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Ci voltammo, «Dov'è papà?».

Mia madre, che nel frattempo aveva afferrato un coltello, si avvicinò a me e mi strinse tra le braccia.

«Steven!». Lo chiamò con voce tremante, ma sospirammo entrambe di sollievo vedendolo entrare in cucina. «Sbrigati, prima che-».

La voce di mia madre si bloccò. Come me, fissava il volto pallido di papà. Camminava lento, con lo sguardo fisso nel vuoto e gli occhi sbarrati. D'improvviso cadde per terra e da dietro sbucò il sorriso congelato di Jason. Il giocattolaio mi guardò con quegli occhi folli.

«Papà ha finito la batteria, bisogna ricaricarlo!».

Jason mostrò una chiave meccanica enorme e la conficcò nella schiena di mio padre, già macchiata di sangue, girò con forza e la sua spina dorsale si piegò, distorcendosi. Al secondo giro gridai, tappandomi le orecchie per non sentire il rumore delle ossa che si spezzavano, ma non riuscii a fare a meno di staccare gli occhi dal corpo di mio padre che si contorceva come un serpente.

«Vattene, sparisci! Lascia stare la mia bambina!». Mia madre mi strinse al suo petto e nonostante il terrore e le lacrime che versava, il suo volto era quello di una leonessa pronta a proteggermi.

«Fai silenzio, donna! Non è con te che devo parlare!». Ringhiò furioso il giocattolaio e in fine m'indicò con il suo artiglio bianco, «Vieni con me, mia dolce amica. Insieme ci divertiremo, torneremo a ridere come una volta».

«No, tu sei solo un pazzo psicopatico! Non so che razza di mostro sei, non ho idea di come puoi esistere in questo mondo, ma una cosa è certa: devi sparire per sempre dalla mia vita!».

Al suono del mio rifiuto, l'espressione di Jason s'incupì e i suoi occhi brillarono dalla furia. Iniziò a farneticare, contorcendosi e facendo scatti con la testa come se l'avessi mandato in tilt.

«Io non capisco...». Ringhiò sottovoce, «Non capisco!». Urlò e, digrignando i denti, la sua faccia diventò ancor più raccapricciante, «Io sono stato l'unico a starti accanto quando i tuoi genitori preferivano il lavoro piuttosto che stare con te! Io sono stato un amico leale, mentre quelli che ti circondavano ti cercavano solo nel momento del bisogno!». Si avvicinò lentamente, «Io ti ho riempito di attenzioni, donandoti cascate di giocattoli e senza farti mai mancare nulla! Io ho voluto il tuo bene, ed è per questo che ho distrutto tutto ciò che ti feriva!».

Le sue grida erano così forti che rimbombavano contro le pareti, mentre il mio corpo tremava dal terrore ad ogni parola.

«Ho tolto di mezzo le persone che ti rattristavano, perché volevo che tu fossi felice al mio fianco e dopo che ti ho cercato a lungo, tu mi hai persino dimenticato. Io sono stato un vero amico, ma tu mi hai abbandonato voltandomi le spalle». Tutto ad un tratto il suo sguardo furioso si rilassò, se non per quel sorriso malato, «Dopo tutto quello che ho fatto per te, non c'è altra spiegazione, tu hai sicuramente qualcosa che non va». Insinuò con uno sguardo accusatore, «Sei stata una ragazzina molto cattiva, quindi ora devo aggiustarti».

«C-cosa?». La voce mi tremò.

«Hai capito bene, piccola ingrata. Ti aggiusterò così diventerai brava». Ridacchiò, «Diventerai una bellissima Toy Doll».

Mia madre, che era rimasta come paralizzata durante tutta la sfuriata di Jason. All'improvviso si destò e gli puntò contro il coltello, «Se provi soltanto a sfiorare Maggie, giuro che ti ammazzo!».

Jason guardò mia madre con aria di sfida e si avvicinò lentamente. Il coltello tremava nella sua mano mentre il giocattolaio aveva uno sguardo impassibile. Ma lei non resse la tensione. Mi spinse dietro di sé e gli si scagliò contro. Gli piantò il coltello dritto nel cuore e il mostro spalancò gli occhi, fece una smorfia di dolore, aggrottando le sopracciglia scure, e mia madre sorrise trionfante.

«Scherzetto!».

In un attimo il ghigno tornò sul volto di Jason. Allargò le braccia con noncuranza, senza nemmeno accennare a volersi sfilare la lama dal petto. Sconvolta, mia madre restò immobile per una frazione di secondo, ma presa dall'esasperazione cominciò a pugnalarlo più volte, cercando disperatamente di forzargli un qualunque genere di reazione. Si sentiva il rumore disgustoso della carne perforata dal coltello mentre la camicia si strappava, ma Jason continuava a stare perfettamente in piedi.

«Adesso basta». Commentò annoiato, e subito dopo colpì al volto mia madre facendola cadere violentemente al suolo. «Per me è un bel guaio, se me l'hai graffiato».

Fui subito al fianco di mia madre per aiutarla a mettersi in ginocchio, un lato del suo viso si stava già gonfiando. I miei occhi scattarono sul giocattolaio, mi aspettavo un'immediata vendetta, ma rimasi pietrificata nello scorgere cosa stesse facendo. Si era sbottonato la camicia e piantato le unghie in petto, non lontano dalle ferite inferte dal coltello. Fece affondare gli artigli nella carne fino ad arrivare alle punte delle dita e, sotto il mio sguardo sconvolto, lentamente iniziò a tirare dai lati opposti. Apparve un piccolo squarcio al centro, che si allargò strappandosi come se la pelle fosse stata di plastica. Sgorgò del liquido denso e nero che imbrattò il pavimento. Non era sangue. E se fosse stato quello, allora doveva essere marcio. Qualcosa brillò all'interno della cassa toracica esposta.

Jason The Toy Maker Creepypasta Ufficiale Ita Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora