Confessioni

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Oggi è venerdì e non posso far a meno che essere nel panico più totale: domani è il compleanno di quella sgualdrina di Greta e io non so ancora come fare a convincere Sebastian a venire con me. Credo sia più facile convincere i miei genitori a farmi girare un porno, che trascinare Pumba al compleanno dell'oca. In classe non riesco a seguire nulla di ciò che i professori spiegano: i fogli davanti a me restano bianchi, la penna posata sul tavolo e la testa intenta a escogitare piani. 'Potrei sedarlo e portarlo lì. Ma lui pesa troppo, quindi chi lo trascina? Potrei dirgli di essere stata rapita... ma lui conosce già casa di Greta. Potrei fingere di essere in pericolo, ma se poi venisse e vedesse che del pericolo non c'è neanche l'ombra, sarebbe lui a farmi fuori.'

«Terra chiama Iris» sento dire. Mi volto e trovo la mano di Claudia svolazzarmi dinnanzi. Non riesco proprio a concentrarmi; l'unica cosa che sono in grado di fare, è di tenere fuori qualsiasi cosa non possa aiutarmi a creare un piano per stasera.

«Mi dici cosa ti succede? Sono giorni che ti vedo strana» mi rimprovera la mia migliore amica, guardandomi quasi sconfitta. Credo che sia arrivato il momento di raccontarle tutto, anche se ho davvero paura di sapere cosa ne pensa.

«Dopo la scuola sei libera?» le domando, cercando e sperando in un sì. Lei mi accontenta, ci scambiamo un sorriso e, in piena fase di depressione, faccio collidere la mia fronte con il banco.

«Prima o poi morirai per queste testate, lo sai?» chiede la mia compagna: come uno zombie, lentamente, muovo la testa nella sua direzione. I capelli mi coprono gli occhi e sento pizzicare il mio naso: 'No, non ora!' penso ma, ahimè, non riesco a prevenire il rumoroso starnuto che fuoriesce dalla mia bocca, cogliendo l'attenzione di tutti.

«Salute, Iacoangeli» dice la professoressa di latino, con un tono decisamente troppo duro per chi è sincero.

«Che se ne va!» aggiunge Simone, un nostro compagno di classe. La Mastracci si volta verso lui e lo fulmina con lo sguardo:

«Bertucci, vista la sua voglia di parlare, perché non viene volontario per un'interrogazione?» lo canzona. Rimaniamo tutti impassibili perché, sappiamo fin troppo bene, il primo che riderà o dirà qualcosa, farà la stessa fine di quel povero malcapitato. Simone si alza e, con la stessa aria di un condannato a morte, si avvia alla cattedra, consapevole che il suo voto si aggirerà attorno al quattro.

Finalmente la campanella suona la fine delle lezioni: prendo tutto ciò che è mio e scendo le scale. Passo per il cortile e penso a quanto si stia stancando Sebastian nel fare tutto da solo. Ammiro il buon risultato ottenuto: il terreno è pulito, ricoperto da piante colorate di ogni tipo. 'Se ti prendessi cura delle persone allo stesso modo, ora saresti amato da tutti, forse anche da me' penso, prima di varcare il cancello di ferro.

Fuori ad aspettarci, trovo Gabriele con in mano un mazzo di rose bianche: arrossisco per quel gesto dolce e improvviso. Mi avvicino, lo bacio e sento dei fischi innalzarsi dalla folla che occupa la parte antistante l'entrata. Avvampo ancor di più e, in fretta e furia, entro in macchina, occupando il solito posto di fianco a lui.

«Come mai questa 'cosa' è qui con noi?» mi domanda Gabriele, facendo un cenno verso Claudia. Mi scappa una risata che non viene assolutamente apprezzata dalla mia migliore amica.

«Devo parlare con lei» rispondo, rivolgendo un occhiolino alla ragazza.

«Quindi vieni a casa nostra?» mi domanda il mio ragazzo. Annuisco e partiamo; lo noto particolarmente felice: chissà cosa gli è successo oggi. La sua mano si posa sulla mia coscia: trasalisco per un istante ma, subito dopo, mi rilasso sul sedile dell'auto.

«Ti dispiace?» domanda lui; leggo la speranza nei suoi occhi e non la deludo: poggio la mia mano sulla sua e ci sorridiamo a vicenda. Il viaggio prosegue con la canzone 'We are the Champions' dei Queen: tutti e tre la cantiamo a squarciagola, attirando l'attenzione delle persone alla guida, mentre cerchiamo di scaricare lo stress del traffico. 'YMCA' risuona nelle casse: io e Claudia ci guardiamo, annuiamo e, voltandoci entrambe verso un Gabriele decisamente impaurito, tiriamo fuori gli occhi più dolci che abbiamo in possesso e chiediamo:

I hate you, I love you Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora