L'incontro.

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"Nasty fagot."

Capitolo 1.

Los Angeles.
12 Giugno 2012. Klessamoon, discoteca.

Fa un caldo assurdo, in mezzo a questa bolgia di corpi sudati che scivolano l'uno sull'altro.
Si toccano, si scontrano, si sfiorano, e ritraggono.
La musica rimbalza contro i muri, e mi riempie la testa, leggera, un po' più leggera del solito.
Sarà mica colpa dei tre bicchieri di Tequila pura che ho bevuto?
Ma no, di sicuro non è quello.
Le luci, fanno in modo che di questa serata non restino che un mucchio di ombre ammassate e offuscate, non un viso, non un particolare.
Sono tutti ricoperti per metà dal buio assoluto, e per metà da sprazzi di luce al neon verde e rosa, che li inonda e abbandona nel giro di un batter d'occhio.
Eppure, nessuno si lamenta mai.
Forse è questo, quello di cui tutti hanno bisogno a volte.
Scomparire tra la massa, sentirsi parte di qualcosa, senza avere la prova certa che questo sia reale.
Non sei parte di un bel niente, se balli agitando il sedere e i fianchi, a un ritmo per niente preciso.
Ma se niente e nessuno può dimostrarlo, tu puoi illuderti che non è così.
Anche io a volte, ho bisogno di scomparire. Ne ho terribilmente bisogno.
Il guaio, è che prima o poi, si è costretti a tornare alla realtà.
«Hey, amico.» qualcuno mi dà una leggera pacca sulla spalla, sposto velocemente lo sguardo dalla pista affollata, e annullo i miei pensieri.
E' Joe.
«Dobbiamo andare.» mi urla ad un orecchio, sovrastando per un quarto di secondo il volume della musica elettronica che risuona nella piccola stanza.
Ed io annuisco, mettendomi in piedi. Barcollo leggermente, ma mi rimetto subito in equilibrio.
Io reggo benissimo l'alcool.
Ho imparato a soli tredici anni come si facesse a sfruttare solo ciò che si vuole da cose come gli alcolici, le donne, e le droghe leggere.
Intendiamoci, non sono un drogato o qualcosa del genere.
Ma quando sei il figlio di un pezzo grosso come mio padre, certe cose non puoi proprio permettertele.
E io, di certo, non mi sarei perso ciò che la mia adolescenza includeva ed offriva, per questo.
Così, mi son fatto furbo, e ho rubato vari insegnamenti ad altri figli dei colleghi di papà.
Che già sapevano, cosa ci si dovesse aspettare, per questa vita.Ripensandoci, non mi pento affatto.
Mi faccio spazio tra i gusci umidi e appiccicosi, degli esseri che mi circondano.
Esseri.
Perché in questo momento, non sono niente, non sono nessuno.
Una leggera brezza estiva, e alquanto afosa, mi accarezza la guancia.
"Di bene in meglio" penso tra me, staccando la stoffa leggera della camicia scura che indosso dai miei pettorali bagnati di sudore.
Io, Joe, e Simon siamo già fuori, manca soltanto Chris e possiamo andare.
Eccolo che arriva, barcollando a destra e a manca, tenendosi avvinghiato a una ragazzina, che sì e no, avrà a malapena sedici anni.
La sua mano scivola sul fianco di lei, e la strattona a sé, i suoi occhi ammiccano su di lei, come a voler dire noi "visto che bel bocconcino?"
Ma tutto ciò che vedo è una bambina, accostata a un idiota, che usa il proprio nome ogni volta che desidera qualcosa.
Scommetto che è così che l'ha convinta: il suo nome e qualche promessuccia.
"Ma tu lo sai chi sono io? Io sono Christopher Kristaugh. Mio padre possiede una delle più importanti fabbriche automobilistiche di tutti i tempi. E io ho una gran bella Ferrari parcheggiata nella mia villa estiva, che ne dici se vieni a vederla? Magari ti faccio fare un giro."
Lei avrà accennato un risolino soffocato e imbarazzato, pensando di aver fatto il più grande colpo della sua vita.. e invece?
Notte selvaggia di sesso, e poi via che si va, alla prossima baby.
Illusa lei, e dannato lui.
Chris spinge in macchina la sua bella barbie minorenne, con tanto di pacca sul giovane sederino che ne vedrà di belle durante la nottata che l'aspetta.
Poi, sale anche lui, e senza perdere un attimo i due cominciano a scambiarsi litri di saliva e mugolii coordinati, ignorando chiunque altro.
Simon alza gli occhi al cielo e sospira rassegnato, sedendosi al fianco dei due, che sembrano non aver neanche più bisogno di aria per respirare.
Infine, Joe, sprofonda sul sedile anteriore da passeggero.
Eh già, sembra che toccherà a me guidare.
Spingo la portiera del passeggero, che quando si chiud emette un rumore sordo.
Poi faccio il giro dell'auto e salgo a bordo della Bmw nera metallizzata, lucida e linda, che ci contiene tutti.
Mi volto verso Joe, che mi passa le chiavi della sua stessa auto e le faccio girare nel quadro appena sotto il volante.
Spingo il piede sul pedale, rombo del motore di grossa cilindrata, e ciao anche alla luce del lampione che illuminava l'auto come fosse un dono del cielo.
Scivolo lungo la Rodeo Drive e i fari illuminano una manciata di centimetri alla volta, del mio percorso.
Dicono sia la via più lussuosa della città. Boutiques per ricchi annoiati ad ogni angolo.
E la strada è tutto un insieme di luci, insegne al neon, taxi strillanti, e un bel po' di ragazzi ai bordi delle strade che tornano a casa dopo la loro serata brava.
Questa, è una delle grandi città che non dormono mai, quelle che si vedono nei film o di cui si parla nei libri.
Non importa che ore sono, come adesso che saranno circa le tre e qualcosa del mattino - sposto lo sguardo sull'orologio dell'auto, illuminato nel buio che ricopre tutto. Confermato, sono le tre e quarantasette del nuovo giorno - e tutto continua a vivere.
Non si ferma, la vita qui non finisce mai, e non comincia neanche. Non c'è confine.
Non c'è mattino, e non c'è notte, in città come queste.
E' solo un eterno vai e vieni, e spegni e accendi.
Okay, l'alcool fa anche il suo dovere. Motivo per cui alla domanda: "Dove hai intensione di passare queste vacanze, tesoro?" postami da mia madre, come ogni anno, da quando avevo quindici anni..
..io ho risposto semplicemente: "Los Angeles" senza spiegazioni.
A lei, non sarebbe importata neanche.
Ogni posto è buono se lontano, per lei.
E comunque, è perché qui il tempo non c'è, si ferma e ricomincia tutto, eccola la spiegazione.
«Accosta, accosta!» mi urla Joe, ed io scuoto il capo leggermente confuso. Perchè diavolo vuole che accosti?
Lo fisso per un istante e lui mi indica il marciapiede, così giro le ruote, e faccio come dice.
Sono troppo stanco per fare il duro, e quello razionale.
In più, sono brillo, il che non aiuterebbe affatto.
Una volta fatto, mi volto verso lui, che abbassa il finestrino.
Mi acciglio confuso nel tentativo di capire cosa stia per fare, quando lo sento urlare qualcosa.
"Hey, bella bionda! Vieni qui!" fa cenno a qualcuno di avvicinarsi.
Forse una puttana, o una ragazza che passeggia sul marciapiede scintillante.
Joe comincia a ridacchiare, e con lui anche Simon.
E io non capisco cos'abbiano da ridere.
Magari è solo, che la ragazza è un cesso.
E' l'unica ipotesi che ho, visto che Joe è piazzato davanti al finestrino.
Alzo un secondo gli occhi e scorgo Chris che sta ancora pomiciando con la ragazzina sul sedile posteriore, dallo specchietto retrovisore.
Mentre Joe incita ancora quel qualcuno ad avvicinarsi.
Sembra ci sia riuscito.
Qualcuno si avvicina e Joe ride ancora, abbassando del tutto il finestrino.
Poi si sposta, e io capisco.
Ride, perché magari quella ragazza, è un ragazzo.
E si sta avvicinando.
Ora è in piedi accanto alla portiera, un istante e si china, appoggiandosi all'auto.
Dal modo in cui si sporge all'interno dell'auto, capisco tutto.
Non è uno di quelli che sta tornando a casa dopo una notte di baldoria.
Lui di notte, ci lavora.
E' una specie di.. prostituta.
Non ricordo come si dica nel suo caso, nel caso di un uomo, ma comunque credo stiano così le cose.
Indossa una semplice camicia di Jeans stappata in qualche punto a renderla più selvaggia - cliente violento? - e dei jeans scuri logorati dal tempo.
Alzo gli occhi.
I capelli di lui sono disordinati e tenuti insieme da un po' di gel seccato, sembrano chiari.
E il viso è accaldato, credo, perché ha le guance chiazzate di rosso.
Oppure, magari, è appena uscito da qualche servizietto?
"Cosa vuoi che importi, Harry?" dico a me stesso, mentalmente.
Joe ride ancora.
Il ragazzo lo osserva un po' impaurito, forse ha capito con che tipo sta per aver a che fare, forse ha capito tutto.
Lo deduco dai suoi occhi.
Vanno avanti e indietro come una molla.
Lui non vuole essere qui, non vorrebbe essersi avvicinato.
«Ciao puttanella.» esordisce Joe, con un sorrisetto da stronzo dipinto sulle labbra.
Sta per divertirsi a torturarlo, e io lo so.
Dove arriverà?
Io sto in silenzio, non so che dire.
E lo fa anche il ragazzo appoggiato al finestrino, a poca distanza dal volto di Joe.
«Cos'è? Hai perso la lingua? Oppure ti si è solo consumata a forza di leccare cazzi, eh?» il tono è di pura cattiveria, e acidità.
Il ragazzo abbassa gli occhi, ma a Joe non basta.
«A quanto ti dai, eh, puttanella? Quanto vuoi per prendere il cazzo di qualcuno nel tuo bel sederino bianco?» sussurra ancora, sfiorando il viso di lui con le dita.
Il ragazzo si ritrae e non parla, neanche una parola, Joe ride.
«Leva le tue manacce luride dalla mia macchina, brutta troia. Lo sai quanto costa quest'auto? Più di quanto tu possa solo sognare di guadagnare vendendo il culo o succhiando cazzi.» gli sbraita conto, con la sua voce tagliente.
Il ragazzo si stacca subito dall'auto e si sposta di un passo.
Alza gli occhi, mentre Joe finge di ripulire i resti di qualcosa dal finestrino.
Mi sta guardando.
I suoi occhi sono stanchi, e pieni di paura.
Rassegnati.
Sono di un colore intenso, azzurri. Azzurri come l'oceano e tutte le sue sfumature, scuri, sotto le ombre che gli ricoprono il viso.
E lo sento, mi sta pregando di aiutarlo, mi sta pregando di accendere l'auto e andare via.
E portarmi via quell'incubo prima che crolli.
Lì, su quel marciapiede.
Joe è intento a dire altro, Simon intanto è crollato sul sedile posteriore.
E Chris al suo fianco si arriccia tra le dita i capelli neri corvini della ragazzina, parlandole di quando la sposerà e altre cazzate del genere.
Io faccio tuonare il motore, e Joe mi guarda.
Mi volto velocemente verso il ragazzo, lo guardo ancora negli occhi.
"Grazie" mi dicono, ma le sue labbra non si muovono.
Provo solo ad immaginarlo.
E sguscio via da quel posto, beccandomi un occhiataccia annoiata e irritata da parte di Joe.
«Coglione.» mi dice, poi si volta, e guarda fuori dal finestrino.

Come l'oceano, erano come l'oceano in tempesta.
E ci ripenso tutta la notte.


The prince and.. the whore? ||Narry.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora