Estranei In Casa

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Non avrei mai pensato di andare via dalla città in cui ero cresciuta né tantomeno di trasferirmi nella casa degli orrori che mi si poneva davanti in quel momento. Molte erano le leggende metropolitane che si sentivano su quella casa. Si diceva che l’abitazione fosse infestata da fantasmi e che, un centinaio di anni fa, proprio a causa di questi fantasmi, fosse morta una persona. Nonostante tutto questo non avevo avuto altra scelta che trasferirmi lì, non era stata una mia decisione ma di mia madre, che mi aveva lasciato quella casa in eredità ed io non avevo abbastanza soldi per trasferirmi altrove. La casa era isolata dal resto della popolazione, la zona era deserta, completamente disabitata. L’ unica cosa che si riusciva a sentire era il frinire dei grilli. Ero terrorizzata ma mi feci coraggio ed entrai. Non mi sorprese scoprire che in quella casa c’era anche una soffitta. Una sporca ed inquietante soffitta. All’interno la casa era polverosa e puzzava come l’appartamento in cui viveva mia nonna quando, diversi anni prima, io e mia madre andavamo a farle visita. Sapevo già che avrei trascorso tutto il giorno a pulire l’abitazione e ad aprire scatoloni. Con un sospiro di rassegnazione, mi rimboccai le maniche e mi misi a lavoro.

Il giorno seguente, dopo una bella dormita, mi sentivo pronta per pulire l’ultima stanza rimasta: la soffitta. Spostando i vari scatoloni ne trovai uno contenente un libro che sembrava vecchio un centinaio d’anni. Lo aprii: sembrava essere un diario ed era scritto a mano. La scrittura era frettolosa e disordinata, mi ci volle un momento per decifrare i segni scritti su quei fogli ingialliti. Il proprietario del diario, un certo Alfred Wright, parlava di fatti strani che stavano avvenendo nella casa quando lui viveva ancora lì. Descriveva una qualche entità che sembrava seguirlo e che muoveva gli oggetti. Mi immersi nella lettura del diario, nonostante l’abbaiare di quello che probabilmente era un cane randagio fuori dalla casa rendeva concentrarsi difficile. Dopo aver letto circa metà del diario, decisi di fare qualche ricerca su quest’uomo e vidi che era stato chiuso in un manicomio per via dei suoi deliri, ricondotti ad un caso di schizofrenia. Dopotutto i fantasmi non esistevano e quell’uomo era solo un pazzo. Con il cuore più leggero, decisi di mettere da parte il diario e continuare a pulire la soffitta. Quella sera, mentre poggiavo la testa sul cuscino, mi ritrovai a pensare di nuovo al diario e a cos’altro ci fosse scritto. La mattina dopo decisi di continuare a leggere il diario. Sì, magari erano solo i deliri di un pazzo ma si era rivelata una lettura avvincente. Un brivido mi percorse il corpo quando ripresi a leggere gli appunti di Alfred:

“Ieri ho sentito dei rumori in soffitta ed il mio cane, Porridge, ha continuato ad abbaiare per tutta la mattina, fissando il soffitto. Inizio a pensare che dovrei andarmene da questa casa, forse sto perdendo il senno.”

Ripensai al cane che ieri mattina aveva continuato ad abbaiare per ore, ma scacciai via il pensiero con noncuranza. Con mia sorpresa, il diario finiva lì. Lo chiusi e, in quel momento, qualcosa cadde dalle pagine polverose finendo a terra. Era una foto in bianco e nero. Sul retro vi era scritto, nella stessa calligrafia disordinata del diario, un appunto. “25 Settembre 1918 – sono riuscito a fotografare il fantasma. Forse non sono pazzo, dopotutto”. Girai la fotografia e trasalii: sul lato destro potevo vedere quello che era stato Alfred Wright, il suo cane Porridge che dormiva tranquillo ai suoi piedi e, sulla sinistra, c’era una figura quasi trasparente. Si trattava di una ragazza dai capelli castani e gli occhi azzurri che sembrava star leggendo qualcosa. La foto, ovviamente, non era a colori ma io conoscevo quel viso fin troppo bene. Guardandomi allo specchio, degli occhi azzurri in completo contrasto con i miei capelli castani, ricambiarono il mio sguardo. Dietro di me, un cane iniziò ad abbaiare, più reale che mai.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 10, 2018 ⏰

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