3. Cani giovani

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Domenica anemica: niente di nuovo sul fronte occidentale. Nemmeno quello che succede alla TV, assolutamente niente di nuovo. Permettere ai neofascisti di avere comizi mi sembra un pelo anticostituzionale, non so come la vedano gli organi supremi dello Stato – che tecnicamente la Costituzione la dovrebbero conoscere ben più di uno sbarbatello marchigiano.
Poco importa. Jacopo sta leggendo questo cesso di libro, qualcosa di imbarazzante nella sua genericità. Si chiama tipo Noi, titolo minimale e di classe – al contrario del contenuto delle pagine celate dietro di esso. Non sono  ancora del tutto sicuro del perché il mio professore di italiano ce l'abbia assegnato da leggere: diavolo, non sono del tutto sicuro del perché sia stato pubblicato su qualcosa di diverso da Wattpad. Maledizione.
-Ashley, come farò quando tu sarai lontana da me?- chiese Jacob, trattenendo a stento il torrente delle sue emozioni.
-Oh, Jacob- rispose Ashley, dolce, -mi troverai per sempre nel tuo cielo-.
Jacob la strinse a sé
e in grazia di Dio suona il telefono. Giustizia divina, si direbbe, atta a distrarre Jacopo dalla cacata carta che sta consultando.
"Pronto? Sì, ciao, sono la Carla!"
Un'espressione di disgusto sul viso di Jacopo: chi è che sei te?!
"...come? Ah sì, ma certo! Te lo passo subito". Allontanando il viso dal ricevitore: "Ja', è per te".
"Chi è?"
"È Hˋông. Dai, vie' qua, sbrigati che sto a cucina'."
Come dimenticare. La minuta vietnamita che, coi suoi occhi a mandorla e i suoi denti come perle, gli sorrideva da bimba, quando entrambi erano piccoli. Cugina adottiva, di secondo grado – chissà quanti pranzi di famiglia fatti insieme! È sempre stata la migliore compagna in quel contesto. La differenza di età è considerevole-- oddio, nemmeno troppo poi, Jacopo ha diciassette anni e Hoàng Hˋông Thi – questo il suo nome completo – quattordici, forse quindici. Però anche contando la distanza geografica fra i due, è poi quello che basta per avere due generazioni radicalmente differenti, con un gap quasi insormontabile ad esse frapposto. Si capisce che siamo due mondi a parte, ma le voglio comunque un mondo di bene.
Il biondo riceve dalle mani della madre la cornetta. Poi, allontanandosi: "Pronto?". Torna su per le scale.
"Ciao, Jacopo!" risponde esaltata la ragazza, con un accento marchigiano insospettabile. Una botta di allegria, stamattina, mi ci voleva proprio, fra quel libro e questa giornata inutile. "Come stai, cugi'?".
Nel frattempo Jacopo, di nuovo sdraiato sul letto, torna sul volume che sta consultando. Ma gli sembra il caso a quello d'italiano di affibbiarci una verifica su quest'infamia? Sarà, come al solito, una di quelle analisi del testo radiocomandate, bestie a una traccia sola. Zero scelta.
"Tutto bene, stella. E tu?". Nel frattempo seguita a leggere quella penosa scenetta.
"Tutto bene!--"
--e a lungo stettero vicini. (Quanto pomposa questa traduzione! Manco stessero traducendo il Paradise Lost. Anzi, non impiegherebbero la stessa cura, o dovrei dire incuria, per tradurre Milton.)
"--sai", prosegue lei, "oggi sono in Città per fare una gita di piacere. Visto che non ci vediamo da un po', che ne dici di incontrarci?"
"Prima spiegami come diavolo hai convinto i tuoi a venire qui". Ovviamente la risposta, nella testa di Jacopo, è già un sì senza remissioni: tutto pur di avere una scusa buona per lasciare che questo libro infame prenda polvere sulla scrivania. E tutto pur di non essere io a prenderne.
La ragazza ride dall'altra parte del  telefonino. "Fra l'altro non sono nemmeno con me, gli ho detto che mi stavi aspettando".
"L'hai rischiata!"
"Eh, già."
"Mi piace questo aspetto di te."(Da più piccolo, in realtà, mi piacevano molti aspetti di lei. Poi mi ricordavo che siamo cugini: bella sfiga, e la biologia in questi casi può poco contro lo status giuridico.)
Altra risatina, poi lei: "Dai, sarò in stazione fra una mezz'oretta, mi vieni ad aspettare?".
"Ovviamente!". Con mossa da cestista Jacopo fionda il libro sulla sedia della scrivania: un tiro da tre.
Dritto giù per le scale come una massa detritica trascinata via da un grande fiume in piena: un rivo più piccolino si mantiene puro, ma rischia di non avere forza. Callimaco forse non l'aveva previsto. Ascensore e poi pullman, spinto dal vento fino alla stazione, e poi i tabelloni proiettano fasci di fotoni fino ai suoi occhi affinché lui sappia su quale binario arriverà il treno proveniente da Ancona. Numero sei: andiamo.
La stazione, vuota come ogni domenica –niente studenti, servizi ridotti, i treni ad alta velocità arrivano sottoterra. Chissà se siamo mai andati a prendere un treno insieme noi due, in particolare una domenica. Ricordo quella volta che scendemmo da mia nonna in estate; ma non solo era sabato, credo che fossimo in macchina a dirla tutta. Gruppetto di ragazzi che fumano urlando chissà quale manica di minchiate sul fondo della banchina del binario, là dove il treno è più dentro che fuori, più di là che di qua. Musica a palla, come ci si sarebbe facilmente potuti aspettare. Avete dei gusti di merda, scemi. Nel frattempo in lontananza si profila l'Eurostar maledetto con a bordo Hˋông, rigorosamente in ritardo di almeno dieci minuti. È ora di demolire quelle carriole. L'aria irrita visibilmente Jacopo; si sente sulla pelle una tensione di fondo non meglio precisata.

Abbracci e baci – niente di nuovo, ma è pur sempre bello rivedere una cugina così cara e così lontana. Tante chiacchiere, soprattutto. Meglio di quel maledetto libro, di  sicuro.
Sul lungo viale della stazione, camminano fianco a fianco al traffico congestionato del fine settimana. "E allora, Jacopo", incalza lei, "che mi racconti di bello?".
"Non sono ancora mor--" ops. Si morde la lingua e riprende: "Ah, sì, volevo dire tutto bene, scuola come al solito. Niente di eclatante, davvero". Non da quando ho dovuto far fronte a tutte le mie più grandi paure nemmeno tre mesi fa, ma tu non lo sai, come non lo sa nessuno in famiglia che non siano i miei – e fosse dipeso da me, nemmeno loro l'avrebbero saputo. Maledizione, se solo potessi dirti...continueresti a non capire, ma almeno potrei restare più libero di disperarmi.
"Sì, capisco...ma lo sai che ho trovato un fidanzato?". Ah, avere quattordici anni è davvero meraviglioso.
"Ah sì?" le chiede. "Chi è il malcapitato?...ovviamente è una battuta".
"Certo, non preoccuparti!". Scopre i suoi denti bianchi e rilucenti.
Jacopo rimuove quasi istantaneamente il nome, rimasto un bel po' scioccato nello scoprire che "Pensa, abbiamo già fatto sesso".
Sussulto inconsulto di lui. "Ah. Davvero?".
"Già!". Ancor più scoperti i denti. Gli incisivi, i denti che afferrano, sono ormai esposti dalle labbra tese in un sorriso di adrenalina ed estrogeni ancora da smaltire. "Lui non era vergine, sai. Ha saputo sin da subito cosa fare". Jacopo si sente la faccia in fiamme. Dev'essere diventato come un pomodoro. "Lo immagino". È un peccato non aver mai imparato a sfruttare appieno il linguaggio del  corpo; non che aiuti molto, ad ogni modo, dato che Hˋông è ormai come una estatica radiolina. E non c'è male: in fin dei conti ne deve poter parlare con qualcuno – e non credo ci siano amiche dalle quali possa estrapolare pareri maturi.
Hoi si diverte, inconsapevolmente, ad appendere Jacopo alla parete della sua stanza e a fargli osservare questo perfetto sconosciuto allargarle le gambe con forza virile, a vedere il viso di quest'uomo scomparire tra di esse, per poi riemergere. E chissà cos'altro. Flashback al tempo in cui eri in vita, maledizione. Eravamo come porci, e tu eri bellissima – dentro e fuori dalle lenzuola, dentro e fuori da te. Dosi massicce di ossitocina riversate in corpo – l'ormone dell'empatia, l'ormone dello spirito parentale. Carenze di ossitocina → abbandono dei piccoli nei mammiferi: lo aveva scritto nei suoi appunti di anatomia umana, due anni prima. Ma di punto in bianco, mentre Jacopo la guarda, emerge il volto di Hˋông, evidentemente divertita dalla strana piega presa dal viso del cugino. "Tutt'a posto, Jacopo?". Lei gli mostra i canini – denti che lacerano, denti da predatore, mentre quello sconosciuto ormai ha lasciato nella stanza di lei nulla più che l'odore di seme.
Un decimo di secondo per riprendersi, per riporre i morti nelle tombe. "Assolutamente. Ah, sì, assolutamente". Sbatte tre volte le palpebre. "Come dicevi?".
"Dicevo che purtroppo non avevamo i preservativi, quindi abbiamo dovuto fare senza. È uscito in tempo, è vero, ma per sicurezza ho dovuto prendere la pillola...menomale che è maggiorenne e ha potuto darmi una fotocopia dei documenti per prendermi la pillola, quella da assumere una volta sola. Perché sai, a prendere quella da un mese mi sgamavano i miei. Quando ho avuto il ciclo, cavolo, puzzava da morire! E i crampi erano tremendi!".

Nel frattempo hanno percorso tutto viale Malpighi; poi, attraversando vicoli stretti – vicolo della Neve, dunque svoltando a destra vicolo Fiume in tutta la sua lunghezza – si sono ritrovati in una strada che dapprima Jacopo non riconosceva, ma vedendo la bacheca coi manifesti neofascisti capisce: viale James Clerk Maxwell. E comunque sulla propaganda nera era apparso un manifesto, parimenti diseducativo, dei pro-life.

"Immagino che gestire quei crampi sia stata dura" osserva Jacopo. "Comunque, a che ora hai il treno del ritorno?"

In stazione, un caro saluto. Jacopo non le può certo imputare di non aver capito nulla. Che bello avere quattordici anni, è vero. Scopare come conigli diventa piuttosto scomodo, dopo. Chissà quanto durerà poi fra quei due – molto poco, ragionevolmente. Sale sul treno e va, torna a casa. Quanto affetto ancora provo per lei, dopotutto. È una bimba, e fa le sue prime esperienze, e le servono figure di riferimento diverse dai genitori per fronteggiare il nuovo, coraggioso mondo che le si para davanti. Chissà se sono davvero la scelta giusta. Si può davvero voler bene a una persona e farle del bene, mi chiedo?


Di nuovo lungo viale Malpighi, dicorsa, verso viale del Sacro Cuore – ci vorranno dieci minuti adandare e dieci a tornare, mantenendo un'andatura veloce: a dir pocoun'utopia. Ergo credo di poterti venire a salutare solo per qualcheminuto, giusto il tempo di rivederti. In fondo ho scelto un'eternitàdi questo, correre avanti e indietro. Una nékyia al giorno, una allanotte, per esserti sempre a fianco e soffrire sempre, per nonsoffrire mai.

ANGELUS NOVUSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora