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Il particolare che più mi piace dell'immensità di questa città, è proprio un posto irrilevante, lontano dall'aria inquinata dei veicoli e dai respiri soffocanti della gente affrettata che corre tra le vie affollate. Da quando sono scappato dalle grinfie del mio piccolo paese per essere più libero, e la imponente Seoul mi ha accolto come una madre fra le sue braccia moderne, ogni volta che riesco a ritagliare del tempo per me, lo passo a rifugiarmi fra le betulle silenziose di questo grazioso parco.
Specialmente le mattine di primavera sul presto, quando il vento pungente è fresco e s'infila fra i capelli scompigliandoteli, e il prato è più comodo di un letto nuovo di zecca, è un piacere trascorrere il tempo qui. Il cielo che contorna il paesaggio è sempre sorridente e infinito, mi lascia di stucco ogni volta e la tranquillità scorre fra le mie vene più veloce del sangue. Chiunque si sieda, che sia sul prato o sulle panchine, son sicuro per certo che lascia scivolare via i suoi pensieri almeno per un paio di minuti. Osservandolo bene, giorno per giorno, mi sono accorto come possa prendere le sembianze di un quadro appena concluso da un rinomato pittore francese.
Fin quando un giorno, il solito scenario monotono venne spezzato da una figura frenetica, che mi fece distogliere l'attenzione dal libro posato sulle mie gambe, intenta a correre, che si accasciò su una panchina. Ripresi a leggere, e quando, dopo cinque minuti, si rialzò per andar via, un fascio di luce colpì la mia vista, qualcosa era caduto al suolo. Capì subito che si trattasse di gioielleria, ma il ragazzo era già scappato via, così decisi di avvicinarmi.
Un orologio, più brillante del pavimento di una reggia imperiale appena lavato. Come può qualcuno dimenticarsi un oggetto simile? "Proprio uno sciocco" sussurrai, rigirandomi l'orologio pesante fra le dita.
