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Ero solo un semplicissimo scrittore inglese, che si trasferì in America per continuare il suo amato percorso basato sulla scrittura e sui racconti, e allora capitò così per caso, quando scrissi un annuncio e una coppia di coniugi mi rispose in modo cortese, dicendo che potevano ospitarmi loro, e mi sentì l'uomo più fortunato del mondo, quando la corrente della vita sembrava remare dalla mia parte, ma allora, non seppi che c'era un'altra cosa, che mi fu sconosciuta in quelle piccole quattro mura al di fuori di quel giardino contornato di rose rosse e bianche, di quel profumo pienamente californiano e estivo che mi inebriò i sensi ogni qual volta aprissi la finestra della mia camera da letto, che affacciava direttamente davanti la casa dei signori Green, ma ciò che non seppi e che mi attese con sorpresa era una piccola brunetta di un metro e mezzo di soli diciotto anni dagli occhi grandi e marroni, con quel poco di verde, di quello che al sole si schiariva e sembrava persino giallo, e per non parlare di quel suo spirito libero che lasciò andare davvero poche volte, e poi quel suo sorriso timido contornato da quella cicatrice in basso alla guancia, che sembrava quasi fosse una fossetta, causata da una brutta caduta da bambina, o almeno fu sempre ciò che mi raccontò lei.
C'era quel qualcosa, forse quel suo carattere chiuso ed educato, tanto che le prime volte mi chiamò signore, dedicandomi solo un buon giorno, mentre la vidi varie volte sparire fra quelle piante curate egregiamente da sua madre, con quel vestito svolazzante bianco, che fasciò il suo corpo da piccola donnetta e quella tipica abbronzatura estiva, ma non eccessiva.
Mi girò la testa ogni volta che le sue folte ciglia e i suoi grandi occhi vennero a contatto con i miei, ogni qual volta quelle labbra piccole ma comunque carnose spesso solo lubrificate dalla sua saliva o torturate dai suoi denti a causa del nervoso, e dopo essersi scaricata su esse, andò a dar noia alle sue graziose mani, che mi ricordarono tanto quelle dei bambini ovvero piccole, accorte e leggermente paffute, quelle stesse mani che mi venne voglia di baciare ogni santissima volta che infliggeva dolore alle sue dita.
E spesso la vidi così, semplicemente neutrale, vagabonda in costume per quel giardino di fiori, che portò direttamente nella mia casetta nascosta, la quale i suoi mi permisero di affittare.
E mi piacque mettermi in quel balcone con una buona sigaretta fra le labbra, seduto con la mia carta e penna a scrivere su di lei, sulle sensazioni che emanò alla mia anima e sulla delicatezza dei suoi gesti mentre accarezzò quei fiori che mi ricordarono tanto lei, e quel suo profumo che mi entrò in testa e mi solleticò le narici, e fù Vee quella che completò la mia vita in quegli ultimi mesi, ciò che mi fece uscire dal cosiddetto 'blocco dello scrittore' iniziando a farmi scrivere tutto ciò che me la ricordasse in qualche modo, e il povero Joseph non diventò altro che una piccola mammoletta innamorata alla quale tremavano le gambe ogni qual volta che la dolce e piccola Vee gli volse uno sguardo, uno di quelli che nemmeno io stesso riuscii mai a capire, ed in realtà fu proprio quel suo essere diversa, in decifrata e chi più ne ha più ne metta, che mi piacque di lei, e che seppe portare con quell'eleganza che non fu da tutte le ragazzine di quell'età.
E fù il modo in cui il mio nome fuoriuscì dalle sue labbra e la sua voce ruppe delicatamente quel silenzio, che riuscii a calmare tutti quei demoni che nessuno fu in grado di mandare via, e mi piacque l'effetto che avevamo su entrambi, di come lei venne spesso beccata a stare in giardino, con una rosa bianca in mano, segno di purezza, mentre io mi fui affacciato alla finestra a guardare le stelle mentre gettai via il fumo eccessivo dalla mia bocca, e quando poi portai il mio sguardo su i lei e l'ammirai facevo un gesto di cortesia, salutandola e allora lei arrossì, sorridendo leggermente e ricambiando, e non seppi neanche io che mi successe, fin quando non sentì le nostre pelli sfiorarsi per sbaglio, e fin quando sentì i nostri respiri sincronizzati quando inciampò sul tubo fuori, che sua madre lasciò sempre in mezzo, ed era venuta addosso a me.
Non capii cosa successe fin quando non toccò i miei capelli e mise un dito nel boccoletto appena accennato, sorridendo come una bambina, per poi volgermi lo sguardo e dire che fosse morbido, quasi come la seta, e allora lì capii quanto il mio cuore le appartenesse.
-👼🏻-
Ciao a tutti,
Questa storia è uscita così un po' per caso, senza una ragione.
Quando scrissi il prologo, non ci misi molto, ma uscii tutto naturale e mi spiazzò proprio quella naturalezza che ebbi nello scrivere, a farmi pensare di poterla pubblicare e condividerla qui.
Con questo, non mi dilungo e spero questo inizio possa intrigarvi.
BUONA LETTURA!
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𝐇𝐘𝐏𝐍𝐎𝐓𝐈𝐂 - 𝑱𝑶𝑺𝑬𝑷𝑯 𝑴𝑶𝑹𝑮𝑨𝑵
Fanfiction"Ero completamente ipnotizzato da tutto ciò che la riguardasse o che, semplicemente mi ricordasse lei e i suoi modi di fare, il suo profumo di fiori e la sua carnagione chiara. E quando mi guardava, con quegli occhi verdi i brividi scorrevano copios...