Capitolo 1

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Era una sera come tutte le altre, un cielo scuro e stellato ma senza luna. Berlino era sotto questo cielo, bellissima quanto rovinata. Le stelle si andavano a riflettere negli occhi di Scout che aveva il viso rivolto verso l'alto, con un espressione incantata.

Le era sempre piaciuto il cielo stellato, fin da quando era piccola, si sdraiava sull'erba del suo giardino nella sua amata Inghilterra e rimaneva ore intere a contare le stelle. Quando ne perdeva il conto ripartiva "Uno, due, tre, quattro..." fino ad arrivare a mille o più. Non era mai stata paziente lei, per questo aveva iniziato a tenere un quadernetto dove scriveva le cifre delle stelle per non perderne il conto, invece le stelle erano pazienti, rimanevano sempre lì ad aspettare e a aspettare un qualcosa di imprecisato, nè comprensibile agli occhi di tutti gli uomini, nè dagli occhi ancora innocenti della piccola Scout.

Dopo cinque minuti buoni si decise a muoversi, aveva una missione ben precisa da svolgere, anche quella sera. Strinse tra le mani la piccola pistola nera e si nascose meglio nell'ombra di un muretto diroccato, sporse appena la testa, via libera. Tese le braccia in aventi e chiuse l'occhio sinistro per avere maggior precisione nella mira. Premette il grilletto e un soldato tedesco girato di spalle pochi metri più in là cadde a terra producendo un tonfo sordo sovrapposto al rumore dello sparo. La bionda si tirò immediatamente indietro tornando a confondersi nell' ombra, ancora sessanta secondi esatti e sarebbe uscita allo scoperto per sparare altri colpi ai soldati che, come accuratamente calcolato, sarebbero arrivati di lì a poco grazie al botto prodotto dallo sparo. Si portò una mano al cuore che batteva all'impazzata, dannazione le accadeva sempre durante questo genere di spedizioni. Perchè?

Semplicemente perchè Scout ora era consapevole di non essere più innocente come quando contava le stelle.

***

Poco più in là, forse qualche via distante, Rachel aveva sentito lo sparo. Si strinse nella vecchia coperta lurida e chiuse gli occhi pregando. Non le erano mai piaciuti quelli spari. Ogni volta che li sentiva le veniva la pelle d'oca e una fastidiosa scossa le percorreva il sistema nervoso. La sua mente ripercorreva varie immagini, come fotografie impresse nella sua testa. In una c'erano i suoi genitori a in attesa di una fucilata da parte di un uomo con il fucile, non era un uomo, era un macellaio. Un'altra ancora rappresentava un piccolo bambino con i riccioli biondi e un magnifico e infantile sorriso, abbracciava un orsacchiotto rovinato di pezza. Riino, così lo aveva chiamato a quanto ricordava Rachel.

Chissà dove era ora quel pupazzo. Probabilmente in un mucchio confuso di vestiti e scarpe a Buchenwald, in un mucchio di altri mucchi, vestiti, capelli, valige, scarpe, occhiali e così via... tutte tracce di persone esistite che ora erano scomparse come erano arrivate, così, dal nulla. Riino era in posto dove i sorrisi, la gioia e la speranza non erano mai entrati. In quel luogo Rachel aveva perso la mamma, il papà e il piccolo Michael. Lì aveva perso il suo mondo e la sua persona. Ora non si sentiva più nulla, gli uomini dagli occhi di ghiaccio le avevano tolto tutto, però le avevano lasciato un numero "269080". Cosa era ora? 269080. Un numero, solo un numero. Non si era cancellato durante la corsa tra le spighe di grano, in fuga dal campo di sterminio. Non si era cancellato a Berlino dove credeva di essere al sicuro. Non si era cancellato nemmeno ora, era ancora lì, fermo e impassibile destinato a raccontare una storia.

Rachel torturò la piccola stella di Davide che portava al collo. Lei era quello, "ebrea", e 269080.

***


Edmund stava tranquillamente bevendo un caffè. A differenza di altri tedeschi non amava bere e preferiva vivere in un appartamento nel centro di Berlino piuttosto che in caserma. Gli era arrivata notizia di un altro attentato. Un altro soldato tedesco trovato con un proiettile in fronte. Sospirò chiedendosi il perché lui era ancora vivo. Si alzò dalla sedia di legno della cucina, si sistemò l'uniforme nazista, la odiava, era così scomoda... Prima di uscire di casa si fermò davanti allo specchio. Passò una mano fra i capelli biondi tirati all'indietro e inzuppati nella lacca. Quanto avrebbe voluto lasciarli sciolti e ribelli ma non poteva. Il capo non avrebbe approvato.

Il capo.

Al diavolo, al diavolo il capo, al diavolo il suo lavoro, al diavolo quella follia. Lui voleva solo sopravvivere, chiedeva troppo forse? Guardò la sua immagine riflessa nello specchio, vedeva una pedina, un soldatino da guerra pronto a muoversi a comando. Era l'ombra di se stesso che aveva mutato gli occhi azzurro cielo e gioiosi in freddi occhi color ghiaccio, privi di vita ed espressione. Gli sembrava di essere un robot da comandare e da muovere, senza emozioni solo indifferenza. La vitalità che aveva due anni prima era svanita lasciando posto a un vuoto incolmabile. Scacciò via tutti quei pensieri, come aveva sempre fatto e uscì di casa lasciandosi tutto alle spalle, come aveva sempre fatto.


Under The Bombing  ||Role Play||Where stories live. Discover now