Tutte le cose che non si dovrebbero fare le fa solo lei, la stessa ragazza che da bambina aveva il fiocchetto rosa tra i capelli e un sorriso sempre stampato sulle labbra mostrando le sue adorabili fossette, la stessa bambina che adesso era ormai entrata nel giro della droga, frequentando il gruppo di ragazzi da evitare; per tutto questo cambiamento naturalmente c'era una risposta: forse il cuore spezzato da qualche ragazzo, forse la brutta gente che aveva iniziato a frequentare, forse qualcosa che era accaduto nella sua famiglia, violenza, vedere il proprio padre arrivare a perdere i sensi per la grande quantità di alcol assunta o rimanere con le mani in mano, senza poter fare niente, mentre la madre veniva picchiata dall'uomo che quella donna e quella ragazza credevano di amare con tutto il cuore, quel mostro che a loro stava facendo solo del male, forse questo era anche lo stesso motivo che l'aveva mandata sulla strada sbagliata, facendole cambiare le amicizie, le quali si rivelarono false e cambiandole con un gruppo meno affidabile.
La testa china ad osservare l'asfalto che si muoveva sotto le sue scarpe consunte, gli occhi rossi, forse la causa di un pianto disperato o semplicemente marijuana, la pioggia che batteva forte contro i tettucci delle auto e le scorreva sulla sua schiena, bagnandola, gli auricolari nelle orecchie con la musica che copriva il rumore della pioggia.
Alzò leggermente lo sguardo guardando prima a sinistra e poi a destra, una delle prime cose che le avevano insegnato i suoi genitori una volta che aveva imparato a camminare, ma quella volta non raggiunse la meta prevista e l'unica cosa che poté sentire fu il dolore lancinate al lato destro del corpo, il quale fu colpito da un camion che andava ad una velocità eccessiva per quel tratto di strada, e al cranio. Le palpebre si chiusero in automatico per una fitta alle tempie, dolore che peggiorò grazie alle sirene delle ambulanze.
Passarono tre giorni e la ragazza aveva ancora gli occhi chiusi, distesa sul lettino di una stanza asettica di un ospedale. In quei tre giorni di convalescenza l'unica cosa che sentì furono i mormorii dei dottori che entravano ed uscivano dalla stanza, fino a quando il quarto giorno, riuscì ad aprire per fortuna gli occhi. In quelle poche ore in cui tutto filava liscio rivide la madre, la quale aveva il volto rigato dalle lacrime. Solo lei. E questo le fece capire che quei ragazzi che credeva fossero i suoi veri amici, realmente non le erano nulla.
Un paio di ore dopo il suo cuore smise di battere, facendo disperare la madre sulla spalla dell'uomo che non credeva fosse mai più tornato ma che in quel momento era lì a sostenerla, pronto a cambiare per sua figlia.Non credeva fosse davvero possibile riuscire ad aprire gli occhi una volta che il suo cuore avesse smesso di battere. Si guardò attorno cercando di scorgere qualcosa nell'oscurità, ma non riuscì a vedere nulla fino a quando una potente luce illuminò un punto poco distante da lei. Volse lo sguardo verso il fascio di luce aguzzando la vista per scorgere qualcosa. La figura del ragazzo illuminato dalla luce sussultò parandosi gli occhi cercando di evitare la luce che lo stava accecando. Poi, una voce iniziò a parlare come se stesse leggendo una tabella:" Nome: Ashton; cognome:Irwin; data di nascita: 7 luglio 1994; luogo di nascita: Hornsby, Australia; genitori: Anne Marie Irwin; causa di morte: suicidio. Sei tu Ashton?" il ragazzo annuì impercettibilmente e sussurrò un "sì" abbassando il capo.
"Bene Ashton", continuò la voce "benvenuto al Purgatorio. Tra poco verrai processato per decidere se dovrai andare all'Inferno, a scontare la tua pena o al Paradiso, per diventare un angelo custode" il ragazzo annuì passandosi una mano tra i capelli biondo cenere e sospirando. Difronte a lui si materializzò una porta bianca che venne raggiunta dal ragazzo per poi essere aperta.
La ragazza si morse un labbro, timorosa, sapendo che quello stesso destino aspettava anche a lei. La stessa luce abbagliante di prima ricomparse puntando su di lei, accecandola, e la stessa voce cominciò a parlare seguendo la stessa scaletta del ragazzo:"Nome: Sarah; cognome: Clifford; data di nascita:14 marzo 1997; luogo di nascita: Sydney, Australia; genitori: Karen Clifford, Daryl Clifford; causa di morte: incidente stradale. Sei tu Sarah?" la ragazza annuì, con il cuore a mille.
"Bene Sarah," la voce tentennò, "benvenuta al Purgatorio. Tra poco verrai processata per decidere se dovrai andare all'Inferno, a scontare la tua pena o al Paradiso, per diventare un angelo custode." la voce concluse ed una porta, dopo pochi attimi, comparse davanti agli occhi della ragazza. Avanzò lentamente, per poi poggiare la mano sulla maniglia di ottone ed aprire la porta, la quale portava in una stanza bianca, anonima, con solo un tavolo in acciaio, simile a quello dei laboratori, al centro dell'ambiente, sul quale era poggiata una penna, un foglio e un videoproiettore che puntava al muro verso il quale la sedia grigia di fianco al tavolo era rivolta. Si avvicinò al tavolo, spostando leggermente la sedia per potersi accomodare, e, presa dalla curiosità afferrò il foglio bianco macchiato da quattro parole a caratteri cubitali: scrivi i tuoi peccati. Posò lo sguardo sul videoproiettore, curiosa del perché stesse lì, ma poi notò un post-it attacato sopra. Lo prese leggendo: se hai qualche vuoto di memoria, premi il pulsante verde.
Lascia il foglietto e afferra la penna inziando a scrivere le prime cose che le vennero in mente: le varie volte che tornava a casa ubriaca, il periodo in cui odiava tutti e tutto, dove odiava la sua vita e aveva provato diverse volte a suicidarsi.
Premette il pulsante verde, facendo partire un filmino: The A Team di Ed Sheeran faceva da colonna sonora alle varie immagini che si susseguivano nel video: lei a 5 anni tra le braccia del suo papà; lei a 8 anni che spegneva le candeline con un sorriso stampato sul volto; lei a 12 anni dove dormiva abbracciata alle sue migliori amiche; lei a 14 anni, in lacrime, in un angolo della cucina con il viso della madre poggiato sulle sue gambe mentre con un fazzoletto bagnato le pulisce una ferita sul sopracciglio; lei a 16 anni, sola a scuola, evitata da tutti per aver allontanato il suo gruppo di amici; lei a 18 anni, in un vicolo buio con il ragazzo che ormai lei considerava come un fratello; lei a terra, sul cemento bagnato e la madre, scossa da singhiozzi, inginocchiata sul suo corpo inerme; lei nel lettino di ospedale, attaccata ai vari macchinari, sola nella stanza; lei che abbraccia la sua mamma, e per finire, la madre abbracciata a suo marito, mentre piange sul corpo di sua figlia. A quell'ultima immagine non ci poté credere ed una lacrima le rigò il volto.
Poggiò nuovamente lo sguardo sul foglio mentre con le mani si asciugava le lacrime.
Adesso il foglio era nuovamente bianco con altre parole stampate da sopra, ma prima che potesse iniziare a leggere la stessa voce di prima cominciò nuovamente a parlare:"Ti abbiamo osservata per tutta la vita, da come avrai notato, e abbiamo capito, con il passare del tempo, che non è dovuto totalmente dalla tua volontà questo cambiamento, ma anche da persone con cui hai legami di sangue. Per questo motivo abbiamo deciso di darti una seconda chance. Da adesso farai parte de "La Squadra dell'A": tornerai sulla terra, ma non da umano, da angelo, e dovrai fare di tutto per non far raggiungere l'obiettivo negativo al ragazzo a te assegnato, se lo raggiungerà, finirai dritta all'Inferno, ma se tutto nella sua vita tornerà rosa e fiori avrai la possibilità di raggiungere il Paradiso. Avrai un compagno: Ashton Irwin, ed invece, il ragazzo a voi assegnato è Calum Hood." sgranò gli occhi: Calum Hood era il nome del suo migliore amico, prima che accadesse tutto.