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La prima cosa che vide Michael quando aprì gli occhi fu il suo riflesso. E provò disgusto.
Un disgusto viscerale alla vista di quella figura sconosciuta che vedeva riflessa in quello specchio e che ormai non era più lui;
un disgusto che partiva in un punto all'altezza dello stomaco e che si andava dilaniando fino ad occupare ogni singolo centimetro quadrato di pelle, travolgendolo completamente; un disgusto che, si convinse, lo avrebbe accompagnato per sempre.

Michael continuava a guardare quello che un tempo avrebbe dovuto essere lui, ma che adesso era solo un sacco di carne vuoto, un involucro privo di quello che Michael credeva rendesse ogni persona degna di essere chiamata tale.
Michael non lo era più, una persona.
Non lo era da quando loro avevano deciso così, decretando, in tal modo, la sua violenta e silente fine.

Anche se solo per un minuto, provò a ricordarsi com'era quando ancora non si odiava. Non ci riuscì.
Come sarebbe stato bello non sentire quella sensazione di nausea quando si guardava, come sarebbe stato bello se non gli fosse importato.
Si stava autodistruggendo, perché forse farsi del male era l'unico modo di sentirsi aggrappato a questo mondo, era l'unica cosa che lo dissuadeva dal pensiero fisso di se stesso.

Michael continuava a guardare la figura riflessa in quello specchio e si convinse che forse, se avesse abbassato lo sguardo, quella creatura immonda che lo guardava con occhi inquisitori avrebbe smesso di farlo sentire uno sbaglio, un estraneo.
Un estraneo lo era diventato veramente, alla fine. Quegli occhi freddi, vuoti, privi di umanità lo stavano consumando, lacerandolo dall'interno.

Ma non lo fece.

Michael, nonostante la nausea, nonostante il dolore, nonostante la stanchezza, non abbassò lo sguardo, non compì un singolo gesto che potesse far credere che non fosse completamente morto.
Non ancora, perlomeno.
Fu uno sbaglio, il più grande della sua vita.

Così Michael vide aggiungersi alla sua lista di errori l'ennesimo sbaglio e non ci diede peso, perché, in fondo, aveva aggiunto al suo mare di errori solo un'altra goccia, non sapendo, tuttavia, che quella sarebbe stata per lui la cosiddetta goccia che avrebbe fatto, inconsciamente e inesorabilmente, traboccare il vaso.

Ma forse in realtà era quello che stava aspettando da tempo. Attendeva di commettere anche il minimo sbaglio, forse solo per avere l'illusione di avere una ragione per fare quello che stava per fare.

Così Michael, guardandosi allo specchio, si chiese quando, precisamente, fosse diventato così.
Quando, precisamente, era diventato così vuoto?
Quando, precisamente, era diventato così indifferente?
Quando, precisamente, era diventato soltanto l'ombra di se stesso, un corpo vuoto che si limitava a sopravvivere, indifferente a tutto quello che gli capitava, che vedeva scorrergli la vita davanti, troppo debole per tentare di afferrarla?

Poteva forse chiamarla vita, quella?

Michael non lo avrebbe mai ammesso, neanche davanti a quello specchio -che altro non era che la proiezione del suo male- che, in fondo, quella strana sensazione di completo svuotamento gli provocava un vergognoso benessere.
Forse Michael si sentiva in estasi a non sentirsi affatto.

Michael sapeva che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto quello che rimaneva di se stesso.

Lo ha saputo da quando aveva aperto gli occhi e si era trovato così mostruoso.
E allora si prese del tempo, osservò meticolosamente ogni tratto del suo viso e provò a prendersi la libertà di immaginare come sarebbe stato quando lui sarebbe stato solo un ricordo.
Poi si disse che lui non se ne stava andando, perché, in fondo, sapeva di essersene già andato tempo prima.
Sorrise.

Fu a quel punto che quella morsa nello stomaco che provava ogni volta che si guardava si fece più leggera, fino a che non la sentì più; che le voci nella sua testa smisero di urlare; che si sentì, forse nella prima volta nella sua vita, pieno di una nuova rassicurante consapevolezza.
La consapevolezza che quel vuoto all'altezza del petto avrebbe smesso di fargli male, che la stanchezza che sentiva, fino a consumargli le ossa, sarebbe scomparsa, che quel corpo vuoto che tanto lo disgustava sarebbe stato annullato.

Michael, per l'ultima volta nella sua breve vita, si guardò riflesso nello specchio che l'aveva visto tante volte rimanere in silenzio, e per la prima volta nella sua breve vita non si sentì solo un corpo vuoto.
Così prese la pistola che aveva con sé da quando aprì gli occhi e provò disgusto, e se la puntò alla tempia.
Non abbassò lo sguardo e rimase fermo lì, a osservare il suo riflesso in quello specchio per l'ultima volta. Sentiva il materiale freddo della pistola contro la sua pelle e non gli diede fastidio.

Michael continuò a guardare il suo riflesso nello specchio e si disse che non sarebbe stato mai più un corpo vuoto.
Fu così, con quella piacevole sensazione di pace che non aveva mai avuto il privilegio di provare prima di allora, che Michael Clifford pose fine alla vita di quello che non era altro, ormai, che un corpo vuoto.












okay, non so cosa sia questa cosa. era un'idea che mi frullava in mente da un po' di giorni e ho deciso di metterla per iscritto.
non c'è un vero e proprio senso in questa specie di one shot (come nella mia vita :P), potete interpretarla o semplicemente vedere i fatti così come li ho scritti. Questo lo lascio a voi, perché a mio parere è una delle cose più belle che il lettore possa decidere di fare, interpretando secondo quello che è il suo modo di vedere le cose.
ditemi che non sto scrivendo cose a caso??????
grazie mille a chi la leggerà :)
fatemi sapere cosa ne pensate!

xx
grace

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 09, 2018 ⏰

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