Capitolo Due

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Dopo l'incidente dei genitori, il suo vicino, il signor Rogers, la prese con sé.
Lei lo odiava, lui era uno sporco, grasso uomo, ubriaco per la maggior parte del tempo.
Ma lei lo odiava ancora di più per il fatto che non l'avesse controllata, quel giorno, per colpa sua... lei uccise i suoi genitori.
Ma non c'era nessun altro, nessuna famiglia, nessun amico, era stata lasciata sola, la triste sofferenza divenne la sua sola compagnia.

Alcuni anni dopo, la ragazzina si ritrovò nell'aula di storia, disegnando piccoli omini nel suo quaderno.
Nel momento in cui stette per disegnare i capelli di uno di loro, qualcosa catturò la sua attenzione. Una mano rugosa le mise davanti agli occhi un test con un grande zero stampato su, coprendo il suo lavoro.

«Alice, speravo che tu prestassi attenzione nella mia classe, non ti serve un altro zero.»

Disse la vecchia insegnante di storia di Alice.
Alice, improvvisamente, si sentì la testa pesante.
Qualcosa di ciò che le aveva appena detto... l'aveva infastidita, ma lei non sapeva di cosa si trattasse.

«S-sì, signorina Kirst.» rispose Alice, cercando di non creare contatto visivo.

Durante la lezione cerco' di capire cosa stesse succedendo, ma la testa continuò a farle sempre più male, fino a farle venire la nausea.
Chiese il permesso di uscire dall'aula e corse velocemente verso i servizi. Alice gettò dell'acqua fredda sul suo viso scottante, guardando verso lo specchio.
Ma saltò all'indietro, col cuore che batteva all'impazzata, quando vide il suo riflesso.
Giurò di essersi vista... ammiccare.

Dopo alcune ore, si sistemò nell'aula d'arte, guardando i lavori dei suoi compagni di classe sui loro progetti. Mentre lo faceva, la sua mano scivolò e si tagliò abbastanza profondamente con una lama.
Un liquido rosso gocciolava sul suo lavoro.
Ma lei non sentiva nulla.
Prima che lei lo sapesse, l'insegnante, la stava fissando con gli occhi spalancati, così corse verso l'infermeria.
Quando ritornò, riprese la sua solita espressione e si rimise al suo posto. Ma si ghiacciò quando si sedette: dei cerchi rossi coprivano interamente il suo lavoro e il suo banco.
L'intera situazione la scosse e, appena suonata la campanella, corse verso il corridoio.
Prima che lei lasciasse la scuola, venne salutata da un sorriso familiare: «Ciao, Alice! E benvenuta nel Paese delle Meraviglie!» disse una ragazza, abbastanza bassa, dai capelli biondi e gli occhi castani, sollevando le braccia e gesticolando come se fosse una sorpresa.

«Potresti non farlo, Ann?» disse Alice, scocciata.

«Eddai, sorridi. Comunque, lo farai quel compito?» chiese Ann, mettendo le mani dietro alla testa, catturando fiocchi di neve con la sua piccola lingua rosa.

«Dovrai fare i tuoi compiti da sola, nel caso, lo sai. Non ci sarò per sempre.»

«Sì, ci sarai, perché non ti lascerò andare.» rispose Ann, avvolgendo le spalle di Alice con le sue braccia, mentre percorrevano la fredda via, a causa dell'inverno.
Continuando a camminare, scherzando e spettegolando tra di loro, finalmente raggiunsero la casa di Ann.
Si salutarono: dunque Alice, serenamente, si introdusse nella foresta.
Lei la adorava, era tutto così calmo.
Il sole giallo colpiva il bianco e intatto suolo e le sottili ombre degli alberi spogli.
L'unica cosa che la infastidiva era il fatto che prima o poi dovesse ritornare in quell'orrendo posto che qualcuno chiamerebbe casa.

Aprì lentamente la porta cigolante e non facendo alcun rumore, entrò nella fredda casa.
Trattenne il respiro, mentre camminava attraverso il soggiorno.

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