2.0

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Neymar si alzò dal divano controvoglia, maledicendo qualsiasi persona avesse avuto la malaugurata idea di chiamarlo, mentre in tv stavano trasmettendo la sua serie preferita.

Non voleva parlare con nessuno. Non perché stesse particolarmente male per la rottura con Bruna, in effetti era nell'aria, quanto piuttosto perché lei lo aveva preso in giro per mesi, e lui non se ne era mai accorto o forse non aveva voluto vedere la realtà.

Un tempo aveva amato Bruna, non sapeva se l'amasse ancora, forse l'amore si era trasformato in abitudine, ma qualunque cosa fosse quel tradimento faceva male, perché lui, malgrado le sue supposizioni, non si era mai permesso di mancarle di rispetto in nessun modo.

Si diresse verso la cucina e prese il telefono sul tavolo, non appena lesse il nome del mittente, strabuzzò gli occhi, convinto che fosse colpa dell'eccesso di zucchero dovuto alla Nutella di quel pomeriggio, ma no, non erano allucinazioni, era semplicemente l'ultima persona con cui si aspettava di parlare quella sera.

-Pronto?- disse con voce incerta un po' timoroso della risposta.

-Ciao...- quasi trasalì all'udire quella voce che non udiva da giorni.

Neymar rimase in silenzio aspettando una spiegazione per quella chiamata.

-Che ne dici di aprirmi la porta? Sta piovendo a dirotto...-

Il brasiliano si portò una mano sulla fronte, cercando di registrare le informazioni appena ricevute.
Abbastanza confuso, si diresse verso la porta di casa con il telefono ancora appoggiato all'orecchio.

Il suo migliore amico era lì, sulla soglia di casa sua, con il ciuffo biondo che sfuggiva al cappuccio grigio della felpa della Nike e un tutore nella gamba.

La voglia di sbattergli la porta in faccia per il modo assurdo in cui l'aveva trattato era tanta, eppure non lo fece, restò lì, di fronte all'argentino, un'espressione imperscrutabile dipinta in volto.

-Avevi detto che se fossi tornato normale, avrei dovuto farti uno squillo...- disse Leo ammiccando verso il telefono, passandosi una mano nella barba.

-Entra- disse semplicemente Neymar e lui obbedì chiudendosi la porta alle spalle.

-Come stai?- chiese Lionel spostandosi a fatica per via del dolore alla gamba, cosa che non sfuggì al brasiliano.

-Bene, ma siediti. Non restare lì in piedi. Dai, ti aiuto...-

Lionel scosse la testa e gli appoggiò le mani sulle spalle guardandolo dritto negli occhi.

-Come stai?- chiese di nuovo senza lasciare la presa.

Il minore abbassò gli occhi, sospirando.

Quando li rialzò e si trovò di fronte a due pozze color caffè, si lasciò andare a un pianto liberatorio, abbracciandolo forte.

Pianse senza vergogna come un bambino, lasciandosi abbracciare, lasciandosi consolare da quell'amico che in quelle settimane gli era mancato come l'aria.

E non importava quello che era successo tra di loro, perché lui era lì, adesso, ed era davvero l'unica persona di cui aveva bisogno.

Il resto non contava. Non più.

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