Capitolo 1

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È lunedì e io sono Alessio, un ragazzo di 16 anni. Vivo con mia madre, mio padre e mio fratello di 9 anni, in una villetta, con una splendida vista sui campi di grano. Frequento il liceo linguistico e sono al secondo anno. Hobby? Non ne ho molti, mi piace giocare a Tennis, ascoltare la musica e disegnare. La mia vita è molto monotona, e questo lo si può vedere dalla mia tipica routine: la sveglia suona alle 6:30, mi alzo, mi lavo, faccio colazione, saluto mia mamma prima che vada a lavorare dandole un bacio sulla guancia, saluto il mio fratellino, accarezzandogli la testa, preparo lo zaino e prendo il bus che passa davanti a casa mia per andare a scuola. Appena arrivato, entro in classe il più velocemente possibile, cercando di non farmi notare, principalmente per evitare i soliti bulli che vogliono prendermi in giro. "Frocio" è l'insulto che mi rivolgono più frequentemente, questo a causa dei miei atteggiamenti un po effeminati. Nonostante questo, non sono completamenti sicuri che io sia omosessuale, ma vengo comunque trattato come lo zimbello della classe. Ad essere sincero non so nemmeno io qual è il mio orientamento sessuale, o forse preferisco non saperlo.

Ore 8:10, e così inizia la lezione. Alla prima ora abbiamo Italiano, una materia che non mi entusiasma poi molto se devo essere sincero, ma per fortuna il nostro professore è molto simpatico.

Come al solito, il mio vicino di banco arriva dopo l'inizio della lezione, ma riesce sempre a trovare una buona scusa per non farsi segnare il ritardo sul registro di classe. Lui si chiama Luca, ed è il ragazzo che tutte le ragazze vorrebbero come fidanzato: capelli neri, occhi azzurri, muscoloso, non troppo alto. Ho sempre pensato che fosse carino, peccato sia uno dei primi a prendermi in giro, insieme ad altri nostri compagni di classe.

Finite le lezioni, scendo al bar della scuola per incontrare i miei due migliori amici, Erik e Alice. All'apparenza, sembrano due persone che e ne stanno molto sulle loro, ma in realtà sono molto simpatici. Usciamo quasi ogni giorno, tutti insieme, per studiare oppure per divertirci. Vengono spesso a casa mia, perché, oltre ad avere più di un computer, la mia dispensa è sempre piena di snack e altri dolciumi, tra cui gli amaretti, di cui Alice va matta.

Li conosco da molto tempo, abbiamo fatto la scuola materna, elementare e anche la scuola media assieme. Sono le due persone di cui mi fido di più, dopo i miei genitori ovviamente.

E dopo la solita giornata a fare i compiti e a studiare, ascolto un po di musica, fino a quando non vado a letto, circa alle 23:00.

Il giorno dopo, cerco di prepararmi il più velocemente possibile, perché, non avendo sentito la sveglia suonare, sono in ritardo. Corro il più possibile per non perdere il bus e arrivo a scuola puntuale. Mi siedo al mio posto e aspetto l'arrivo del professore. Prima del suono della campanella, vedo Luca entrare dalla porta. Stranamente oggi è arrivato in anticipo. Si siede vicino a me, si toglie il cappello, si avvicina, e così comincia l'inferno:

"Hei sfigato, che ne dici di passarmi gli appunti di latino di ieri? Oppure devo costringerti con la forza?"

Avevo come un nodo in gola, non riuscivo a dire una parola. L'unica cosa che riuscii a fare fu prendere il quaderno dalla cartella e posarlo sul suo banco.

"Bravo, così mi piaci" mi disse.

In quel momento, mi sentii quasi fuori  pericolo, ma sapevo che quella sensazione non sarebbe durata per molto. Alla seconda ora andammo in palestra, per la lezione di ginnastica. Lo spogliatoio sembrava più una giungla, con tutto il chiasso che i miei compagni di classe facevano. Ed è proprio qui che si divertivano a prendermi in giro, per il mio fisico. Non avevo muscoli e per questo motivo mi chiamavano acciuga, oppure mi dicevo che avevo problemi di anoressia, il che non era affatto vero. Ma a loro non importava, era solo uno dei modi che avevano in più per prendermi in giro. Questa era una delle cause principali per la quale tornavo a casa, mi chiudevo nella mia stanza e cominciavo a piangere silenziosamente, senza farmi sentire dai miei genitori, e specialmente dal mio fratellino, per il quale volevo essere un esempio, un modello da seguire, anche se risultava molto difficile, considerando la mia situazione a scuola.

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