E all'improvviso tutto diventò surreale.Il muro accanto alla porta si gonfiò in un punto, come se ci fosse una bolla tra la vernice e il cemento, e lentamente apparvero delle crepe che si moltiplicarono. La vernice prese a cadere a pezzi sul pavimento e rivelò una porta azzurra. Non avevo idea di cosa stesse succedendo. Queste cose dovevano esistere soltanto nei libri e nell'immaginazione, ma di fronte al mio sgomento qualcosa stava uscendo da quella porta e le mani nere erano le stesse che apparivano nei miei incubi.
«Non sei contenta che Daisy sia venuta a trovarti?». Disse il mostro, rimanendo sulla soglia della porta, «Non piaceva nemmeno a me, sai? Urlava troppo».
Daisy? Cosa c'entrava Daisy?
Mi guardai attorno confusa, cercando la presenza della mia amica che ovviamente non c'era. E infine, i miei occhi caddero sulla bambola. Con i capelli biondi e quel viso di cera che mi era risultato stranamente familiare. Mi si strozzò il respiro in gola, un incubo, quello era sicuramente un altro incubo. Mi precipitai sulla bambola e con mani tremanti la voltai verso di me. Le premetti l'orecchio contro il petto e sentii un altro suono oltre a quell'orribile rantolo, era il battito di un cuore.
«Daisy! Daisy!». Urlai disperata.
Non poteva non essere un incubo. Non poteva star succedendo una cosa del genere. Dai rumori realizzai che i miei genitori erano vicini alla mia stanza, dovevano aver sentito le grida, ma il mostro andò a bloccare l'entrata. Spinse la porta nel verso opposto in cui si apriva e la incastrò nella sua stessa cornice, deformando il legno. I miei genitori iniziarono a picchiare dall'altro lato, ed io non sapevo che cosa fare. Quello non sembrava un sogno, era troppo chiaro, più reale anche di quei sogni orrendi fatti di buio e di torture. Il cuore mi faceva quasi male tanto velocemente batteva, sentivo il sudore sulla fronte e la bambola tremava fra le mie mani, che non riuscivo a tenere ferme. E il mostro era di fronte all'entrata e da lì non si muoveva. Nella penombra riuscivo a intravederne il ghigno compiaciuto, come se aspettasse una mia reazione. Sbottonai il vestito di Daisy, che sembrava essere imprigionata sotto quegli strati di cera, e presi a scavare per cercare di liberarla. Scavavo, scavavo e scavavo, mentre i suoi lamenti si facevano sempre più intensi... fino a che sentii qualcosa di bagnato sotto le unghie. Guardai le mie mani e le vidi intrise di sangue. La sua pelle doveva essersi fusa con la cera e scavando non avevo fatto altro che peggiorare la situazione. Quella cosa che doveva essere Daisy soffriva, i suoi rantoli erano strazianti ma la sua espressione era quella impassibile di una bambola. Tremavo dall'orrore. Dovetti reprimere un conato di vomito, e all'improvviso mi sentii afferrare per un braccio.
«Mia splendida Maggie, hai rovinato la tua bambola!». Esclamò la creatura e i suoi occhi biancastri brillarono di una pallida luce verde, «Hai anche buttato per terra il Signor Bunny, ma ti perdono. Basta che ritorni nell'unico posto dove devi stare: al mio fianco!».
«Chi diavolo sei tu?!».
Mi scuotevo come un'ossessa per cercare di liberarmi, mentre i miei genitori tentavano di sfondare la porta, e l'espressione di quella creatura si riempì di stupore.
«Io sono Jason il giocattolaio». Esclamò, «Il tuo fedele amico, l'unico di cui hai bisogno!».
Qualcosa si mosse nei ricordi al solo sentir di quel nome, fu come una scarica elettrica lungo il corpo. Mio padre riuscì a sfondare la porta e accese la luce. Quando finalmente lo vidi, il suo volto innescò una bomba che esplose liberando i ricordi che erano rimasti rinchiusi per tutti quegli anni.
Rividi il giorno in cui c'incontrammo per la prima volta. Le sue mani da cui i giocattoli sembravano come fiorire. Ricordai il suo sorriso amichevole... che diventò lentamente un ghigno aguzzato e sadico. Quel giorno riversò contro di me la sua esasperazione, lui pretendeva più attenzioni perché nella sua arroganza credeva di meritare ogni cosa da me. Ma quando fu stanco di me, allora rivelò ciò che era.
Rivelò di aver eliminato lui le persone che mi circondavano. Rapì i miei amici per trasformarli nelle sue toy doll ed io come una stupida ingenua le avevo sempre ammirate! La corsa verso casa fu inutile, perché la porta azzurra riapparve al centro del salotto. Fece una strage con i miei genitori, si vendicò portandomeli via e ci mancò poco prima che afferrasse anche me. Non seppi come, ma riuscii a scappare dalle sue grinfie correndo il più lontano possibile da lui.
Correndo il più lontano possibile dall'odore di sangue e di quello della carne decomposta.
«Sei stato tu!». La rabbia s'impossessò di me e presi a colpirlo, «Tu li hai uccisi! Tu!».
Continuavo a colpirlo ma Jason mi sorrideva, come se gli stessi facendo il solletico. Non aveva il minimo rimorso per avermi rovinato la vita! Era una bestia possessiva che si era celata ai miei occhi di bambina dietro il volto di un angelo. Era stato capace di darmi ogni cosa e al tempo stesso di annullare tutto ciò che mi circondava. Era diabolico!
«Ovvio che sono stato io, mia splendida creatura! Il Signor Bunny te l'ha anche mostrato». Sorrise con ovvietà, «Ho costruito per te molti giocattoli e non vedo l'ora di farti conoscere Mereanda, ma se preferisci puoi chiamarla Mandy».
All'improvviso qualcosa urtò la sua testa e si frantumò in mille pezzi. Mio padre aveva una mazza di legno, l'aveva sferrata contro la testa del mostro ma tra i due a rompersi era stato solo il legno. Il sorriso di Jason diventò una smorfia infastidita e la sua stretta si rafforzò intorno al mio polso. Si voltò e quando mio padre vide il suo viso, sgranò gli occhi e mia madre si tappò la bocca soffocando un grido. Ma mio padre non perse tempo, tentando ancora di liberarmi. Nonostante la mazza fosse a metà, colpì il giocattolaio in volto e questa volta lui mollò la presa. Corsi insieme ai miei genitori fuori dalla stanza. Ci precipitammo al piano di sotto e arrivammo all'entrata. Mio padre aprì la porta, ma invece del vialetto davanti a noi c'era l'atelier di Jason.
«Maggie, ti do un'ultima possibilità». Jason stava scendendo le scale, «Dopodiché tingerò le mura con il sangue di tutta la gente che ti circonda, bastarda!».
«In cucina, presto!».
Corremmo verso la cucina, sentendo le risate di quel mostro che ci seguivano e una volta dentro, attraverso le finestre, si vedeva ancora la piccola fabbrica del giocattolaio. Oramai ero disperatamente certa che non si trattasse di un incubo. Il terrore e il sangue di Daisy tra le dita erano più reali di qualsiasi altra cosa avessi mai vissuto.
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Jason The Toy Maker Creepypasta Ufficiale Ita
Horrorcreepypasta ufficiale Jason The Toy Maker ,tutti i diritti all' autore Krisantyl