STORIA QUALUNQUE DI UN COLLEGE AMERICANO

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CAPITOLO1

Trasferimento

Fissavo il vuoto dalla finestra, completamente assorta nei pensieri, mentre fuori dalle mura il ticchettio della pioggia scandiva il ritmo dei miei stessi battiti. Seguivo con gli occhi il percorso di ogni goccia fredda che moriva nel fango.

Mi ricordai di respirare e aprii bocca... come se qualche parola stesse con fatica cercando un'ancora di salvezza in quel mare amaro. Mandai giù, schivando i ricordi. Questa era la mia "nuova vita " adesso. Dovevo essere severa con me stessa. Ma non mi dava conforto nemmeno l'autoconvincimento. Non riuscivo bene a riconoscere di cosa si trattasse... Non ero triste. Non provavo angoscia, non ero inquieta. Se avessi potuto buttare giù su un foglio le mie sensazioni, probabilmente avrei abbozzato solo uno scarabocchio. O magari solo un puntino... e... Nient'altro attorno. Io.

Quando i ricordi mi disturbavano prepotentemente, il mio istinto reagiva d'impulso riconoscendo il nemico, proprio come quando il tuo corpo riconosce il virus dell'influenza. Non restava che "nebbia" per sfocare i visi, i gesti... i giorni, per non sbatterci la testa troppo forte. Preferivo non affrontare il dolore nella sua barbara autenticità, preferivo lasciare tutto "sospeso" avvolto nel gelo che aveva ibernato il mio cuore pur d'anestetizzare quelle ferite che ad ogni battito bruciavano. Trasalii e cominciai a sudare... Non volevo piangere, volevo solo ricominciare.

Fui interrotta da un rumore meccanico:<<bene, due giorni di convivenza bastano per demolire un appartamento>>pensai. Odiavo l'idea della convivenza in tutte le sue varianti. Non ero ostile ai miei nuovi compagni d'<<avventure universitarie >> o meglio, non era mia intenzione esserlo... L'unica cosa che chiedevo era di non violare troppo lo spazio che avevo costruito pazientemente intorno a me, non giustificare, ma almeno comprendere la mia volontà di non voler condividere i loro momenti di "grande divertimento ". Me ne stavo sulle mie... sì.

Ero nuova lì, ed era il mio primo anno alla facolta di lettere. Non sapevo ancora orientarmi bene ma la mia adorata mamma mi aveva aiutato a preparare grossi pacchi con tutto ciò che mi sarebbe servito durante il primo semestre, prefiggendosi di venirmi a trovare almeno un weekend; e mi aveva salutato cercando di nascondere una lacrima che seppellii nel cuore.

Becky e Anna frequentavano il secondo anno di medicina, Gus, invece, il quarto di legge e Matt lavorava in uno studio discografico come tecnico. Gli bastarono due giorni per instaurare un buon rapporto, e leggevo nei loro occhi dispiacere sincero per il mio atteggiamento diffidente.

Forse avrei voluto dire loro <<mi dispiace, passerà >> poi... Pensai che infondo non me ne importava granché e non avrei dovuto giustificarmi con dei perfetti sconosciuti. Aprii il primo pacco forzandomi di iniziare a dar una sistemazione alle mie cose... <<mamma>> esclamai. In cima alle felpe una nostra foto. La strinsi fra le mani...<<mi dispiace di averti deluso>> sussurrai. Iniziai a uscire tutto il contenuto del pacco. Pur essendo consapevole che nulla fosse stato dimenticato , continuai a cercare, scavare, controllare. C'era tutto, ma quel tutto non bastava. D'un tratto la porta si aprì :<< Beth...ehm, sì, Scusami. Avrei dovuto bussare>>.
Io deglutii e nascosi la foto di scatto con una mano mentre con l'altra asciugavo una lacrima, frettolosamente ...: <<sto...arrivando...si,arrivo>> Matt fece un cenno con la mano abbozzando un sorriso, abbassò il viso e sparì dietro la porta.

Lasciai cadere la foto nel pacco e cercai appoggio con le mani. Il freddo del muro entrò immediatamente a contatto con la nebbia che mi stringeva il petto . Mi sforzai di far prevalere la ragione per cui ero partita lasciandomi tutto alle spalle. Essere forte e bastare a me stessa, sempre.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 31, 2022 ⏰

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