I: the beginning

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Iniziò tutto in modo banale, così come tutte le storie d'amore; sempre per caso, mai giusto.

Taehyung, chiamato per nome solo dai suoi genitori e i suoi fratelli, viveva nel lussuoso albergo di modeste dimensioni, conosciuto tra i nobili di passaggio in quel piccolo, ma bel paese.
Era gestito da suo padre, il signor Kim, prima che riscontrasse una brutta malattia che lo portò a morire; egli, fortunatamente — così pensava lui — era il terzogenito, quindi non gli spettava il compito di prendere le redini dell'hotel.

Era alto abbastanza, decisamente magro e aveva la pelle leggermente scura; la sua chioma era di un classico castano chiaro, mentre i suoi occhi risultavano essere scuri, di un marrone quasi tendente al nero.

Jeon Jungkook, invece, era un ragazzo di umili origini e uno dei camerieri dell'albergo; era stato assunto da poco, quindi si era ritrovato a non conoscere nessuno del personale, e — fortunatamente anche per lui — aveva da subito trovato qualcuno disposto a fargli vedere l'intero albergo; un ragazzo di nome Jimin, Park Jimin, che gli aveva indicato la sua camera, che avrebbe condiviso proprio con lui, e le stanze dei rispettivi padroni, tra i quali la signora Kim e i suoi tre figli: Kim Seokjin, Kim Namjoon e Kim Taehyung, disposti ognuno in stanze diverse.

Jungkook ebbe l'onore di lavorare il primo giorno in cui mise piede nell'hotel; infatti, dopo aver posato le sue cose in camera, si cambiò subito per prepararsi e scendere in cucina, dove altri camerieri erano disposti uno di fianco all'altro in fila, proprio come lui.

Era agitato, così tanto da non sentire nemmeno le parole che uscivano, severe, dalla bocca del direttore della sala.
Si riprese solo quando questi alzò la voce, ribadendo i concetti fondamentali per essere un cameriere impeccabile:
1. Mai rivolgere la parola ai clienti.
2. Mai guardare negli occhi i propri clienti.
3. La distanza tra i camerieri e i clienti deve sempre essere di un vassoio.

Il ragazzo ripeteva nella sua mente quelle regole, stupendosi di non essere più così tanto in ansia come credeva; aveva rilassato i muscoli, nonostante la posa rigida in cui avrebbe dovuto stare ancora per un po', prima di iniziare a lavorare per servire i padroni dell'albergo e i clienti che avrebbero alloggiato lì per quella notte.

Iniziarono a lavorare, tutti quanti; gli chef in cucina e loro, i camerieri, a servire i tavoli.
Il ragazzo era attento e calmo; agiva tranquillamente, versando vino nei bicchieri dei Kim e in quello degli altri clienti, e portando buone pietanze a tavola.

Non gli era sfuggito il signorino Kim, l'ultimo dei tre; lo aveva servito, e questi, diversamente da come si dimostrava essere, gli aveva sorriso e l'aveva ringraziato.
Aveva apprezzato molto quel gesto, Jungkook, dato che alcuni non lo degnavano di uno sguardo, — cosa che non dispiaceva affatto al giovane, dato che gli facilitava il compito di non guardarli negli occhi — neanche la signora Kim o i primi due figli avevano detto qualcosa, mentre lui sì, si era disturbato di ringraziarlo per ciò che faceva.

A tarda notte, mentre si guardava di sfuggita allo specchio, ammise a se stesso, — dopo aver pettinato i capelli castano scuro — che non era stato male come primo giorno di lavoro, anzi, quasi non riusciva a togliersi dalla testa il signorino Kim.


Jimin e Jungkook si vedevano di sfuggita, scambiandosi solamente dei sorrisi in segno di saluto.
Nonostante fossero costantemente impegnati, entrambi avevano trovato un po' di tempo per scambiarsi domande futili, ma essenziali per iniziare a conoscersi e Jimin si rivelò essere il più grande tra i due.

Jungkook si era soffermato a guardarlo molto la prima notte, mentre stava dormendo e i capelli neri gli ricadevano spettinati sulla fronte, gli occhi castano scuro che era riuscito a vedere di giorno, ora chiusi, e la bocca, da cui uscivano alcuni sbuffi, semi aperta; egli aveva pensato che fosse davvero buffo.

RICHNESS & POORNESS // KOOKVDove le storie prendono vita. Scoprilo ora