Caldo, come l'inferno.

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"My body is waiting for your touch."
Capitolo 7.

Red Rose's Night, all'ingresso.

"Smetti di tremare, Niall. Smettila."
Non riesco. Sono pietrificato.
La sua voce mi suona ancora in testa.
"Verrò a prenderti."
E un altro brivido mi attraversa di scatto l'intera spina dorsale.
"E' un appuntamento."
E il panico mi assale.
Sono un blocco di marmo.
Ogni singolo muscolo del mio corpo giace immobile.
Le vene si inondano di cemento e mi tengono fermo.
L'aveva lui.
Lui aveva il mio bracciale.
Lui aveva il regalo di Rachel.
E per chissà quale stupida ragione, io mi dico che è un segno.
Lui è un segno.
Evidente quasi come il cerchio umido delle sue labbra, sul mio collo.
Delizioso e piacevole come la sensazione che avverto quando una leggera brezza si scontra sulla mia pelle, e mi scuote da capo a piedi.
Lo guardo mentre si allontana.
Non riesco a staccare gli occhi dal suo corpo.
E' con dei ragazzi.. gli stessi della prima sera, alla Rodeo.
"E se l'avesse fatto apposta?" la voce nella mia testa, non può proprio tacere.
E i dubbi mi cadono addosso come un secchio d'acqua gelida e salata, mi bruciano la pelle, e mi riportano nel mondo.
"Se.. se l'avesse fatto per rivedermi? Se si fosse accorto la stessa sera che avevo perso il mio bracciale? E ha aspettato fino ad ora per ridarmelo.."
Ci rifletto, mentre fisso una coppia che barcolla verso un taxi, ridendo invece di fischiare per richiamare l'attenzione del conducente, che li ignora e tira avanti.
No. Non ha alcun senso. Lui non sapeva come trovarmi.
Me l'ha chiesto solo dieci minuti fa.
Ma sa che ero alla Rodeo.. mi ci ha trovato due volte.
Sa qual è il mio posto.
E mentre questa assurda nebbia fatta di ipotesi e pensieri contorti mi aleggia in testa, qualcosa mi sale su per la gola
Veloce, troppo.
Con uno scatto mi piego in avanti e un getto di acido sprizza dalle mie labbra schiuse.
Raggiunge il suolo e il sottopiatto di una pianta posta all'entrata del locale.
Il mio corpo viene scosso dai conati e il sapore ormai acre e disgustoso dei sette drink che ho bevuto si adagia sulle mie papille gustative e mi provoca solo altra nausea.
Mentre provo a respirare, una mano mi si posa sul petto e l'altra raggiunge il mio fianco.
Qualcuno mi tiene, e mi rimette dritto con molta calma.
Appena in piedi, sbatto forte le palpebre, per scacciare le lacrime dovute allo sforzo del vomito.
Per riuscire almeno a schiarirmi la vista.
Di chi sono queste mani?
Mi volto lentamente, e davanti a me, c'è un ragazzo.
Capelli rossi, raccolti in un cappello della Supreme dal quale spunta un ciuffo.
Alto, magro, pelle chiara quanto la mia, occhi scuri e piccoli, neri.
Mi sorride, e le sue guance spruzzate di lentiggini si gonfiano un po'.
«Stai bene?» le sue labbra carnose si muovono a rallentatore mentre le guardo.
Dentro la testa ho un milione di api che ronzano e si scontrano, e mi divorano il cervello.
Non sento nessuno dei suoni intorno a me.
Non sento il clacson delle auto che si staccano dal marciapiedi.
Una dietro l'altra come i vagoni di un treno.
Non sento l'ubriaco marcio che canta, appoggiato al muro, poco distante da questo tizio.
Che non so chi sia ma che continua a sorridermi.
Annuisco piano, anche se non capisco una parola di quello che dice.
«Andiamo, amico. Ti accompagno a casa.» sta ancora sorridendo, sulla sua guancia destra compare una leggera fossetta.
La osservo e arriccio al naso.
Non è bella come quelle di Harry.
Perché sì, Harry ha le fossette.
L'ho notato, un paio di volte.
Quando sorride assume l'espressione di un bambino.
Le guance dolci, gli occhi di un colore acceso e vivo, come i prati in primavera.
Nelle sfumature, ci ho intravisto anche dei raggi di sole.
Ma lui non lo sa.
Dovrò dirglielo.
Mentre ci penso molto seriamente, questo tizio mi prende sotto braccio come se fossi sua nonna e mi accompagna a un auto.
Una Yugo color azzurro cielo, con varie ammaccature sul paraurti anteriore.
E una miriade di graffi sulla fiancata dalla parte del passeggero, che mi fanno dedurre che sia un tipo da guida spericolata.
Oppure ha fatto tanti torti a qualcuno.
Oppure la sua ragazza aveva le sue cose, e si è sfogata in una nuova attività.
"Roviniamo la vernice su quel cesso ambulante dell'auto del mio ragazzo."
Dev'essere simpatica.
Voglio conoscerla prima o poi.
Ammesso che esista.
«Una limousine? Per me? Oh, grazie.» faccio un mezzo inchino e comincio a ridere come se fosse l'unica cosa da fare in questi casi.
Non devo vergognarmi, o sentirmi umiliato, o spaventato perché un tipo mi carica in macchina.
Anche se non è la prima volta, anzi.
Io devo ridere.
In più sono fuori servizio stasera, quindi che diavolo vuole questo tizio da me?
«Chi sei tu?» gli punto un dito sul petto, mentre Ruddish - sì, l'ho chiamato così - continua a guidare tranquillo sotto la luce dei lampioni che gli illuminano il viso ogni cinque secondi, a intermittenza.
E' un continuo "ti vedo - non ti vedo" e io sento che mi sta ritornando la nausea.
E che potrei vomitargli sul parabrezza, da un momento all'altro.
Lui ride, poi si inumidisce le labbra e parla con quella sua voce strana.
E' canadese.
Lo si capisce subito.
Io me ne intendo.
«Non ti ricordi di me?» sospira con fare tragico.
«Come potresti. Ne vedi ogni sera.» adesso sogghigna, ed io mi acciglio.
Ci sto capendo poco.
«Sono Adam. Io e te siamo stati insieme, una notte. Mi pare.. due mesi fa. Da allora sogno tutte le notti di farmi un altro giretto sulla tua giostra.» a quel punto il suo sguardo si posa su di me.
Isuoi occhi scandagliano la mia figura stravolta e disfatta, e poi mi sorridono maliziosi e pieni di voglia.
E io non so che fare.
Questa è la mia serata da ragazzo normale.
"Ma i ragazzi normali non fanno sesso?" - Sì. - "Anche con degli sconosciuti?" - Sì. - "Allora è okay?" - No. -"Perché?" - Perché tu vuoi Harry. - "Ah."
La mia coscienza ha proprio ragione.
Ma l'istinto mi dice di cedere.
Questa notte è troppo aggressiva contro di me perché la passi da solo.
E se avere qualcuno vuol dire ricevere una bella scarica di umiliazione domattina, allora va bene.
Non c'è niente di diverso da tutti gli altri giorni della mia dannata vita.
"Hey, Dio, fai del tuo meglio."
Io e lui ci intendiamo a meraviglia.
Lui mi punisce per i miei peccati e io lo ringrazio.
Mr Braitles è di guardia.
Cristo, ma la mummia non dorme mai?
Hai 86 anni, ma fattela una vacanza.
Che hai da perdere? Ti resta poco.
Goditelo.
E invece no, sta lì.
E questo tizio mi sta appiccicato addosso manco avesse un barattolo di colla vinilica spalmata sui vestiti.
«Buonasera, Mr Braitles.» cerco di essere abbastanza gentile con il rudere antico che è quest'uomo.
E nel frattempo scanso anche Ruddish e gli lancio uno sguardo torvo.
«E tu chi sei?» il vecchio inforca gli occhiali ambigui e li appoggia sulla punta del naso porcino, osservandomi con insistenza.
Magari sta scavano nella sua memoria marcia, tentando di ricordare chi sono.
Mi ritengo offeso.
Sono così facile da dimenticare?
«Il coinquilino di Norah.» taglio corto.
Non ho voglia di giocare stasera, Julius.
Fammi entrare e stammi bene.
«Leeslie?»
«Sì.» annuisco.
Qualcosa mi scivola sulla schiena.
Viscida e indelicata, la mano del tizio mi palpa il sedere in modo impacciato.
Domani avrò un livido su una chiappa.
Gandalf mi guarda poco convinto, poi si raddrizza.
Ah, allora l'Alzheimer non ti ha messo del tutto K.O. eh?
Ecco lo sguardo disgustato e la sua mano che tira la leva.
La sbarra si alza e il vecchio tossisce.
Mi sta intimando silenziosamente di sparire.
Non ho voglia di contraddirlo, così striscio nell'atrio con "Profondo Rosso" alle calcagna.
Un angolo buio appena sotto il palazzo e lui.. comincia a tastarmi.
La sua lingua si insinua sotto il mio orecchio.
Una zona che se stimolata bene, mi fa impazzire.
Ma lui non sa farlo.
Non sento niente.
Non sento i brividi.
Non mi dà emozione.
Non è come il bacio di Harry.
Io non sto tremando.
Spinge la porta ed entriamo nell'androne del palazzo.
Mi sbatte al muro e le sue labbra insistono sul mio collo.
E mi si preme addosso.
E la sua erezione mi sbatte sulla gamba, continuamente.
Ma non riesco a lasciarmi andare.
E' sbagliato.
Io non lo voglio. No.
Voglio stare da solo.
Voglio aspettare tutta la notte e il giorno intero di domani la chiamata di Harry.
Voglio passare la notte con lui.
Senza soldi, tariffe o limiti.
Solo le nostre carni che si intrecciano e i nostri respiri che si spezzano.
Le sue labbra, le sue mani, i suoi occhi su di me.
Spingo le mani sul petto di questo sconosciuto e mi divincolo.
Come diavolo ha detto di chiamarsi?
Qualcosa con la A.
Albert.. Andy.. Aaron.. A.
Mi resta solo la A.
«Andy..» sospiro, mentre la sua saliva mi scivola sulla pelle e lui la lecca via.
Che schifo. Dio.
«Adam..» precisa lui, con un tono che sicuramente crede essere sensuale ma è solo disperato.
«Sì.. io.. io non voglio più farlo.» sussurro, spingendolo di nuovo lontano dal mio corpo.
Finalmente riesco a intravedere i suoi occhi.
Sono ancora più scuri.
Ancora più tetri.
Mi mettono ansia, paura.
Non sono quelli di Harry.
Di quel verde tranquillizzante e delicato.
Solare.
Questo tizio è buio.
Harry è luce.
Io sono stanco del buio.
«Shh.» biascica roco e spinge contro la porta dell'appartamento.
E' aperta.
Mi tira a sé e avanza all'interno.
Diretto alla camera da letto, vuota.
Non c'è scampo.

The prince and.. the whore? ||Narry.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora