Capitolo 27

26 15 0
                                    

Tornò presto a lavoro, erano le sette del mattino quando alla sua scrivania sommersa di fogli era intento a rileggere la relazione degli Investigatori sul caso del parente del Presidente e una leggera tristezza lo avvolse.

Rileggendo si soffermò sul una frase "squarciato dal ventre un su".

Alzò lo sguardo sulla parete di fronte osservando l'arazzo appeso. Vi era raffigurato un uomo con una lunga barba, assediato da mostri e figure deformi. Una mano nodosa lo afferrava per i capelli candidi, un rettile con il becco di un uccello gli mordeva le dita e un'enorme aquila stava per colpirlo con un bastone. Nell'angolo del dipinto il dramma stava tutto nella figura oscena e compassionevole del povero malato, incappucciato di rosso, che stava in primo piano sul lato sinistro della tavola. Il ventre gonfio, il corpo piagato dal putridume di pustole e di bubboni, si torceva in un dolore senza speranza, Era la Tentazione di Sant'Antonio, non era l'originale ma una fedele riproduzione.

Si soffermò sulle parole scritte sul cartiglio che si trovava in basso sulla destra del quadro: Bone Jhesu, ubi eras, quare non affuisti ut sanares vulnera mea?, E in tono sommesso tradusse: "Perché non eri qui a guarire le mie ferite".

Chi altri, se non quella figura dolente poteva pronunciare quelle parole. Era la metafora della condizione di disperazione in cui l'uomo poteva precipitare.

Sentì nascere dentro di se la tristezza provata pocanzi, mentre ai margini della sua coscienza stava lentamente formulandosi una domanda: "Stava facendo la cosa giusta?"

Si sentiva triste e di cattivo umore, ma scacciò dalla mente il timore e lo sgomento.

Tornò ai fogli, aveva fatto quello che doveva e non poteva permettersi di pentirsi.

Nell'ufficio l'illuminazione era scadente, i lumi alimentati a petrolio non facevano il loro dovere, lo stesso arredamento freddo e spoglio, un odiosa scrivania traballante e una sedia girevole che avrebbe cominciato a dare segni di cedimento in pochi mesi. Il tempo passava ma tutto restava identico. Pensò di dover avvertire l'Ordine, erano settimane che non scriveva, la presenza del Primarca non l'abbandonava mai, lo sentiva battere nella sua testa, lui stesso se lo sentiva addosso, come una maschera che era ormai impossibile da levare.

Nella sua testa si ripercuotevano immagini che erano persino difficili da descrivere, ma sicuramente orribili: corpi mutilati, sangue ovunque, luoghi bui e terrificanti: era come se il male gli fosse entrato dentro e avesse trovato rifugio nella sua mente, ecco perché beveva, l'alcol riusciva ad attutire i pensieri.

Erano le dieci del mattino quando bussarono alla porta.

<<Avanti!>> esortò Jacopo

Nella stanza dell'ufficio entrò un uomo alto, ben vestito con un abito blu notte con panciotto e  capelli curati, non un filo di barba sul suo viso.

<<Buongiorno, Signor Fo>> esordì l'uomo. Era Valentino, il fratello gemello di Lorenzo DeMedici il Luminare del San Crispino. Jacopo inclinò appena il capo in cenno di saluto

<< Signor Segretario..>>disse

<<Sono venuto ad informarla che il Princeps e la delegazione MagiNò la stanno aspettando, l'accompagnerò io..>>continuò inforcando le mani nelle tasche.

Jacopo si soffermò appena nell'osservarlo, erano praticamente identici, persino la postura.

Poi deglutì, era arrivato il momento tanto atteso, ma la cosa non lo entusiasmava granchè, anzi non lo entusiasmava per niente. Si alzò impassibile, prese la giacca in fresco lana Principe di Galles grigia come le nuvole che si profilavano all'orizzonte e si avviò insieme all'uomo verso l'ascensore a pistone.

Proseguirono lungo il corridoio alla fine del quale si trovava un vecchio ufficio che fungeva da archivio.

Jacopo inarcò appena un sopracciglio incuriosito. DeMedici busso tre volte sul vetro della porta con la bacchetta e ad un tratto il vetro cambiò ornandosi di fiori, ricami e riflessi cangianti.

Era una stanza segreta completamente insonorizzata, nascosta da occhi indiscreti.

Jacopo aveva cercato quella stanza per anni, veniva utilizzata per le riunioni del Senato in collaborazione con i Cavalieri della Luce. Quella scoperta poteva essere di vitale importanza per l'Ordine.

Valentino posò una mano sulla fredda maniglia in acciaio abbassandola e aprendogli l'accesso a quella stanza segreta.

Il Princeps era seduto alla scrivania, insieme al Vicarium Giannini e una decina di persone, tra Centuri e Polizia MagiNò. Quando lo vide alzò la sua mano dalle lunghe dita affusolate facendo cenno di entrare.

Secolaria - Obscura LuxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora