Mercuzio guizzava da uno scoglio all'altro, nascondendosi dietro le formazioni rocciose, guardava la grossa imbarcazione che lasciava il porto, era un ragazzo curioso e sapeva che non doveva avvicinarsi perché poteva rischiare grosso vicino ad una nave, i suoi genitori erano morti così, attaccati da una scialuppa Pirata e lui era stato portato da suo zio, Escalus, come erede al trono della città subacquea in cui viveva.
Molte volte lo zio reduce dagli avvenimenti che avevano coinvolto la famiglia dello Scaligero gli aveva ripetuto di non avvicinarsi neanche alla superficie, perché gli umani portavano distruzione ovunque passassero, si facevano la guerra per fino tra di loro, ma di questo Mercuzio non era paura e la sua curiosità lo spingeva fino alle coste e alle baie delle città.
Non era la prima volta che vedeva un battello pirata, ma di certo quello era di enormi dimensioni e più riccamente decorato rispetto a quelli che aveva sempre visto: Lunghe vele del colore del sangue ornavano l'albero maestro e uno stemma, era disegnato su di esse.
Il tritone curioso, forse anche troppo si avvicinò al veliero e si nascose osservando ciò che i marinai stessero facendo, sentì subito risuonare una melodia stonata e un canto, seppur accocchiato a quella strana sequenza di suoni, intonato e piacevole. Il tritone dai capelli d'oro chiuse gli occhi, e ascoltò quella voce che lo aveva stregato, attorcigliò la sua coda ad una fune, sempre con gli occhi chiusi e un sorriso sul volto.
Poi fu un attimo, sentí un forte dolore alla coda, un rumore come di qualcosa che veniva trascinato, e urlò quando si sentì sollevare e quando riaprì gli occhi era appeso a testa in giù, tenuto su dalla corda a cui era appoggiato , annodata intorno alla sua pinna. Non riusciva a respirare essendo fuori dall'acqua, iniziò a boccheggiare, ma le sue branchie non raccolsero altro che niente. Iniziò a sentire la gola bruciare e iniziò a dimenarsi, non capendo più nulla, la testa girava e il petto bruciava, si portò le mani alla gola, dove erano le branchie che lentamente avevano iniziato a sanguinare. Non riusciva ad emettere un verso, poi iniziò a vedere buio e scuro e non si mosse più.
Quando riacquistò conoscenza, fece molta fatica a muoversi, si sentiva intorpidito e quando provò ad alzarsi dalla posizione stesa in cui era, realizzò che era immerso nell'acqua e si inizió a guardare attorno, da quello che poteva vedere era chiuso in una grossa teca di vetro, e la stanza nella quale era era decorata da quadri e tende bordeaux, il letto a baldacchino aveva diverse rifiniture rosse ed i mobili di legno pregiato.
Mercuzio provò a muoversi ma senza successo e quando sentì uno strattone verso Il basso, notò delle catene, che adornavano i suoi polsi, attaccate ad un gancio sul fondo della vasca in cui era, la stessa cosa valeva per la sua coda, azzurra e argentea.
Iniziò ad agitarsi per riuscire a liberarsi delle catene e a battere le mani, munite di una membrana che univa ogni dito, e i pugni contro il vetro che lo teneva prigioniero, senza apparenti risultati, se non quelli di ferirsi le mani.
"Non ci provare non serve a niente"
Mercuzio si girò verso la voce di scatto, spaventato.
"Non guardarmi così, mi servi, io sono Tebaldo il capitano di questa nave e tu sei?"
Il tritone ringhiò contro l'uomo provando a dimenarsi dalle catene, ma non successe nulla, anzi peggiorò la situazione del biondo, che si lasciò cadere quasi seduto, per via della stanchezza, si disse che avrebbe riprovato dopo quando quell'uomo, vestito degli stessi colori che erano predominanti nella barca e con gli occhi del colore del cielo, ma freddi come il ghiaccio se ne fosse andato.
"Mercuzio. Mi chiamo Mercuzio."
La sua voce quasi femminile incantò Tebaldo, che si avvicinò alla teca e poggiò una mano sul vetro, e Mercuzio indietreggiò andando a sbattere contro la parete della vasca, appoggiata al muro, ringhiando come un animale e facendo vedere i denti appuntiti, tuttavia l'uomo di fronte a se non sembrava essere spaventato e ghignò divertito.
"Allora Mercuzio, cosa ci facevi così vicino ad una nave pirata?"
"Non sono cazzi tuoi."
"Come scusa?"
"Hai capito bene. non farmelo ripetere."
Tebaldo scoppiò in una risata cattiva e lo guardò scuotendo la testa.
"Allora non hai capito che tu qui, non hai potere, guardati, legato e impotente come sei, quelle catene bloccano anche la tua magia Mercuzio."
Il nobile girò la testa arrabbiato e in imbarazzo.
"Oh oh il principino del mare è arrabbiato?"
"tu come...?"
"Si riconosce dalle tue squame lucenti e dai gioielli che indossi, sei troppo delicato per essere un comune tritone"
"Sei ridicolo umano..."
"Non sei bravo a mentire"
a quell'affermazione Mercuzio andò su tutte le furie e provo a colpire il vetro, o ad uscire dalla vasca, ma si ritrovò, non aveva ben capito come ma con le catene che gli legavano i polsi in mano al pirata, mezzo busto fuori dall'acqua, la fronte premuta contro il bordo della piccola vasca e un dolore lancinante alla testa, provocato dalle rozze mani del capitano che stringevano i suoi lunghi capelli.
"Puoi trasformati in un umano vero?"
"C-cosa ti importa"
Faceva fatica a parlare per via delle posizione scomoda.
Tebaldo sbuffò, era un uomo di poca pazienza e non sopportava quella situazione, così spinse ancora di più la testa del nobile contro la superficie gelida su cui era poggiato e strinse la presa sui suoi capelli, ricevendo in ricambio un gemito strozzato.
Quasi all'istante la coda di Mercuzio si trasformò in due gambe magre e tremanti, le branchie sparirono e il giovane iniziò a respirare a pieni polmoni, sotto la presa del più grande, tuttavia il colore azzurrino della sua pelle rimase intatto.
Tebaldo lo trascinò fuori dalla teca di vetro e provò a farlo leggere sulle deboli gambe nude, non abituate al contatto con la terra e Mercuzio cadde sulle sue ginocchia, i capelli davanti al viso e un espressione di pura umiliazione stampata sul viso, già pensava di odiare a morte il suo nuovo aguzzino, che lo fece adagiare sul letto, steso e legò i suoi polsi alla tastiera dell'enorme letto.
"Caro il mio principe... D'ora in poi, capirai, che l'unico che comanda sono IO, eseguirai i MIEI ordini, ora, non mi interessa quello che facevi quando eri nella tua città, qui non sei nessuno e devi sottostare chiaro?"
Mercuzio, evidentemente non abbastanza intimorito provò a tirargli un calcio, che venne prontamente fermato dal più anziano dei due.
Tebaldo portò una mano alla gola dello Scaligero e iniziò a stringere forte e quando il più piccolo si ritrovò senz'aria provò a staccarlo, dimenandosi, tuttavia il moro era notevolmente più forte di lui e non ne ricavò nulla se non una stretta più forte.
"Quindi è meglio che ti metti subito in testa chi è che comanda qui"
Mercuzio senza più la possibilità di reagire e senza più aria nei polmoni annuí velocemente e la mano finalmente lo lasciò andare, sentì una carezza su una guancia e scoprì che lo stesso Tebaldo che stava per ucciderlo gli aveva asciugato una lacrima, caduta per via dello sforzo.
Tebaldo osservò il segno rosso della sua mano sul collo del principe e sorrise.
"Allora, chi è che comanda?"
"T-Tu..."
"Tu chi?"
Mercuzio sbuffò e spostò la testa di lato, non avrebbe detto nient'altro, tuttavia un bruciore si propagò per la sua guancia e in tutto il suo viso e il giovane sussultò spaventato e dolorante quando si rese conto di aver ricevuto uno schiaffo da Tebaldo, che sta volta prese il suo volto con una mano e lo costrinse a guardarlo.
"Chi allora?"
Mercuzio non voleva un altro ceffone della potenza del primo e provando a sviare lo sguardo dagli occhi gelidi del capitano rispose:
"Tu... P-padrone..."
"Bravo ragazzo..."
Il pirata sorrise al nobile steso sotto di lui che rabbrividí guardandolo e pensando a quel sorriso crudele che era rimasto impresso nella sua memoria.
Quando sentì il rumore dei vestiti che venivano calati e lasciati per terra si iniziò a preoccupare Davvero, guardò il capitano che si stava avvicinando e sentì uno spostamento del letto, quando questo si sedette, dopo poco tempo con orrore capì che cosa stava per succedere e provò a ribellarsi, e il calcio che ricevette alla schiena, lo lasciò senza fiato e sgranò gli occhi, trattenendo le lacrime, che minacciavano di scendere dai suoi occhioni nocciola.
Da li in poi, sulla nave si potevano udire solo le urla di Mercuzio, per un tempo Che sembrava interminabile.
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ONE-SHOT [•Tycutio•]
Short StoryInizialmente ero partita dall'idea di una sola OS poi per colpa di COSE. Ho deciso di scriverne altre :3 (Se siete deboli di cuore non leggete)