4- Promises

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'Oh cazzo'. Mi tappai la bocca e chiusi gli sportelli con un calcio alle mie spalle.

Era appoggiato allo stipite della porta con le gambe incrociate: impugnava le mie mutande fra le mani e le faceva roteare in aria con un  sorriso malizioso stampato in volto.

'Come sei entrato?!' Percepii il calore invadere il mio volto e, dentro di me, un'enorme senso di terrore sopraffarmi.

Giocherellava con l'elastico delle mutande e continuava a ridere in modo irritante.
'Sono un ladro, Elizabeth...' Si giustificò, improvvisando un'alzata di spalle. 'Non posso mica svelarti i trucchi del mio mestiere...'

Di tutta risposta mi lanciò l'intimo ed attese che lo afferrassi al volo, prima di proseguire.

'Non dirai niente a tuo fratello, vero?' Chiese con molta convinzione e calma, mentre con i suoi occhi marroni, squadrava attentamente il mio volto stravolto.

Non risposi — insomma, non avevo molto da dirgli se non mettermi a strillare per chiedere aiuto.

'Sai, non ho voglia di sporcarmi le mani di sangue all'ora di pranzo...' si lamentò.

Infilò le mani nelle tasche dei suoi jeans e venne verso di me mentre la sua lingua massaggiava lentamente le sue labbra carnose.

Abbassai lo sguardo e serrai i denti per qualche secondo, intenta a calmare il mio respiro, prima di trovare il coraggio di parlare.

'Poi te ne andrai?' Chiesi, alzando il capo per poterlo guardare in volto.

Ed intanto era arrivato difronte a me, con scaltrezza, silenziosamente.
Allungò una mano nella mia direzione e spostò una ciocca dei miei capelli dietro all'orecchio, per poi sorridere lievemente, lambendo la pelle della mia guancia.

'Sono venuto per un motivo e non ho intenzione di andarmene adesso', alzò le spalle, distratto.

La sua mascella era tesa, i suoi occhi scuri e le sopracciglia aggrottate; era così inquietate che perdevo persino il coraggio di guardarlo.

'Non sei venuta oggi...' mormorò, abbassando poi anche lui lo sguardo.

E a quelle parole i miei occhi si sbarrarono ed scattarono a guardarlo.

'No, non sono venuta, quindi?' Risposi in modo piuttosto arrogante.

Lo sentì trattenere una risatina amara e poi, quando meno me lo aspettai, si avvicinò di colpo a me e fece aderire perfettamente il suo bacino al mio, prendendomi i fianchi.

Alzò lentamente il capo per guardarmi, senza dire una parola, mentre le mie ossa si irrigidivano spaventosamente sotto alla sua sfrontata vicinanza.

Restammo così per qualche minuto, fino a quando non fui io a troncare la quiete.

'Cosa vuoi da me'.
La mia non era una domanda, poteva sembrare quasi un'affermazione.

E la mia mascella si serrò nervosamente quando avvertii il suo volto avvicinarsi, di tutta risposta, seguito dal caldo respiro che fuoriusciva dalle sue labbra e sfiorava delicatamente la pelle del mio collo.

'Voglio tutto, Elizabeth'. Sussurrò.

Restai immobile.

Ingoiai rumorosamente la saliva che avevo in bocca e poi sospirai profondamente.

Lo sentii avvicinarsi ancora un po' a me, e quando cercai di riprendere il fiato mancante, mi si bloccò nuovamente lungo la gola a causa delle sue labbra calde e morbide, che si posarono sul mio collo, quasi inanimate.

'Posso restare qui?' Mi interpellò, lasciandomi percepire il suo lento labiale.

E non seppi cosa dire. Cosa, se non un dannato e la sola speranza di concludere repentinamente quel momento.

'Poi te ne andrai, promettilo'. Replicai con fermezza.

Lo intravidi mentre annuiva distrattamente, mentre lentamente indietreggiava e si allontanava da me, con le labbra inarcate in maniera malefica e rabbrividente: 'prometto che sarò bravo', rise.

E quasi come se fossi stata un ostaggio pronto a recitare nel ruolo di una disinvolta ragazza in un giorno qualunque della sua vita; dopo quell'inspiegabile incontro scesi le scale, arrivando al piano di sotto, senza aver fatto niente di tutte le cose che aveva detto Niall.

Arrivai in cucina e trovai mio fratello che stava preparando i piatti, mentre fischiava distrattamente qualche strana melodia.

'Già fatto?' Sorrise non appena mi vide e strusciò la sedia sul pavimento, per farmi sedere.

'Beh, in realtà sto meglio'. Feci spalluce.

Andai verso la sedia e mi accomodai, lasciandomi stampare un bacio sulla guancia prima che cominciassimo a mangiare.

Mangiammo silenziosamente; nessuno osò aprir bocca quel giorno, quasi come se la tensione che avessi addosso potesse trasmetterai fa le mura di quella casa, creando un'atmosfera fredda e bizzarra.

Era difficile stare zitti con Niall, ed era altrettanto complicato metterlo in imbarazzo... Ma quel giorno preferì non aprir bocca, forse per non rattristarmi più del dovuto.

Non appena finimmo di fare pranzo andammo entrambi sopra al divano per guardare un po' la televisione.
Niall amava i film d'azione, infatti metteva sempre dei suoi tanti film che collezionava dall'età dei dodici anni: non appena finivamo di vederlo era solita arrivare l'ora di andare a lavoro.

Dopotutto aveva una vita piuttosto faticosa: di mattina andava a scuola e di pomeriggio lavorava, a parte alcuni giorni, nei quali lavorava soltanto; e il tutto per mantenere noi due e per pagare l'affitto di casa.

Tolse il disco, lo mise a posto nella sua custodia e poi lo posizionò nello scaffale da dove lo aveva preso.
Non era affatto un ragazzo preciso ed ordinato; ma faceva eccezione per le sue cose.

'Ci vediamo stasera!' Prese il giubbetto che aveva lasciato in cucina e mi salutò con un cenno.

Sorrisi di tutta risposta.

Non appena chiude la porta alle sue spalle feci attenzione ai suoi movimenti ed aspettai che se ne andasse, prima di alzarmi velocemente dal divano ed affacciarmi alla finestra, con il fiato corto.

Lo vidi salire in macchina e partire.
Restai a guardarlo mentre se ne andava e presi un profondo respiro carico di coraggio quando la sua macchina, con abitudine, percorreva la strada deserta che conduceva alla città.

Tirai fuori il mio telefono dalla tasca dei jeans e con le mani quasi tremolanti sbloccai la tastiera, per digitare velocemente un numero d'emergenza.

Quello della polizia, per l'esattezza.

Se avessi chiamato lui sarebbe stato sbattuto in galera ed io avrei avuto un peso terribile nello stomaco, per il resto della mia vita.
Ma infondo era ciò che meritava, era un ladro, un dannatissimo e sconnesso aguzzino e non poteva girare in libertà come qualunque altro ventenne.

Presi un profondo respiro.
Appoggiai il mio dito sulla cornetta verde impressa sul display e spostai nuovamente lo sguardo verso il paesaggio fuori dalla finestra, staccando gli occhi dallo schermo del telefono.

E in fine premetti contro lo schermo, senza pensarci ancora a lungo. 

Aspettai che partisse la chiamata prima di portare il telefono all'orecchio e di prendere un profondo respiro.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 20, 2019 ⏰

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Storia di un ladro - ZAYNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora