RICORDI D'INFANZIA

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RICORDI D'INFANZIA

A volte, riaffiorano alla memoria, ricordi lontani, riposti in un angolo, ma sempre vivi.
E' ciò che succede a chi ha avuto una infanzia difficile, in un periodo in cui, per chi nasceva da una unione "more uxorio", veniva additato e anche classificato come figlio di N.N. Questi sono i ricordi di Costantino, classe 1950, che avendo il genitore privato della patria potestà, si ritrovò in un collegio, gestito dalle suore, privato della sua infanzia e dei suoi coetanei coi quali aveva vissuto i suoi primi anni.
Quante angherie, umiliazioni e privazioni subite per colpa di coloro che predicano la carità cristiana. Per non parlare delle punizioni corporali: inginocchiati per ore sui sassolini, restare senza cena, prendere scapaccioni solo perché, appena arrivati (all'età di 8 anni) non si rispondeva alla messa che era tutta in latino! Oppure fare, per le penitenze, la "scala santa"tutta ginocchioni.
Come e' possibile tanta cattiveria d'animo, da parte di persone che dovrebbero diffondere l'amore verso il prossimo?
O come quando, colpito da mal di denti, vieni minacciato di punizioni, se non si smette di lamentarsi per il dolore, ma soprattutto,non ti fanno neanche visitare da un medico !
Ora Costantino e' un uomo adulto, anziano, con figli e nipoti, ma certi ricordi restano indelebili.

UN SACCHETTO DI BIGLIE.

"Pieeeeeeeeetruuuuccioooooooooooooooo!!!!!!!!!" era così che la mamma chiamava il
figlio, dal 5°piano di quella palazzina delle case popolari di Ostia Antica, costruite in fretta e furia per gli sfollati dai bombardamenti dell'ultima guerra ma gioia immensa per i figli nati dopo.        In quella zona c'era tanto di quello spazio libero (ancora non si erano aperti gli scavi del porto di ostia).
"ecchimeeeeeeeeeeeee!" rispondeva Pietro, se era a tiro di voce.

Mingherlino, con una gamba più piccola, per via della polio. Tutta la banda dei ragazzini (credo che Molnar, nel suoi ragazzi della via Pal si sia ispirato a tutti i figli del proletariato, a prescindere dalla nazionalità) lo chiamava, ma credetemi, senza cattiveria: lo zoppetto.

Non c'era bisogno di voltarsi per vederlo correre, claudicante, verso casa. Lo si sentiva dal suono delle le biglie che teneva in un sacchetto allacciato alla cintura. Piccole sfere di vetro colorato come un caleidoscopio, ma anche quelle che chiamavano i <boccini>, che servivano a colpire le biglie dell'avversario  in quelle interminabili partite, che duravano interi pomeriggi. Vorrei tanto conoscere l'origine di questo gioco. Per associazione di idee, lo paragono al golf perché,  anche in questo gioco, si dovevano centrare buche come quelle del golf ma non c'erano mazze, né ferri, solo le mani.  Quante cose  con le mani, i ragazzi degli anni'50, sapevano fare! Come il gioco della<nizza>, i profani potranno informarsi tramite google. Quel gioco si poteva paragonare al baseball americano, ma anche lì ,non c'erano mazze: solo manici di scope che i ragazzi, furtivamente, "portavano via" dagli usci delle case! Ma torniamo al protagonista della nostra storia: Pietruccio.

Orgoglioso e fiero di mostrare le sue biglie, ogni volta che gli veniva chiesto, pieno di vanto se vinceva ma gli occhi gonfi di lacrimoni, quando doveva cederne qualcuna  perché aveva perso. Il giorno dopo però, di nuovo a correre, con il suo sacchetto di sfere colorate, ricolmo di sogni.

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