FINALE 1: GRIGIO

2.9K 327 231
                                    

Dieci anni dopo.

Mentre il mio pennello tracciava la tela, notai che il dipinto era un po' spento. Decisi di aggiungere un po' di arancione acceso, per dare un po' di brio, ma anche quell'aggiunta sembrava non cambiare l'aspetto di tutto.
Mi ero diplomato alla scuola d'arte e ora ero un pittore di piccola ma crescente fama. Da quando il mio ragazzo mi aveva fatto scoprire la bellezza dei colori, qualcosa dentro di me si era aperto. Quando ci eravamo conosciuti, avevamo solo quindici anni, ma ora ne avevamo venticinque, eravamo uomini. La vita era cambiata per noi. Convivevamo in un appartamento in periferia, io dipingevo e lui spegneva incendi quà e là, da bravo pompiere.

Il telefono squillò, mentre cercavo ancora di capire perchè i colori erano così spenti. Più li guardavo più non mi piacevano, ma dovevo fare assolutamente qualcosa per rimediare, dato che quel quadro era importantissimo. Aprì la chiamata e una voce grave e seria parlò  "E' il numero di Katsuki Bakugou? Partner di Eijirou Kirishima?" la nostra relazione non era mai stata un segreto, anche perchè avrei picchiato quelli che osavano mettere in dubbio la nostra bellezza come coppia. "Si, sono io. Perchè mi cerco?" all'inizio la chiamata non suonava molto allegra, ma quello che seguì fu ancora peggio.

Corsi ad accendere la macchina per raggiungere l'ospedale. Intanto, gradualmente, come era successo prima, il mondo attorno a me si spegneva. Quelle insegne una volta appariscenti e colorate, ora erano smorte e tristi. Dopo neanche una quindicina di minuti ero arrivato alla mia meta. Corsi a chiedere dove era. Stanza numero 212, quarto piano. Presi l'ascensore. In quel metro e mezzo quadrato di spazio, c'erano altre persone, ma non prestai la minima attenzione a ciò che accadeva. Nella mia testa c'era solo lui. Quando le porte si aprirono, mi feci strada tra infermiere, dottori e pazienti, raggiungendo la camera che cercavo. Entrai e tutto ciò che vidi fu una stanza bianco acceso e dei capelli rosso spento. Mi calmai mentalmente e mi sedetti sulla sedia vicino al letto.  "Eijirou, potresti per piacere dirmi cosa sta accadendo? Perchè il tuo capo mi chiama per dirmi che sei stato ricoverato urgentemente? Si può sapere che cazzo hai fatto!?" non ero realmente arrabbiato, è solo che dovevo sfogarmi e lui sapeva come ero fatto. In ogni caso non mi avrebbe sentito comunque, dato che era in coma. Mi sentivo uno psicopatico a parlare da solo con una persona non cosciente, ma non me ne fregava niente.  "Eijirou, cazzo. Non mi fare questo" qualche lacrima iniziò a scendere dai miei occhi. Il mio cuore batteva irregolarmente e all'impazzata, quasi fossi io in pericolo di vita. Il suo invece, era debole e lento, o almeno così diceva la macchina accanto a lui. "Lo sai che mi stai mettendo paura, vero? Cosa? Bakugou ha paura, strano no? Però se è per te non riesco a farne a meno" la macchina continuava allo stesso ritmo. "Porca puttana, svegliati!" in quel momento entrò un dottore, preceduto da due bussate sulla porta. Mi porse dei fogli e disse "Il signor Kirishima è stato colpito dal crollo di una parte di una casa e ha inalato molto fumo. Tutto ciò è avvenuto a lavoro, mentre cercava di portare un ragazzino di tredici anni fuori dall'edificio, riuscendo, ma rimanendo intrappolato dentro a sua volta. Non sappiamo quando o se si risveglierà" concluse così, andandosene per lasciarci soli. Io non riuscii più a trattenermi e iniziai a piangere e singhiozzare, tenendo stretta la sua mano nella mia.

Avevo passato la notte in ospedale, sveglio per lo più. Ogni tanto gli parlavo, dicendo cose da "Eijirou, vaffanculo te e i tuoi pompieri" a "Cazzo, non provare a morire che morirei anche io", ma la maggior parte del tempo restavo zitto a guardare i suoi lineamenti ed ad ascoltare se il suo cuore batteva ancora. Le lacrime le avevo finite. Solo il pensiero di non rivedere più quel volto sorridente mi faceva venire i brividi dalla testa ai piedi, brividi freddi e oscuri, di quelli paurosi che senti nell'anima e nelle ossa.

Passai attaccato a quel letto circa sei giorni. Non ne volevo sapere di andarmene e non l'avrei fatto.

Erano le undici di sera del settimo giorno di coma. Le stelle alla finestra mettevano pace in quella stanza fin troppo calma. Come al solito avevo la testa accanto al suo braccio, le dita incrociate alle sue, gelide. Ascoltavo attentamente il silenzio di quella sera. Solo la dannata macchina che contava i suoi battiti interrompeva la quieta, ma allo stesso tempo era una fortuna che lo facesse. Dopo un po' però, iniziò a cambiare. Il Bip costante si fece molto più veloce. Incrementarono anche le voci dei medici fuori dalla porta. Non capivo più niente, ma era tutto abbastanza inquietante. Era troppo veloce. Il suo cuore batteva veloce, come se fosse una maratona. Un'ultima scossa di adrenalina, per sentire solo un lungo e unito Bip.

Era come se il tempo si fosse fermato. Il dottore entrò nella stanza, dove ormai giaceva Eijirou senza vita. L'istante più lungo della mia vita fu anche quello più pauroso. In un attimo tutti i colori se ne andarono definitivamente, lasciando spazio al grigio. Con i colori capii che anche lui se ne era andato. Ero da solo. Volevo urlare, sgolarmi fino a che le corde vocali fossero distrutte, ma tutto ciò che ero riuscito a fare era sussurrare una semplice frase "Perchè te ne sei andato?".

Il mio angelo, era così che lo avevo descritto nelle poesie che scrivevo. Avevo venticinque anni, ma mi sentivo come quegli anziani signori che scrivevano pensieri dedicati alle mogli morte. Non avevo più toccato un pennello dopo l'accaduto. Per mesi mi ero limitato a vivere di lacrime e fiori da portare sulla tomba. Mi sentivo solo, una vera solitudine incolmabile. Il mondo era letteralmente grigio e faceva schifo, sì. In casa mia avevo tolto tutti quei dipinti una volta appesi ai muri. Tutti, tranne uno: quello che avevo interrotto per andare in ospedale. Quello era sempre stato impostante per me, anche prima dei fatti avvenuti. Quel dipinto era stato fatto per lui fin dal principio, dal momento che gli avrei voluto chiedere di sposarlo, regalandogli quel quadro assieme all'anello. Avevo rappresentato la vita da quando era arrivato lui, piena di gioia e di emozioni. Ma ora era andato e io non potevo farci niente, se non dedicare a lui le mie poesie da vedovo.


----------------------------------------------------------------

Mi è sfuggita un po' la cosa di mano, sorry. Ma tranquilli perchè c'è anche un FINALE FELICE. E' solo che mi andava di fare la cosa dei colori che spariscono quando muore l'altro. Enjoy? Be forse no.

COLORSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora