1.parte 1 - Do ut des

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La vecchia Peugeot arrivò alle sei del mattino, come sempre.
Nonostante fosse solo metà ottobre, l'aria mattutina era già pungente e le mani della signora Orlandini, rovinate da ragadi e screpolature per il duro lavoro, la imploravano di non sfilare i guanti.

Mancava ancora un'ora all'alba: l'oscurità e il silenzio dominavano impenetrabili su ogni cosa. La scarsa luce dei lampioni e la lieve foschia, rivelavano una facciata spettrale e poco raccomandabile della principale strada cittadina.
Seppur la luna piena e le stelle fossero ancora l'unica compagnia per la donna, nel cielo cupo cominciavano a dipanarsi i primi pallidi graffi del nuovo giorno nascente.

Parcheggiata l'auto accanto l'insegna, si avviò infagottata nel suo husky 100% poliestere verde oliva, alla porta d'ingresso del locale, chiuso al pubblico da meno di un'ora.
Nonostante il cartello indicasse chiuso, la porta non era serrata a mandate.
Vi trovò il proprietario, esattamente come tutte le altre mattine, ancora impegnato a strofinare e pulire il bancone.

Il signor Focovio era un buon datore di lavoro: non era assillante né particolarmente pignolo.
Pur avendo alle spalle quasi dieci ore d'ininterrotto servizio, l'uomo non lasciava mai il locale senza aver lucidato il suo piano di lavoro.

Come tutti i sabati sera, anche quella era stata una serata sfrenata e caotica.
L'uomo aveva già raccolto bottiglie e bicchieri rotti, avanzi di cibo sparsi e una quantità indescrivibile di altri prodotti degli eccessi umani. Ora restava alla donna pulire il resto del locale.

Per la signora Orlandini era un lavoro faticoso ma onesto e dignitosamente retribuito. Le toccava lavorare dall'alba anche la domenica mattina, ma le restavano il lunedì e tutti i pomeriggi da dedicare alla sua famiglia.
Il proprietario la salutò con un sorriso stanco. Badare e servire mandrie di beoni sbandati, per ore ed ore tutte le notti, doveva essere davvero spossante.

Il locale era molto noto e frequentato nella provincia.
Ubriaconi, compagnie, musicisti falliti, tossici, venivano a bere in quell'ambiente eccessivo e sregolato. Li attirava la musica ad volume, l'ambiente kitsch e le cameriere molto svestite.

C'era sempre musica ed un ingestibile baraonda.
Sia dentro che fuori il locale.
I clienti, ubriachi, ciodolavano per le strade del quartiere abbandonandosi agli istinti e in preda dei fumi dell'alcool o di altro.
I vicini non sopportavano più i danneggiamenti e gli schiamazzi. Le chiamate ai carabinieri e le proteste al sindaco, ormai, non si contavano nemmeno più.
Lucas Focovio difendeva con irremovibilità la sua attività e la sua clientela. E, fino ad allora, era sempre riuscito a sbrogliare la situazione, anche risarcendo di propria mano danni e fastidi.

"Allora vado signora Orlandini. Le auguro buona giornata e buon lavoro" la salutò fiacco,  dopo aver accatastato quattro pesanti sacconi d'immondizia pieni, vicino alla porta sul retro.

"Li lasci pure qui, vicino al resto della spazzatura. Li butterò fuori io, nel pomeriggio".
"Vada signor Focovio. Sarà stanchissimo, vada a riposarsi che ne ha bisogno" lo raccomandò quasi premurosa la donna.

"Grazie. Allora a martedì".
"A mertedi mattino e buona domenica anche a Clio".

Le giovani e provocanti ballerine e cameriere, avevano già lasciato da ore il bar. Quella piccola donna di mezza età, bassa e tarchiata, pareva quanto di più lontano potesse esserci in una lap dance. Eppure, con le luce accese, quel posto sembrava solo sciatto e squallido.
Le vere luci, non i neon psichedelici che alteravano la realtà ingannando i clienti.

L'uomo se ne andò serrando la porta a chiave dall'esterno.
I gesti, i saluti e le cortesie di quel rituale, si avvicendavano identici ogni giorno ed ogni settimana, conferendo un atmosfera di certezze stagnanti alla loro quotidianità. D'altro canto, ogni cosa in quella città era come avvolta da certezze stagnanti. Inamovibili e prive di  prospettive.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 15, 2019 ⏰

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