Passò qualche giorno nella più totale monotonia.
A parte quello strano incidente con la penna, Axell non tentò più di entrare in contatto con me, e dopo un paio di giorni il suo arrivo non era più nemmeno l'argomento centrale delle nostre conversazioni. Eravamo tornati a parlare di cose normali, quotidiane. Di professori, di compagni di scuola e dei nostri problemi. La situazione in casa procedeva in maniera lenta, era come se fossimo tutti immersi nella melassa. La tensione era sempre più palpabile, e l'umore di mia madre non accennava a migliorare più di tanto. I gemelli avevano iniziato a frequentare la scuola elementare, e solo per loro si sforzava di mostrare un minimo di entusiasmo, chiedendo come si trovassero con le maestre e cosa facessero durante la lezione. Ma con gli altri era consapevole di non poter fingere; nessuno glielo richiedeva, e lei nemmeno tentava. Eppure sentivo che, con molta lentezza, stava iniziando ad assimilare la notizia. Un giorno si sarebbe rassegnata, e avrebbe capito che non tutto può essere sottoposto al controllo. Le persone non sono governabili, e ci sono lotte che non possono essere vinte.
Anche a scuola la situazione sembrava aver ripreso il suo normale corso. Le lezioni erano riprese regolarmente, e nonostante ci stessi mettendo un po' ad ingranare, avevo ripreso a studiare con regolarità. Eppure quel progetto era probabilmente l'ultima cosa che avrei voluto sostenere in quel momento.
«Silenzio, ragazzi!» il professor Harris richiamò gli studenti all'attenzione, aiutandosi con le braccia ossute per alzarsi da dietro la cattedra. Il suo richiamo ebbe più effetto del solito, e qualcuno si girò addirittura per guardarlo. Con la mano tremolante prese il gesso e incise un parola al centro della lavagna nera. Si spostò in modo che tutti potessero leggere e si mise di fronte alla cattedra, mentre si grattava nervosamente le mani. "COMPORTAMENTO" era scritto con una grafia grande e un po' tremolante. «Quest'anno l'argomento fondamentale sarà il comportamento. Qualcuno me lo sa definire?» nessuno rispose. Alcuni ignorarono completamente la domanda, continuando a fare quel che stavano facendo. Si staccò dalla cattedra e si incamminò verso i banchi in fondo alla classe. Lo seguii con lo sguardo e con il corpo. «Il comportamento...» prese con estrema lentezza il telefono di uno dei ragazzi seduti ai banchi in fondo. Era seduto in maniera scomposta e scomoda, con un piede sulla sedia e il mento poggiato al ginocchio. Era palesemente disinteressato alla lezione e stava guardando qualcos'altro sul proprio cellulare. Si accorse del professore che arrivava solo nel momento in cui gli sfilò, con lentezza, il telefono da sotto il naso. «... È il modo in cui noi rispondiamo agli stimoli di un ambiente» inizialmente il ragazzo parve spaesato, poi fece un piccolo sorriso approfittatore. Il professore gli riconsegnò il telefono, posandolo sul banco. Il ragazzo di tutta risposta, non appena lo vide girarsi lo riprese e continuò a farsi gli affari propri. «Il primo ad affermare che il comportamento fosse l'unica unità scientificamente studiabile della psicologia, fu John Watson» fece un'altra breve pausa. La sua lentezza nello spiegare era spesso snervante, e molti rinunciavano a seguire o prendere appunti. «Prima di cominciare con la teoria, voglio però presentarvi il progetto che svolgerete a breve.» Un rinnovato interesse si diffuse tra i ragazzi. Tirò fuori un foglio dalla sua valigetta, e lo posizionò sulla cattedra. «Il comportamento animale è basato sugli istinti, e tende a reagire in un determinato modo a determinati stimoli. In particolare, l'animale assimila gli stimoli che incontra frequentemente e associa una determinata risposta ad essi. Nonostante l'uomo sia dotato di raziocinio, il suo meccanismo funziona esattamente allo stesso modo.» La classe non sembrava più tanto disattenta, qualcuno aveva iniziato a seguire, curioso di capire quale fosse il fine del discorso. «Per gran parte della nostra vita noi reagiamo a quello che ci succede e ci comportiamo in un determinato modo. Nel momento in cui un reazione diventa abitudine, perché non facciamo nulla per deviarla, si trasforma in carattere.» Riprese in mano il foglio che aveva tirato fuori, prendendo una cartellina da usare come appoggio per scrivere. «Voglio che scegliate un compagno e ne studiate il carattere, i comportamenti, le azioni, le reazioni... Tutto. Chiaramente il vostro compagno farà lo stesso con voi» Un leggero mormorio, non capivo se di disappunto, si levò per tutta la classe. Mi guardai intorno, leggermente interdetta. A me sembrava un progetto interessante, ma evidentemente il resto dei miei compagni non la pensava allo stesso modo. «Silenzio, state calmi...» aggrottò la fronte, sospirando rassegnato. Probabilmente voleva evitare di generare troppo chiasso. «So bene che può essere un compito difficile e impegnativo, quindi prendetela più come un'opportunità di crescita personale e interpersonale. Conteranno solo i giudizi positivi» improvvisamente la tranquillità sembrava ristabilita. Sospettavo che nessuno si sarebbe impegnato a fondo in quel progetto, e, guardandomi intorno, faticavo ad adocchiare qualcuno che potesse aver voglia di lavorare. Molto probabilmente la stragrande maggioranza della classe -se non tutta- avrebbe voluto fare coppia con me, per evitare di sforzarsi troppo e prendere comunque un bel voto. Ma io alla sola prospettiva mi sentivo male. Ero solita prendere il comando nei progetti di gruppo, perché piena di idee e di cose da dire; ma in un progetto del genere non credo sarei riuscita a farlo, anche perché era un lavoro bilaterale, e non potevo sforzarmi per due. «Inoltre questo progetto avrà molto impatto sul voto finale, quindi più che del voto in sé terrò molto conto del vostro impegno» concluse definitivamente il suo discorso, lasciando tutti i suoi studenti disorientati. «Mi aspetto che entro la fine della giornata mi facciate sapere chi sarà il vostro compagno.» Posò tutto quello che aveva in mano sulla cattedra e ci disse di aprire il libro di testo. Iniziò a spiegare come suo solito, seguendo la linea del libro e aggiungendo qualche sua osservazione ogni tanto. Sentivo un leggero brusio di sottofondo, mentre io ero piegata sul libro tentando di seguire l'argomento della lezione. Probabilmente qualcuno mi stava chiamando per farmi qualche richiesta, ma io avevo deciso di ignorare chiunque mi avesse parlato, perlomeno in quell'ora. Avevo tanti problemi e il decidere con chi fare quel lavoro non era una mia priorità in quel momento. Inoltre, anche Axell sembrava essere molto gettonato. Ci avrei scommesso tutto ciò che avevo di più caro che le ragazze stavano facendo a gara su chi sarebbe riuscita per prima ad accaparrarsi lui come compagno. Non solo era fisicamente invidiabile, ma anche molto intelligente. Sebbene non si mettesse tanto in mostra, tutte le volte in cui l'avevano richiamato o era dovuto intervenire era sempre preparato, e rispondeva con un tono imperturbato. Nonostante ciò non tentava mai di apparire o di dimostrare questa sua intelligenza. Era come se intervenisse solo quando era strettamente necessario, e il resto del tempo lo impegnava per conservare le energie. Sembrava vivere in un mondo tutto suo.
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Bad Habits
RomanceEstratto dal testo:"Allentai la presa, ma non mi staccai del tutto da lei. Rimasi aggrappata alla sua maglietta, come se fossi una bambina piccola e non volessi lasciarla andare. Avevo paura che l'avrei persa per sempre, che se l'avessi mollata sare...