— Bene Hannah, anche per oggi abbiamo finito — disse l'analista alla ragazza dai capelli neri raggomitolata sulla sedia a dondolo, per poi andarsene dalla stanza con le pareti a specchio.
La ragazza rimase raggomitolata lì per un tempo che le parse eterno. Mentre era sola sulla sedia a dondolo i suoi pensieri iniziarono a correre veloci, a farle rivivere le scene di quel pomeriggio che le aveva cambiato la vita. Incominciò ad entrare in uno stato di trance e a raccontare tutto, nonostante negli ultimi attimi di lucidità si rese conto che non doveva farlo, che si era ripromessa più volte di non lasciarsi mai scappare nulla.
Il suo ultimo pensiero lucido fu che, in fondo, era da sola, non sapeva della troupe di detective e psicologhi che la stavano osservando e ascoltando al di là dello specchio.
— Ed era ora che la pazza parlasse! — esultò uno di essi, mentre lei ancora cercava di resistere alla trance.
— Psicologicamente instabile — lo corresse ironicamente un'altra, suscitando molte risate.
— Ragazzi, ragazzi ora basta. — Il capo riprese in mano la situazione, senza però riuscire a nascondere un sorriso. — Questa potrebbe essere la nostra unica occasione, dobbiamo cogliere ogni dettaglio. Abbiamo in cura questa ragazza dalla nascita, avevamo fatto grandi progressi e ora cosa succede? Ci arriva qui dopo aver ucciso il padre. Dobbiamo esserci persi qualcosa. Le abbiamo dato un farmaco durante la seduta, ora inizierà a parlare. Mi ripeto: dovete raccogliere ogni singolo dato.
Come da scaletta, solo pochi istanti dopo la fine del discorso Hannah iniziò a narrare e ognuno dei presenti si interpretò in lei.
Era appena arrivata in un posto nuovo, mai visto, pieno di enormi massi che arrivavano al cielo, non ricordava il loro nome, sapeva però di averli già visti in foto.
C'era anche una curiosa casetta in legno, vedendola le venne da ridere: era forse diventata una fatina?
Suo padre si trovava proprio vicino all'ingresso di quella casa e parlava con una signora vestita come arlecchino, con quella sua maglietta piena di colori e i pantaloni verdi. I suoi capelli erano molto chiari e lisci.
Parlavano quattamente e Hannah non ne capiva il motivo, da dove si trovava lei poteva sentire solo poche parole sparse, le sembrarono molto strane però: cos'era un trauma? E cosa un'infermità?
Lo avrebbe chiesto più tardi al padre forse, però per ora le interessava molto di più il profumo di biscotti che arrivava dalla casa. Ci corse dentro.
— Hannah! — la richiamò prontamente il padre. — Non ancora... Su, vieni a conoscere Maris.
Hannah mise giù il biscotto mangiucchiato e si girò verso la signora. Doveva essere sicuramente mascherata, non c'erano alternative.
Le porse la mano.
— È un piacere — disse Maris ignorando la mano e stringendo a sé la ragazza.
— Hannah, Maris starà qui con noi questa settimana e ci aiuterà con la casa, il cibo... insomma, le solite cose che fa la mamma, visto che non c'è questa settimana. — Il padre sembrava decisamente a disagio dicendo queste parole, si stava perfino grattano la testa.
Hannah ridacchiò vedendolo, per poi tornare al suo biscotto. Maris le stava antipatica, non le sembrava il caso di proseguire oltre.
Quella sera arrivò veloce e Hannah andò a dormire presto, pensando di far arrivare così in fretta il nuovo giorno, nel quale sapeva avrebbe fatto una gita con il padre.
Appena sveglia la giornata le sembrò promettere bene, ma in poco tempo venne a sapere che Maris sarebbe andata con loro e questo la rattristò molto, infatti appena partiti lei si mise a cantare e fare giochi di parole, mentre Hannah la guardava male e non sorrideva. Non capiva come mai il padre non vedesse che non si sentiva a suo agio, anzi, lui sembrava così felice di essere lì.
Le giornate andarono avanti così per altri tre giorni che ad Hannah sembrarono infiniti, quando, alla fine, lei e il padre ebbero una discussione.
— Hannah — la iniziò lui irritato, — si può sapere cosa ti prende?
Lei stava osservando i granelli di polvere in un fascio di luce e aspettò qualche attimo prima di rispondere. — Cosa intendi?
— Cosa intendo? Con Maris, l'hai trattata malissimo.
— Ma io non direi. — Sbuffò. — Mi sta antipatica e la tratto come le persone antipatiche.
— Non puoi fare così.
— Lo sto facendo. — Sghignazzò un attimo ma poi vide la faccia scura del padre. — Cosa vuoi che sia?
— È andata via Hannah, l'hai fatta andare via.
Hannah rimase molto sorpresa a causa di queste parole, era sicura di averla vista solo pochi minuti prima in cucina. — Davvero? Allora chi sta facendo i biscotti?
— Nessuno — rispose secco lui, prima di accorgersi che, effettivamente, c'era profumo di biscotti. — Ma che diamine — sussurrò prima di recarsi in cucina. Hannah lo seguì a ruota.
Arrivati in cucina, come la ragazza si aspettava, c'era una Maris intenta a tagliare cuori da una pasta frolla, guardò quindi scettica il padre.
— Ma Maris — disse lui. — Cosa... cosa ci fai qui?
Lei fece una faccia che ad Hannah parse un po' fredda prima di rispondere. — Ho cambiato idea, vedi, mi sono resa conto che la nostra Hannah ha amato i biscotti del primo giorno, quindi ho pensato che magari se gliene faccio altri inizierà a volermi bene... non trovi cara?
Hannah era troppo presa da quei dolci in fase di costruzione per rispondere, si limitò quindi ad annuire.
— Ecco, ne ero sicura. Vieni qui, aiutami.
Lei lo fece, questa nuova Maris le sembrava molto più simpatica.
Dopo quel cambiamento le giornate furono molto più leggere, anche se decisamente confuse. Non si rendeva granché conto di quel che succedeva, solo mangiava molti più biscotti e una voce le era entrata in testa una notte e da quella serata le parlava ogni volta che andava a dormire, non le dava troppo fastidio quindi la lasciò parlare.
Durante la penultima cena però, successe una cosa che Hannah non riuscì proprio a spiegarsi: perché suo padre aveva iniziato ad urlare? Infondo lei stava solo facendo quello che la vocina le diceva. Era molto simpatica in fondo, come la nuova Maris, diceva cose buffe.
Le aveva fatto scoprire dove si trovava un gioco molto divertente, un strano attrezzo nero con delle palline. Assomigliava molto a quando mangiava le ciliegie e poi sputava il nocciolo, solo che non serviva tutto il frutto, ma solo la parte da lanciare, ed era nero.
La vocina le aveva detto giusto la notte precedente di provare a sputare uno degli strani noccioli contro il genitore e a lei sembrava una cosa molto divertente, infatti facevano spesso la lotta con i noccioli delle ciliegie in estate.
Anche Maris urlava, ma non troppo, ed era dietro il padre, poi Hannah mirò il bersaglio e sparò.
Subito dopo successe un grande disastro, infatti qualcosa di rosso iniziò ad uscire dalla fronte del padre e lui non parlava più. Maris stava chiamando qualcuno al telefono con voce seria.
Poco dopo arrivarono diversi camioncini con luci colorate e suoni fastidiosi, che però ad Hannah incuriosirono molto. Uno dei camioncini apparteneva a quei signori che tutte le settimane la mettevano su una sedia e la facevano parlare e parlare e parlare e parlare, fu proprio su quello che lei dovette salire e poi tutto divenne nero.
Nella sala in cui si trovava ora, Hannah si svegliò e un'infermiera la portò via.
— Quindi? — chiese uno dei medici.
— Quindi, bella domanda — rispose il capo. — Niente, io non ho trovato niente. Voi?
Tutti scossero la testa tranne una giovane donna. — In realtà — disse, — Maris ha dichiarato di essere stata in camera mentre Hannah sparava... e poi, non è un po' stano che la ragazza da un certo punto abbia iniziato a definirla "la nuova Maris".
— In effetti... — disse lui, — trovate tutti questi discordanze? Pensate che ci sia lei sotto?
Ognuno dei presenti annuì e si guardarono con delle facce perplesse.
— È strano però — iniziò uno di essi, — Maris non ha dichiarato di essere l'amante del padre? Lui non era così ricco da indurre una ragazza ad ucciderlo e poi non erano nemmeno sposati...
— Touché... non ci rimane che chiamarla. Datemi un minuto.
L'uomo uscì quindi dalla stanza, per ritornarvi solo qualche minuto dopo, con la faccia sbiancata.
— È morta — annunciò, — Maris è morta in un incidente stradale la notte in cui aveva deciso di tornare a casa, dicono abbia sbandato.
— E allora chi c'è stato in quella casa per il restante tempo? — disse uno dei detective rompendo con una domanda ovvia il silenzio che si era venuto a formare.
— Non lo so. Non ne ho idea — disse il superiore scoraggiato, — vediamo di scoprirlo.
Tutti si misero quindi a lavorare sul caso, ci stettero sopra giorno e notte, per più giorni e più notti finché, alle tre e quarantasei del mattino, una ragazza trovò qualcosa.
— Ecco! — esclamò concitata. — Il ventisette febbraio di tre anni fa il padre di Hannah fu il responsabile del fallimento di una fabbrica dolciaria. Lavorandoci come addetto ai controlli, aveva scoperto che questi dolci provocavano assuefazione e che, se mangiati in vasta quantità da bambini o adolescenti, rendevano quest'ultimi inclini a fare qualsiasi cosa venisse loro chiesta, per quanto pericolosa. Lui ne parlò con il suo capo ma questo lo ignorò continuando a produrre i suoi dolci, decise quindi di denunciarlo cosa che portò alla fine dell'industria e all'arresto del proprietario. E indovinate un po' a chi apparteneva la ditta? — Alzò un sopracciglio per creare suspence e, prima di dire la sentenza, fissò tutti i suoi colleghi che ormai stavano sulle spine. — Udite udite, il superiore del padre di Hannah non era altro che Elizabeth Marge, cugina di Maris. E poi guardate questa foto, non vi sembra esserci una somiglianza incredibile tre le due? Solo i capelli sono diversi, niente che non possa essere cambiato con facilità insomma.
Il capo della squadra non riusciva più a stare fermo e a controllarsi, si slacciò la cravatta e il primo bottone della camicia, per poi chiedere se la ragazza in questione fosse uscita di prigione.
— Esattamente una settimana fa — rispose la ragazza. — Giusto il tempo di scoprire chi fosse il fidanzato della cugina e sfornare tre chili di biscotti per la dolce figlioletta del suo compagno.
L'uomo ormai stava spezzettando fogli di carta dall'emozione e fece per chiedere di scoprire dove potesse trovarsi ora questa Elizabeth, ma la ragazza lo interruppe subito.
— Con il suo compagno, a qualche chilometro di distanza dalla sua casa natale. Non è molto sveglia questa tizia, ha pubblicato foto su ogni social esistente e sì, prima che tu me lo chieda, una squadra di poliziotti è diretta sul luogo. Nel giro di pochi minuti Elizabeth sarà di nuovo dietro le sbarre.
— Cara ragazza mia — disse lui stravaccandosi sulla sedia — sempre detto che sei la mia preferita. Sempre. — Le diede un buffetto sulla spalla. — Quindi ragazzi, questo caso è finito. Andate tutti a casa, riposatevi e soprattutto lavatevi. Puzziamo come dei caproni.
Tutti risero animatamente, battendosi le mani a vicenda e salutandosi, per poi lasciare la stanza.
L'ultimo che se ne andò fu proprio il superiore che, una volta solo, guardò un'ultima volta la stanza ormai vuota in cui Hannah era stata, chiedendosi cosa sarebbe successo ora a quella povera ragazza.Copertina: @Sara_romanova_rogers
Giudici: ChiusaNellaMiaMente, @_TheBlackRabbit_
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CSS - Unaragazzachesogna (scrittura)
RandomRaccolta di one shot e copertine (realizzate da @demone-senza-ali) partecipanti al concorso "CSS- concorso di scrittura e copertine a coppie" di @ChiusaNellaMiaMente