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POV'S REENE

Era trascorso un anno da quando la sua vita si era ritrovata ad imboccare una direzione diversa, da quando tutto il suo credo sembrò svanire ed ora, ritrovatosi sulla riva della solitudine, ella non aveva più alcun punto fermo, non ritrovava più alcun pilastro alla quale reggersi.
L'immagine dell'uomo piegato su quella roccia grigia, un colore compatto spezzato unicamente dal denso e caldo fluido del morto, da quel rosso che altro non donava che orrore a quello scenario, codesta immagine avrebbe costantemente infestato i sogni della giovane, tramutandoli in incubi.

È un passo lento, un rumore quasi assente, la base di un sogno...
È una presenza superflua, inadeguata, ambigua.
Qualsivoglia emozione possa scalfirla, chi mai potrebbe porgere fiducia in essa, l'anima che fluttua senza corpo.
Di che ha bisogno?
Non si ferma, non ti guarda, non ti conosce eppure ti trascina, ti obbliga a salire sul suo vagone imponente, non ti da possibilità di scelta, non ti dirà neanche i passeggeri che viaggeranno con te.
Ti obbligherà.
Ma lei, una sola essenza incombe alla sua fermata, l'essenza che bloccherà il suo percorso...
Adagiata lungo la colle desolata essa aspetta, aspetta l'arrivo di chi vede, di chi non sopporta l'ingiustizia, di chi vuole vivere diversamente, seguendo il suo stereotipo di movimento.
La morte.
Ecco, ella sapeva che contro la morte anche la vita tremava.

"Ti rendi conto Reene? Non puoi rimanere ferma nel passato, io non riesco più a vivere per colpa tua. Io e tuo padre stiamo vivendo un incubo."

Urlò la madre adirata, l'ira nel suo volto non permetteva alcuna replica e Reene, presa dai propri pensieri, le rivolse solo uno sgaurdo spento e privo di qualsivoglia senso di colpa, almeno rivolto ad ella.
La ragazza era lì o almeno fisicamente, la giovane aveva ben poco a cui pensare concretamente ma nonostante ciò, quella mattina, sentiva la testa pesante, come se essa fosse affollata da varie voci differenti, voci prive di un nesso logico tra di loro ma che anche da singole, apparentemente, sembravano riuscire a turbarla, a divorare l'anima, la stessa anima che credeva di aver perso da tempo.
Non capiva perché ma in realtà non cercava neanche di capirlo, semplicemente andava bene così.

"Non importa il tempo ma il vissuto, madre."
"Devo andare a lavorare ora."

Le rispose soltanto dopo lunghi minuti con tono di voce esile, poco udibile. Non aveva nulla da dirle, nulla da spiegare, era divenuta l'ombra del passato e che la donna l'avesse accettato o meno, a Reene, non importava.

Ricordi la sua espressione di dolore Reene?

È colpa tua.

Guarda il suo volto, lui ti odia.

Strinse gli occhi e si morse il labbro inferiore con astio, avrebbe davvero desiderato poter mettere a tacere quelle voci ma quello che non capiva la madre era semplice, non poteva.
Non dipendeva da lei.
Non poteva liberarsi dell'odio che giorno dopo giorno si era impossessato della sua mente sempre più.
Non poteva liberarsi da quelle voci, troppi forti per un essere spezzato ed insulso.
Vi era un segreto però che la giovane non aveva il coraggio di rivelare, un segreto che la stava portando man mano alla pazzia: lei lo vedeva, lo sentiva, nell'ombra vi era la sua figura che la perseguitava, che le rammentava la sua colpa.

"Reene..."

Protestò la madre ma oramai la ragazza si era già voltata e con andatura lenta raggiunse la porta.
Uscire dalla sua tana per gettarsi a capofitto nel mondo reale, la sua fobia.
Giunta fuori sentì la necessità di rifugiarsi nuovamente nelle proprie coperte ma percepiva lo sgaurdo della madre sulla sua schiena, doveva andare, lo sapeva.

"A stasera."

POV'S TRENT

"Sono sempre più vicino a te."




NOTA AUTRICE

Grazie per la vostra attenzione, spero vivamente di avervi incuriosito.
Al prossimo capitolo! 🐲

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