Ci ritrovammo di nuovo insieme, io e Κάλλιστος, quella notte.
Lo guardai, in piedi davanti a me, che ero sdraiato nel suo letto.
Mi alzai. Mi accorsi di volerlo più ardentemente in quella ἑσπέρα, in quella sera, piuttosto che in altre.
Lo abbracciai.
Lo volevo, lo volevo con tutto me stesso.
Lo strinsi, con tutte le mie forze. Lui, vedendo che lo stringevo più forte del solito, mi strinse in risposta. Mi dette una stretta fortissima, uno scossone talmente violento che mi fece trasalire, ma poi un tiepido, calmante calore mi fece accucciare stretto al suo petto.
Ci stringemmo sempre più, ci stritolammo fino a scomparire nelle nostre coscienze, nei nostri spiriti, nei nostri desideri, fantasie, passioni, voglie.
Ci stringemmo fino a bruciare, l'uno contro l'altro.
E bruciammo assieme, per qualche secondo.
« Εγώ σ' αγαπώ! »
'Ti amo', gli dissi ancora. Come ogni sera, come sarebbe stato per sempre.
E io lo amai, di quell'amore malato che tutti quanti lì odiavano, ma solo per invidia. Perché la mia felicità, per quanto poteva essere ingiusta, quando ero con lui rasentava l'ἀπαρέμφατος; l'infinito.
E i nostri corpi continuarono a bruciare, come le stelle che cadevano sulla terra. Bruciavamo fino a ridurci al limite, spingendo, anche oltre. Eravamo proprio come stelle; il nostro amore (il mio) era troppo grande per stare su una Terra sola, in un corpo solo. Il mio amore per lui era grande più di me stesso, e se fuori bruciavo già tra le sue braccia, dentro era questo a bruciarmi ancora di più.
« Εγώ σε βούλομαι »
Parlò. 'Io ti voglio', mi disse. Mi strinse ancora di più a sé, a tal punto che mi chiesi come due persone sarebbero potute mai stare così vicine.
Mi liberò dalla stretta delle sue braccia. Lo invitai a sedere sul letto, e quando fu accanto a me gli passai una mano sul petto. Era caldo, era forte. Sembrava preoccupato, il suo κῆρ batteva più fortemente del solito.
« Εγώ δεῖ σοῖ πρᾶγμαν λέγειν. »
'Io ho bisogno di dirti una cosa', disse. Sembrava importante. Smisi di accarezzare il suo petto. Lui continuò: 'Tu sai già che sono un πρῶτος'.
'Il mio corpo e la mia φρήν, la mia mente, hanno bisogno di combattere, hanno bisogno di difendere la mia patria', disse.
Io lo guardai, con la fronte aggrottata, cercando di capire dove volesse arrivare. Una verità intanto si faceva strada nella mia testa, ma io la respingevo. Non avrei mai potuto accettarla.
« Εγώ ὀφειλήσω ἐξέρχεσθαι ἐντός πέντε σελήνων... »
'Io dovrò partire tra cinque lune', mi disse tutto d'un fiato, quasi fosse affranto anche lui da quello che stava succedendo.
Io deglutii. Nonostante ciò c'era sempre qualcosa che mi bloccava la gola, che la paralizzava. Un nodo, stretto, fatto probabilmente con lo stesso tipo di filo che usavano le tre Parche. E quel filo si sarebbe tagliato con la sua partenza.
Passò quella notte. Ora ci restavano ancora quattro lune.
GLOSSARIO DI FINE CAPITOLO:
ἑσπέρα : Si pronuncia "Espèra", vuol dire "Sera"
Απαρέμφατος : Si pronuncia "Aparèmfatos", vuol dire "Infinito"
Εγώ σε βούλομαι : Si pronuncia "Ego se bùlomai", vuol dire "Io ti voglio"
Εγώ δεῖ σοῖ πρᾶγμαν λέγειν : Si pronuncia "Ego dèi sòi pràgman lèghein". Tranquilli, non uscirà un "Avada Kedavra" dalle vostre dita e non evocherete nessun demone ahaha. Letteralmente si traduce con "Io ho bisogno di dirti una cosa"
φρήν : Si pronuncia "Frèn", vuol dire "Mente"
Εγώ ὀφειλήσω ἐξέρχεσθαι ἐντός πέντε σελήνων : Si pronuncia "Ego ofèileso exèrchestai entòs pènte selènon". Ora dovreste affacciarvi dalla finestra, dovrebbero essersi radunate delle nuvole, presto scateneranno la loro furia ahahah.
Scherzi a parte, letteralmente vuol dire "Io dovrò partire tra cinque lune"
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O' ἀνδρός παῖς - Il fanciullo dell'uomo
Historia CortaUn fanciullo non è più un fanciullo. Un fanciullo è divenuto un uomo, e un uomo non è un uomo senza una degna γυνή, una donna. Ma il fanciullo è ancora legato ad un uomo da cui non riesce a staccarsi. Vuole sentire il profumo della sua pelle, ogni...