita.
-Sherlock Holmes, sei un idiota.
Fatica a trattenere le risate, tanto era felice.
-Ti sembrano domande da fare?
Gli prese le mani, facendo si che si alzasse, per poi posare lo sguardo verso quei due occhi in cui amava perdersi.
-Ti ricordi qual è stata una delle prime parole che mi hai detto? Idiota. Ed è stata la stessa anche alla fine del nostro primo caso insieme. Idiota è il nostro per sempre. Il nostro sì. Certo che voglio sposarti, Idiota.Sorrisero entrambi, come promessa, senza che nessuno dei due sentisse il bisogno di aggiungere altro.
Infine, si baciarono.
Un unico e dolce bacio.
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Johnlock is love, Okay?!
FanfictionAccorrete, Johnlocked, accorrete! Questo è il luogo magico che fa per voi! Di certo non sono l'unica ad aver sperato con tutta se stessa che, nell'ultima scena della 3x3, la frase fosse stata "io ti amo!" e non "Sherlock è un nome da femmina." E di...