Capitolo Quattro

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I suoi occhi si aprirono lentamente, una bianca luce la accecava.
Le fredde piastrelle del pavimento erano a contatto con la sua dolorante schiena.
Si sedette lentamente, notando di essere nel suo bagno.
Si appoggiò al tavolo, aiutandosi per alzarsi.
Quando finalmente si rimise in piedi, si guardò nel grande specchio.
Dopo un po' di minuti di completo silenzio, scoppiò in una violenta risata.
Un largo sorriso le attraversava la faccia.
Sia la sua pelle che i suoi capelli erano diventati bianchi e grandi cerchi neri le circondavano gli occhi, partendo dalle sopracciglia, fino ad arrivare alle guance.

«AHAHAH! Adesso è più come lo volevo. Finalmente mi sento me stessa!» disse.

«Per favore... lasciami in pace...» implorarono le labbra che prima erano di Alice.

«Ho sopportato troppo... per troppo tempo.» rispose Zero.

Alice non ribatté, era scomparsa.

«AH! Assomiglio ad uno scheletro, ma non del tutto.» commentò, ammirando la sua carnagione bianca.

Uscì dal bagno, dirigendosi verso il soggiorno.
Prese delle forbici, un ago e del filo. Quando entrò di nuovo nel bagno, posò i suoi attrezzi e sorrise allo specchio.
«Uno scheletro come si deve, dovrebbe avere i suoi denti.» disse, mentre le forbici affilate tagliavano le guance.
Il sangue le colava fino al mento.
Le lame tranciavano i muscoli e i nervi nella sua carne, in ogni lato della faccia.
Il liquido cremisi continuava a colare. Dopo aver terminato i grandi tagli che le attraversavano la faccia da orecchio a orecchio, prese ago e filo e cominciò a cucire la ferita, in modo da lasciare delle lineette verticali equidistanti.
Non cucì solo la bocca, per riuscire parlare.
Dalle ferite, continuava a scorrere il liquido rosso.
Assunse un'espressione disgustata e inclinò la testa.

«Ugh, rosso. Odio quel colore. Ricorda, Alice, il sangue rosso che grondava dalla testa di tuo padre e le fiamme rosse che consumavano tua madre.
Questo colore è l'ultimo che mi è rimasto in testa, prima che tu mi abbandonassi.
Meglio non ricordarlo.»

Disse, mentre si chinava verso il pavimento, per poi immergere l'indice nella candeggina.
Si rialzò, per poi buttare la testa all'indietro, sollevare il dito sopra ai suoi occhi e lasciare che delle gocce vi cadessero su.
Iniziarono a bruciare come se fossero in fiamme e non poté vedere nulla per qualche minuto.
Quando la vista le ritornò, quello che prima era un liquido cremisi si trasformò in sangue nero.
Tutto ciò che poteva vedere era di un nero profondo, bianco accecante o grigio sbiadito.
Non avrebbe più visto quell'orribile colore un'altra volta.
Finito ciò che doveva fare, ritornò in soggiorno, quando sentì lo squillo del telefono.

Si diresse nella stanza di Alice e rispose.

«Pronto?» disse in un tono subdolo.

«Alice! Oh mio Dio, stai bene! Non ti ho vista per mesi. Pensavo che fossi scomparsa per sempre!»
Disse Ann, in preda al panico.

«Sto bene. Più che bene, in realtà.» Zero ridacchiò.

«Bene! Possiamo incontrarci? Ho qualcosa per te!» disse emozionata.

«Eheh, sarò subito da te.» rispose Zero, riattaccando subito.

Sorrise, tirando la pelle attaccata col filo.
Uscì velocemente fuori dalla stanza, prendendo il martello e correndo via di casa, per poi immergersi nella foresta autunnale.
Sbucò dalla parte opposta, camminando per la strada vuota.
Lo sporco strumento che si portava appresso strideva contro l'asfalto. Ridacchiò tra sé e sé, dirigendosi verso la casa.
La luce della cucina era accesa e non c'era la macchina dei genitori parcheggiata.
L'ombra di Ann corse per la piccola finestra illuminata.
Zero, diventando sempre più impaziente, salì i gradini e bussò alla porta di quercia.

«Sono subito da te, Alice! Cavolo, adorerai il tuo regalo.» urlò Ann da un'altra stanza.

Quando aprì la porta il suo sorriso sparì velocemente.
Quella che una volta era la sua amica, era diventata invece un mostro bianco.
Il silenzio riempì la casa per parecchi minuti, dopo di che, Ann, corse verso il salotto.
Zero la prese per il braccio, prima che potesse scappare e la scagliò contro il pavimento di legno.

«Alice! Cosa stai facendo?!» gridò Ann.
Zero si avvicinò in fretta a lei, poggiando il piede sul suo braccio... tranciandolo in due.
Le sue urla rimbombavano sulle pareti della casa.

«AH! Alice ormai è andata... e non tornerà. Ti chiederai il perché. Beh... non puoi avere uno Zero, se rimane qualcuno.»

Rise, sollevando il grande martello sopra la sua testa.
Con tutta la forza di Zero, il martello si conficcò nel cranio di Ann, facendo schizzare ovunque del liquido nero. Senza esitazione, tirò fuori l'arma dalla sua testa e la scosse, per far cadere i pezzi di cervello rimasti attaccati.
Il corpo immobile di Ann giaceva sul pavimento, con i morbidi organi al di fuori.

Con un ghigno, se ne andò, per poi ritornare con un grosso coltello.

«Hm, vediamo cosa possiamo farci con questi.»

Disse, rigirando il corpo di Ann, in modo che la pancia fosse a contatto col pavimento.
Prese il coltello e incise ambedue le gambe di Ann, le braccia e la schiena. Aprì lentamente i tagli, muscoli e tendini venivano strappati e il liquido nero colava a fiotti.
Ripetè l'azione con il resto e, allora, scavò con le mani nella sua schiena, tirando fuori la cassa toracica.
Tirò e tirò, finché finalmente non riuscì a strappar via la spina dorsale e la gabbia toracica.
Ridendo, le poggiò vicino al corpo di Ann, poi fece lo stesso con le braccia e le gambe.
Erano tutte nell'ordine giusto, lo scheletro di Ann giaceva accanto alla sua carne.
Mancava solo il cranio.

«Hmm, il tuo cranio è troppo danneggiato e sarebbe troppo impegnativo separarlo dalla pelle. Così... so cosa fare!»

Zero immerse le mani nella pozzanghera di sangue nero e disegnò uno zero al posto della testa, sopra allo scheletro.

«Perfetto! Ora sei come me! Uno scheletro, solo... oh, che cos'è?»
Qualcosa vicino al suo corpo catturò la sua attenzione.
Una scatola con un fiocco sulla cima, sul bigliettino si poteva leggere

"Per Alice".

Sciolse il fiocco e, all'interno, vi vide una semplice sciarpa bianca e nera.

«Oh, grazie Ann. Sapevi che odio i colori.» disse, mentre avvolgeva il capo attorno al suo collo.
Luci rosse e blu provenienti dall'esterno illuminavano la stanza buia.

«Beh, è stato divertente, Ann. E ora che tu te ne sei andata, filamente ne abbiamo zero.» disse la bianca faccia da killer, per poi uscire da quella casa e ritornare nella buia foresta.

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